Mafia: confiscato patrimonio dell'imprenditore Patti - QdS

Mafia: confiscato patrimonio dell’imprenditore Patti

Pietro Crisafulli

Mafia: confiscato patrimonio dell’imprenditore Patti

sabato 24 Novembre 2018

Uno dei più rilevanti della storia giudiziaria italiana. L'impero dell'ex patron della Valtur, morto due anni fa, ammonterebbe a un miliardo e mezzo. Evasione fiscale e nteressi economici con i Messina Denaro. Gli avvocati degli eredi,  "Cortocircuito della Giustizia contro i diritti dell'uomo"

La direzione investigativa antimafia di Palermo ha eseguito un decreto di sequestro e confisca, emesso dal Tribunale di Trapani su proposta del direttore nazionale della Dia nei confronti degli eredi dell’imprenditore Carmelo Patti, originario di Castelvetrano, ex proprietario della Valtur, morto il 25 gennaio del 2016.
 
Il provvedimento è stato notificato anche a Paola Patti, figlia dell’imprenditore e per parecchio tempo ad di Valtur, che qualche mese fa fu messa all’asta dal commissario giudiziale e acquisita dal tour operator pugliese Nicolaus.
 
Uno dei
maggiori
sequestri
 
Il sequestro – che la Dia definisce "uno dei più rilevanti nella storia giudiziaria italiana" – ha riguardato un patrimonio stimato, per ora, prudenzialmente in oltre un miliardo e mezzo di euro e ha disvelato interessi economici riferibili alla famiglia mafiosa di Castelvetrano, guidata dal superlatitante Matteo Messina Denaro, ricercato dal 1993.
 
Fin dal 2010 la magistratura si era interessata di Patti e dei suoi contatti con il clan Messina Denaro, ma l’imprenditore era morto senza subire alcuna condanna.
 
Tutti i beni
sequestrati
e confiscati
 
Tra i beni confiscati vi sono resort turistici, beni della vecchia Valtur, un’imbarcazione di 21 metri, appezzamenti di terreno, immobili e 25 società.
 
 Rapporti con presunti mafiosi, o persone vicine ai boss trapanesi, indagini patrimoniali, dichiarazioni di pentiti sono stati gli spunti investigativi che hanno dato il via all’inchiesta della Dia che ha portato alla confisca del patrimonio lasciato dall’industriale Carmelo Patti alla moglie e ai tre figli.
 

"Patti
come Lucky
Luciano"
 
"Carmelo Patti come Lucky Luciano finisce sotto i riflettori della Dia per l’evasione fiscale".
 
Lo ha detto Giuseppe Governale, direttore della Dia, incontrando i giornalisti.
 
"Abbiamo evidenziato – ha aggiunto – un legame tra l’evasione ben strutturata tra azienda madre e polverizzate nel territorio nella provincia di Trapani e soprattutto a Castelvetrano. Un sistema di evasione fiscale per decine e decine di milioni di euro. Un sistema che ha consentito alla criminalità mafiosa di quell’area di nutrire e farsi nutrire".
 
"Carmelo Patti – ha poi sottolineato Governale – è stato un imprenditore capace che a metà del suo percorso ha messo in atto una serie di attività che hanno attirato l’attenzione di Cosa Nostra. Patti e il suo commercialista Michele Alagna si conobbero dal barbiere negli anni Settanta. L’imprenditore rimase affascinato dalla figura di Alagna, allora insegnante, che sarebbe diventato il suo commercialista. Con lui come unico cliente".
 
Il ruolo
di Michele
Alagna
 
La sorella di Alagna, Franca, è madre della figlia, anche se non riconosciuta, di Matteo Messina Denaro.
 
"Alagna – ha spiegato il direttore della Dia – ha ricoperto importanti cariche sociali nelle imprese del gruppo, diventando presidente del collegio sindacale o amministratore di molte società della catena aziendale, con delega ad operare su una molteplicità di conti correnti, movimentando somme di rilievo in entrata e in uscita. Custodiva gioielli e oggetti preziosi di proprietà della famiglia Patti, curava ogni procedura economica d’interesse per le aziende: era, insomma, un vero e proprio alter ego di Carmelo Patti a Castelvetrano, in nome e per conto del quale era autorizzato a mantenere rapporti con terzi".
 
"Quando lo Stato – ha aggiunto – ha affrontato le sfide con lo spirito del burocratese del disinteresse effettivo e sostanziale di facciata nella gestione dei beni confiscati, ha perso. Ma lo Stato è anche capace di costruire anticorpi di rigenerarsi magari lentamente e di colpire. Il Parlamento è intervenuto recentemente rimodulando l’agenzia dei beni confiscati. Siamo davanti a una sfida soprattutto per le migliaia di dipendenti che lavorano nelle aziende confiscate a Patti".
 
