L'Ars degli impegni: parole, parole, parole - QdS

L’Ars degli impegni: parole, parole, parole

Raffaella Pessina

L’Ars degli impegni: parole, parole, parole

sabato 01 Dicembre 2018

Abolizione di voto segreto e vitalizi, promessa non mantenuta. “Non siamo lavativi”: Micciché smentito dagli stessi deputati. Tetto agli stipendi, ma si torna ad assumere. XVII Legislatura, tempo di primi magri bilanci anche per l’Assemblea regionale siciliana

PALERMO – “Il voto segreto? È il padre dell’imbroglio”, tuonava Micciché alla Cerimonia del Ventaglio promettendone la tempestiva abolizione, cosa che ad oggi, purtroppo, non si è concretizzata.
Abolizione vitalizi: dopo la Camera anche il Senato ha provveduto con apposita delibera. Ma l’equiparazione al Senato (l.r. 44/65), si sa, vale a convenienza.
“Ridurremo i costi della politica”: altro slogan targato Ars la cui attuazione desta qualche perplessità: ripristinato il tetto di 240mila euro agli stipendi ma a Palazzo dei Normanni si tornerà ad assumere.
“Non è un’assemblea di lavativi”, ha detto in un’altra occasione Micciché difendendo il Parlamento.
ma a Sala d’Ercole, per ammissione di molti degli stessi deputati, mancano quantità e qualità legislativa.
 
  Voto segreto, Micciché: “È il padre dell’imbroglio, ecco perché va abolito”  
È da prima del suo insediamento che il Presidente della Regione, Nello Musumeci, auspicava l’abolizione del voto segreto. “Occorre modificare il regolamento dell’Assemblea regionale siciliana – aveva dichiarato a metà dicembre del 2017. A marzo di quest’anno Musumeci era poi tornato all’attacco e in una lettera inviata al presidente dell’Ars Miccichè scrisse che abolire il voto segreto sarebbe stato “una questione di etica, di trasparenza e di rispetto verso gli elettori”.
 
Miccichè raccolse subito la sfida, ma per il resto del Parlamento di Palazzo dei Normanni l’appello è rimasto sempre “lettera morta”.
“Sono assolutamente d’accordo: il voto segreto – aveva detto Gianfranco Miccichè – è un cancro della democrazia, prova ne è che è stato abolito ovunque, tranne che in Sicilia. è arrivato il momento di darci un taglio. Stiamo lavorando ad una modifica complessiva del Regolamento dell’Ars, al cui interno è prevista l’abolizione del voto segreto, è importante che la maggioranza in Aula sia compatta e coesa. A tutte le forze politiche chiedo massimo impegno”.
 
Da quel giorno, però, non è arrivato in Aula alcun documento. Musumeci torna alla carica
“Speriamo che il Parlamento possa abolire il voto segreto – aveva poi aggiunto cercando di spronare i deputati – Se vuoi il voto segreto vuol dire che dichiari una cosa e ne fai un’altra, questo non è leale nei confronti dei cittadini e non è sintomo di buona politica”.
Intanto, è passato un anno e di abolire il voto segreto non se ne parla proprio.
 
  Vitalizi, Siragusa (M5s): “Cancellare privilegi medievali”  
Sul sito dell’Ars alla voce “Trattamento economico dei parlamentari” si può visionare l’elenco di coloro che percepiscono ancora il vitalizio.
I vitalizi che Palazzo dei Normanni paga ogni anno raggiungono la ragguardevole cifra di 15.871.737,72 euro. Il Senato, lo scorso mese di ottobre, ha approvato la delibera sul taglio ai vitalizi, e come è noto, dal 1965, con una legge regionale (la n.44), il Parlamento siciliano si è equiparato in tutto e per tutto al Senato della Repubblica.
 
Quindi, la logica vuole che l’Ars si sarebbe dovuta adeguare subito recependo la delibera del Senato. Ma la reazione dei parlamentari siciliani è stata tiepida, a cominciare dal presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè: “Non ho in odio coloro che hanno fatto politica prima di me – ha detto Miccichè – e dunque non potrei mai privarli di un diritto maturato in virtù dei servigi resi al Paese”. Il movimento Cinquestelle ha presentato un ddl, finito poi come sempre nel dimenticatoio.
 
