Matrimonio fallito fra pubblico e privati - QdS

Matrimonio fallito fra pubblico e privati

Paola Giordano

Matrimonio fallito fra pubblico e privati

sabato 24 Novembre 2018

Secondo Ifel: in 15 anni nell’Isola sono stati realizzati appena 235 progetti per 1,3 miliardi di euro, in Lombardia 1.517 iniziative per 5,7 miliardi. Perché in Sicilia non funziona il partenariato per costruire infrastrutture e avviare servizi

PALERMO – Passano gli anni ma le vecchie abitudini non muoiono mai: l’immobilismo continua a regnare indisturbato nell’Isola, specie nel settore delle opere pubbliche. Il tutto nonostante esistano già gli strumenti per superare lo stallo in cui da anni la Sicilia è relegata.
 
Uno di essi è il partenariato pubblico privato, vale a dire quella particolare tipologia di accordo indirizzato al raggiungimento di obiettivi specifici. Strumento che però, cifre alla mano, non risulta essere sfruttato appieno nell’Isola.
A confermarlo sono gli ultimi dati pubblicati nel report “I Comuni italiani 2019 – Numeri in tasca” a cura dell’Istituto per la finanza e l’economia locale (Ifel), che mostrano come in Sicilia il tempo del fare sia ancora un lontano miraggio.
 
I risultati raggiunti dall’Isola non sono, infatti, dei più incoraggianti: a fronte degli oltre 25.700 bandi di gara relativi al questa tipologia di contratto pubblicati tra il 2002 e il 2017, la Sicilia ne ha portati a casa solo 1.417, vale a dire il 5,5 per cento del totale. Si tratta di cifre pressocchè irrisorie rispetto a quelle della Lombardia, che da sola copre il 17,3 per cento delle pubblicazioni nazionali nel periodo preso in considerazione (sono ben 4.448, infatti, i bandi pubblicati); o rispetto a quelle della Toscana, che seppure abbia oltre 100 Comuni in più della Sicilia (276 contro 390), di bandi di partenariato ne ha pubblicati quasi 2.200 (8,4 per cento del totale); o, ancora, in confronto a quelle dell’Emilia-Romagna, che con i suoi 1.893 bandi pubblicati, se ne è accaparrata oltre 450 in più rispetto all’Isola e il 7,3 per cento del totale nazionale.
 
Come se non bastasse, la Sicilia non esce vittoriosa neanche nel confronto con le cugine meridionali Campania e Puglia: la prima vanta 2.135 bandi pubblicati (8,3 per cento) e anche la seconda, che di Comuni ne ha soli 258, ottiene un risultato migliore del nostro: 6,3 per cento. E per la serie “al peggio non c’è mai fine”, deludente è anche la performance siciliana sul piano della aggiudicazioni: rispetto alle regioni citate, l’Isola, con appena 239 gare aggiudicate nel periodo 2002-2017, gioca un ruolo da comparsa, conquistando una piccolissima fetta delle 6.718 aggiudicazioni in tutta la Penisola (3,5 per cento). Che, tradotto in euro, corrisponde a circa 1,3 miliardi: mica bruscolini, certo, ma nulla a che vedere con i 5,7 miliardi della cugina Lombardia, che con questa cifra rastrella il 23,5 per cento dei 24,1 miliardi di aggiudicazioni in Italia. E neanche con i 2,5 miliardi già assegnati in Campania, che costituiscono, in sostanza, poco più di un decimo del totale nazionale.
 
Seppur con uno scarto “minimo” – fermo restando che pur sempre di 20 milioni si parla – anche la Toscana ci scavalca, mentre nel tacco dello Stivale di milioni, grazie al partenariato pubblico privato, ne circolano 120 in più rispetto all’Isola. L’Emilia-Romagna si aggiudica invece poco più di 2 miliardi.
 