Dagli accertamenti sono emersi "anche collegamenti e rapporti intrattenuti da Patti con Paolo Forte, organico alla famiglia mafiosa diretta da Messina Denaro e con Rosario Cascio, indiziato mafioso, il cui patrimonio è stato confiscato".
 
Le dichiarazioni
dei collaboratori
di Giustizia
 
Le indagini sono state coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dal sostituto procuratore della Dda Pierangelo Padova, in collaborazione con il pm di Trapani Andrea Tarondo.
 
Agli atti vi sono le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Angelo Siino, Giovanni Ingrasciotta e Antonino Giuffrè.
 
Gli accertamenti bancari hanno evidenziato una rilevante sperequazione fra i redditi dichiarati e gli investimenti effettuati dall’imprenditore.
 
Gli eredi
"ricorreremo
in appello"
 
"Ricorreremo in appello e in ogni altra sede, compresa la corte europea dei diritti dell’uomo, per chiedere l’annullamento del decreto del tribunale di Trapani" hanno affermato gli avvocati difensori degli eredi di Patti.
 
Per i legali la totale estraneità di Patti a contesti mafiosi è stata accertata dalla procura di Palermo "che ne ha chiesto e ottenuto l’archiviazione".
 
"Il cavaliere Patti hanno sottolineato – non è mai stato sottoposto a procedimenti penali per truffa e bancarotta che incredibilmente il tribunale di Trapani ha creduto di poter ipotizzare dal nulla. Infine è stato assolto con ampia formula liberatoria dai reati di evasione fiscale che il tribunale di Trapani, in aperta contrapposizione con le sentenze passate in giudicato, ha ritenuto di poter porre a fondamento dell’ingiusta decisione".
 
 
"Cortocircuito
della Giustizia
contro i diritti dell’uomo"
 
Gli avvocati Francesco Bertorotta e Angelo Mangione hanno aggiunto che "il provvedimento del tribunale rappresenta un vero e proprio cortocircuito della Giustizia in quanto emesso in violazione di tutti i principi che regolano le misure di prevenzione e si pone in aperto abbandono di quei principi fondamentali ribaditi con forza anche di recente dalla Cassazione, dalla Corte Costituzionale e dalla Corte dei diritti dell’uomo".
 
I legali hanno ricordato come Patti sia stato uno dei protagonisti del risveglio economico italiano e il giudizio espreso dal tribunale di Trapani, a tre anni dalla sua morte, "è ingiusto e giuridicamente errato anche perchè contraddetto da decisioni assolutorie emesse sugli stessi fatti".
 
Chi era
Carmelo
Patti
 
Carmelo Patti, morto a 81 anni due anni fa, tre figli, era cavaliere del lavoro e prima dei guai giudiziari, soprattutto con accuse di rapporti con la mafia, era uno stimato e ricchissimo industriale.
 
Cominciò la sua scalata nell’imprenditoria da venditore ambulante. A 26 anni si trasferì con la moglie e le due prime figlie, Maria Concetta e Paola, da Castelvetrano al Nord (il terzo Gianni nascerà dopo) lavorando come operaio alla Philco di Robbio (Pavia).
 
Poi si mise in proprio cominciando a fabbricare cavi elettrici. Nacque la Cablelettra poi trasferita nell’ex stabilimento Philco, acquistato negli anni Settanta, società diventata – con impianti in Brasile, Cina, Polonia e Tunisia – una potenza assoluta nel settore della produzione di cablaggi interni per i veicoli del gruppo Fiat.
 
Tanto che Patti era diventato grande amico dell’avvocato Gianni Agnelli.
 
Nel 1997 ormai ricco acquistò la Valtur entrando così anche nel settore del turismo. Il gruppo dei villaggi vacanze divenne uno dei primi in Italia.
 
Il cavaliere nel 2000 venne indagato per mafia dalla dda palermitana, dopo la trasmissione degli atti dalla procura di Marsala che lo indagava per falso in bilancio.
 
Patto si dimise per questo dalla Gesap, la società che gestisce l’aeroporto palermitano dov’era stato indicato dall’allora sindaco Leoluca Orlando.
 
Cominciò parallelamente un processo di misure di prevenzione per un sequestro di cinque miliardi di euro: Patti veniva accusato di rapporti con i boss di Castelvetrano Messina Denaro: il padre Francesco e il figlio Matteo.
 
Il sequestro poi portò all’amministrazione giudiziaria e alla crisi della Valtur, al fallimento e alla vendita del marchio. Patti subì numerosi processi per evasione fiscale, fatture false e altri reati tributari da cui venne assolto.
 
Tra i suoi accusatori, come detto, vi è l’ex mafioso diventato collaboratore Angelo Siino.
 
Nell’entourage di Patti si diceva che Siino lo accusava per contrasti che lui aveva avuto con Nina Bertolino, proprietaria della distilleria di Partinico e cognata del pentito.
 
 
 

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