Dal canto suo, il presidente della Regione, Nello Musumeci, si è fatto da parte dichiarando che “la volontà del Parlamento è sacra”. Ma non potrà rimanere al di fuori della questione ancora per molto perché il vice premier Luigi Di Maio ha fatto sapere che “In legge di bilancio ci sarà una norma che dice alle Regioni che se non aboliscono i vitalizi, la quota parte di soldi che spendono per i vitalizi non la trasferiamo più dallo Stato centrale”.
Ma anche questo provvedimento per ora è rimasto inattuato.
 
  Burocrazia, la riforma “impossible”  
Sulla legge di riforma della burocrazia si sono fatte decine e decine di annunci, ma a tutt’oggi non si è arrivati ad un punto concreto.
La legge sulla semplificazione della elefantiaca macchina amministrativa siciliana è stata sbandierata a più riprese, sia in campagna elettorale che in tempi più recenti ed è una di quelle riforme che potremmo definire bipartisan, nel senso che è stata annunciata come urgente e necessaria sia dalla coalizione di governo che dalle opposizioni.
Ad oggi, di concreto, c’è solo un ddl governativo che pur non essendo stato ancora discusso all’Ars, tuttavia è già fonte di accese polemiche. Contro la riforma concepita dall’esecutivo Musumeci si sono già schierati il Movimento Cinquestelle e il Partito democratico: dunque le attuali premesse non lasciano pensare ad una riforma attuabile in tempi brevi.
Il capo gruppo del Pd Giuseppe Lupo promette battaglia quando (appunto, quando…) il ddl sarà esaminato in commissione all’Ars. “Chiederemo – avverte – ogni verifica possibile e l’audizione di tecnici ed esperti. Siamo d’accordo alla semplificazione amministrativa ma ci opporremo alla sostituzione delle competenze amministrative delle Sovrintendenze con decisioni politiche della giunta”.
Eppure enormi ritardi e assenza di trasparenza, rendono difficile il rapporto tra il cittadino e la Pubblica amministrazione. Ci aveva provato anche Crocetta, Presidente della Regione nella passata legislatura a riformare la Pubblica amministrazione, ponendo l’accento su trasparenza tempi rapidi e certi e responsabilità dei dirigenti, ma anche in quel caso non c’è stato niente da fare. Ora è già passato un anno dall’inizio della legislatura e la riforma non ha ancora visto la luce.
 
  Caos portaborse, piccola sforbiciata ai budget per le assunzioni  
  ma nel 2018 due milioni in più ai gruppi parlamentari                      
Lo scorso mese di maggio, l’Amministrazione di Palazzo dei Normanni si è trovata ad affrontare lo scandalo dei cosiddetti portaborse, assistenti dei deputati al di là del personale assunto per il funzionamento dell’Ars con regolare concorso. Polverone sollevato dalla Sezione di Controllo della Corte dei Conti siciliana che ha intimato all’Ars la riduzione delle assunzioni e dei relativi costi.
Ai 2,7 milioni già assegnati ai 70 consiglieri regionali per stipendiare i portaborse si aggiungevano altri 58.400 euro per ogni deputato.
Soldi erogati ai gruppi parlamentari sulla base di una normativa nazionale (decreto Monti del 2014) che poi avrebbero assunto nuovo personale seguendo le indicazioni dei politici. Somme che potevano essere utilizzate per pagare più di un singolo collaboratore. E le assunzioni sono avvenute fin dall’inizio del 2018 al punto che la Ragioneria non riusciva a quantificarne il numero perché era in continua evoluzione. Forti le polemiche sollevate da più parti e sollecitazioni a porre un freno sono state indirizzate al presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè al punto che ad aprile, un emendamento alla Finanziaria ha stabilito una sforbiciata dei budget annuali a disposizione dei deputati, forse più simbolica che sostanziale.
Per i 135 “esterni”, è rimasto sostanzialmente invariato il budget mensile di 3.150 euro per ciascun deputato.
È scesa da 58.571 euro a 38.071 euro la somma prevista per i cosiddetti D6 ed è stato fissato un tetto massimo di due collaboratori per deputato. Per i cosiddetti “stabilizzati” il budget passa da 68mila a 58mila euro.
Una sforbiciata più formale che sostanziale, dicevamo, anche perché, come scritto nel bilancio di previsione 2018 di Palazzo dei Normanni, la spesa per i gruppi parlamentari sale di due milioni di euro (da sette a nove milioni) rispetto al 2016, quando tra l’altro i deputati erano in totale 90 e non 70 come adesso.
 