Dati alla mano, dunque, l’Isola non primeggia nel panorama italiano, anzi. A fronte delle esigue risorse disponibili nelle casse degli enti pubblici, che non consentono le coperture necessarie a sviluppare servizi di pubblica utilità, il partenariato pubblico privato potrebbe essere una valida soluzione per realizzare o migliorare infrastrutture e servizi proprio per le peculiarità che contraddistinguono questa tipologia di contratto, vale a dire: finanziamento del progetto garantito in tutto o in parte dal settore privato; ruolo strategico degli operatori economici privati, che partecipano a tutte le fasi del progetto; e, infine, distribuzione dei rischi tra il partner pubblico e quello privato.
 
Potrebbe, però, perché a oggi di fatto è solo una possibilità mancata.
 

 
Intervista a Fabrizio Rossi, docente di Economia e Organizzazione aziendale dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale
 
Per fare chiarezza sulle possibilità del Partenariato pubblico privato abbiamo interpellato Fabrizio Rossi, docente di Economia e Organizzazione aziendale all’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale e relatore nella due giorni dedicata al tema organizzata da Anci Sicilia per i prossimi 5 e 6 dicembre (a Messina e a Siracusa).
 
Professor Rossi, perché, a suo avviso, le iniziative di partnership tra il settore pubblico e quello privato stentano a decollare in Sicilia?
“Il partenariato pubblico privato è un’operazione complessa e ad alta intensità di capitale, il che comporta di per sé delle difficoltà oggettive. È anche vero che tale strumento potrebbe agevolare, e non di poco, l’approvvigionamento di risorse finanziarie alternative rispetto al classico schema di indebitamento pubblico. La possibilità di finanziare e costruire un’opera o gestire un servizio sfruttando capitali privati rappresenta un’importante opzione per soddisfare la domanda di servizi e contestualmente un volano per la ripresa economica. Nonostante stenti a decollare, il partenariato pubblico privato sembrerebbe comunque in ascesa a livello nazionale soprattutto nel periodo 2015-2016. Da considerare che il Ppp ha preso una forma più definita soltanto dopo l’entrata in vigore del Codice dei Contratti pubblici (Dlgs n. 50/2016) che ha riordinato e articolato la disciplina sia dei contratti di concessione che del Ppp.
La maggior parte dei bandi si registra nel settore dell’edilizia sociale e pubblica, impianti sportivi, arredo urbano e verde pubblico. Semmai io noto una distribuzione non omogenea attorno agli ambiti strategici per gli Enti locali in cui è possibile ricorrere allo strumento del Ppp.
Per quanto concerne la Sicilia, mi pare tuttavia che non sia poi così mal posizionata rispetto ad altre Regioni. Dal 2002 al 2016 i Comuni siciliani risultano in nona posizione tra i Comuni italiani committenti di almeno un bando di Ppp. Inoltre, dai dati Ifel a me sembra che la Sicilia se da un lato presenta un basso valore nel rapporto tra numero di aggiudicazioni e bandi, dall’altro però risulta elevato l’importo dei progetti aggiudicati e ciò potrebbe significare che questi ultimi sono molto più articolati e complessi rispetto ad altre Regioni italiane.
A ogni modo, il Ppp è uno strumento nuovo, anzi oserei dire che cambia il modus operandi dell’Amministrazione pubblica. Il fatto poi che il Codice dei Contratti affidi al Rup (Responsabile unico del procedimento (ndr) il compito di gestire la procedura è un impegno da non sottovalutare e richiede notevoli competenze a tal punto che spesso e volentieri è costretto a ricorrere al supporto di professionisti esterni in grado di guidarlo durante l’intero procedimento”.
 
Quali sono le difficoltà che i privati incontrano nel mettere in campo questo tipo di iniziativa?
“A mio modesto avviso le criticità si registrano sia sul piano della fattibilità economico-finanziaria dell’opera, in quanto occorre trovare risorse finanziarie esterne non sempre disponibili se non preventivamente pianificate, sia sul piano burocratico.
Per quanto attiene l’aspetto burocratico, occorre tenere presente che la tempistica dei bandi e il cambio della governance politico-amministrativa negli Enti locali in parte allungano, o addirittura ostacolano, le iniziative in itinere, con maggiori oneri per i privati che si traducono in maggiori rischi di insuccesso del progetto. A volte i tempi medi di aggiudicazione sfiorano i dieci mesi in caso di concessione di lavori con finanza di progetto. Tali tempistiche frenano il ricorso al Ppp.
Per quanto concerne invece l’approvvigionamento di risorse finanziarie, tanto più è forte il dialogo tra gli stakeholders territoriali, e mi riferisco anche al coinvolgimento del sistema creditizio locale, tanto più le iniziative di Ppp potrebbero decollare. Inoltre, un’attività di mediazione sul mercato finanziario migliorerebbe anche la qualità progettuale sul piano economico-finanziario. Occorre tener presente che molte volte i progetti vengono bocciati perché carenti dei principali indicatori di redditività e bancabilità. In altri casi, invece, i progetti assumono più sembianze ‘speculative’ che di congrua remunerazione del capitale investito. Le recenti Linea Guida n. 9 Anac si soffermano su alcuni aspetti chiave del Ppp e in particolare sulla necessità della congrua remunerazione del capitale investito, sul trasferimento reale del rischio in capo al soggetto economico, sulla revisione del Pef (Piano economico-finanziario, ndr) affinché si attesti l’equilibrio economico-finanziario teso a evitare margini di extra-redditività per il partner privato, sull’analisi e l’implementazione della matrice dei rischi posta a base di gara come elemento di valutazione dell’offerta e sul monitoraggio dei rischi e acquisizione da parte del Rup di un periodico resoconto economico-gestionale sull’esecuzione del contratto.
Sia per il pubblico che per il privato, una buona informazione, formazione e supporto su queste tematiche, a opera di professionisti competenti che conoscono le dinamiche del Ppp, aiuterebbe e migliorerebbe l’approccio verso questo strumento.
Tuttavia, sono fiducioso sul decollo del Ppp, in linea con quanto accaduto in altri Paesi dell’Unione europea, sia nell’interesse dei privati che delle amministrazioni pubbliche. Così come sono fiducioso sul fatto che gli Enti locali si stiano avviando verso un modus operandi più privatistico, in un’accezione ampia del termine ovviamente”.
 

 
Focus normativo sul Ppp
Con il termine partenariato si intende un accordo tra due o più parti al fine di raggiungere un obiettivo comune. La definizione Partenariato pubblico privato fa dunque riferimento a quelle forme di cooperazione – a lungo termine – tra settore pubblico e comparto privato finalizzate alla realizzazione di compiti pubblici. Vale a dire, in sostanza, costruzione, rinnovamento o manutenzione di un’infrastruttura e fornitura di servizi.
Il primo tassello normativo nella disciplina degli istituti di partenariato pubblico privato fu la cosiddetta Legge Merloni (L. 109/1994), la quale prevedeva la possibilità che un soggetto privato (il promotore) potesse promuovere la realizzazione di un’opera pubblica in regime di concessione, potendo esso stesso diventare aggiudicatario della concessione attraverso un procedimento che consta di tre fasi: presentazione della proposta del promotore; valutazione della stessa da parte della pubblica amministrazione; e indizione della gara.
Nel corso degli anni, tante sono state le disposizioni varate per incentivare il ricorso al partenariato pubblico privato: una di esse è la Legge Merloni quater (L. 166/2002), che ha riconosciuto il diritto di prelazione a favore del promotore, ma anche il cosiddetto Decreto Sviluppo (Dl 70/2011, convertito nella L. 106/2011), che ha invece introdotto un’altra innovazione: vale a dire il fatto che i soggetti privati possano presentare proposte per la realizzazione in concessione di lavori pubblici di opere non presenti negli strumenti di programmazione dell’amministrazione.
Insomma, questo tipo di accordo potrebbe essere un efficace strumento per il miglioramento e il mantenimento delle infrastrutture e dei servizi sul nostro territorio. Il condizionale è d’obbligo però perché i numeri parlano fin troppo chiaro: nell’Isola non è ancora arrivato il tempo del “fare”.

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