  “Ridurremo i costi della politica”  
  ma l’ars torna ad assumere           
Appena eletto, il Presidente dell’Ars Miccichè aveva dichiarato che il tetto agli stipendi sarebbe stato cancellato con l’inizio del nuovo anno, dichiarazione totalmente in controtendenza rispetto agli annunci elettorali della maggioranza eletta e del Movimento Cinquestelle che hanno sempre manifestato l’intenzione di ridurre i costi della politica.
A dicembre 2017, infatti, è scaduto il primo accordo datato 2014 che aveva imposto il limite a 240 mila euro. Da gennaio 2018 quindi sono stati ripristinati stipendi “stellari” che in alcuni casi hanno sforato i 340 mila euro.
A seguito di feroci polemiche e appelli provenienti da tutti i contesti, compresi quelli dei vescovi e di padre Cosimo Scordato, il Consiglio di presidenza dell’Ars ha ripristinato i tetti che comunque garantiscono assegni mensili a sei cifre. Il limite è 240 mila euro per i consiglieri, 204 mila per gli stenografi, 193 mila per i segretari, 148 mila per i coadiutori, 133mila per i tecnici e 122mila 500 euro per gli assistenti.
Inoltre, l’Ars sta tornando ad assumere ed ha bandito un concorso per undici posti di Consigliere parlamentare. è importante ricordare che nel bilancio di previsione 2018 il costo complessivo di Palazzo dei Normanni si attesta a 154 milioni di euro, la metà dei quali viene utilizzata proprio per i costi del personale. Una cifra di tutto rispetto se si considera che in altre regioni come ad esempio la Lombardia si spendono 79 milioni di euro.
 
  Micciché: “Questa non è un’assemblea di lavativi”
  ma all’Ars mancano quantità e qualità delle leggi    
La questione della durata dei lavori d’Aula a Palazzo dei Normanni e soprattutto la qualità delle sedute è una delle spine nel fianco del Parlamento siciliano.
In alcuni casi si è arrivati a far durare anche solo sette minuti le sedute d’Aula e spesso, anche se non sempre, si è arrivati a fare una sola seduta all’Ars a settimana.
Lo stallo legislativo, che è un dato di fatto ammesso durante diverse sedute dagli stessi figli d’Ercole, sembra smentire clamorosamente l’ottimismo del Presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè il quale, in occasione della Cerimonia del ventaglio aveva detto: “Non posso dire che questa sia un’Assemblea di lavativi, certo se la paragoniamo a quella di alcuni anni fa non ci sono deputati poco preparati rispetto a gente come Lauricella, D’Acquisto e Alessi. Ma ci sono giovani preparati, in tutti i gruppi, che hanno tanta voglia di fare e con i quali mi confronto. è una buona Assemblea, ora deve dimostrarlo facendo buone cose”.
Ma dall’avvio della XVII Legislatura ad oggi, gli ostacoli sono stati tanti e di varia natura: dall’impegno dei deputati per le elezioni che li hanno portati lontano dagli scranni di Sala D’Ercole, alla mancanza del numero legale che ha fatto slittare l’esame di disegni di legge poco graditi anche a pezzi della maggioranza. La maggiorparte dei disegni di legge approvati riguardano adempimenti finanziari e come bilanci di previsione e rendiconti.
Spesso Parlamento e Governo, tra l’altro, si sono scaricati a vicenda le responsabilità: il primo ha lamentato l’assenza troppo frequente degli assessori e i ritardi con cui vengono inviati i documenti agli uffici dell’Ars. Dal Parlamento, invece toni critici arrivano dall’opposizione: “La maggioranza è inesistente – dice il capogruppo del Pd all’Ars Giuseppe Lupo – il governo è ancora fermo ai blocchi di partenza. E l’impressione è che voglia marginalizzare l’Ars”.

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