Scioglimento Comuni: mafia al comando - QdS

Scioglimento Comuni: mafia al comando

Valeria Arena

Scioglimento Comuni: mafia al comando

giovedì 06 Dicembre 2018

Dati ministero dell’Interno elaborati da Openpolis: oggi nell’Isola sette Enti commissariati Nel Sud Italia primato negativo per pluriprovvedimenti e periodi senza amministrazione. Negli ultimi due anni incremento nazionale del 162%: in testa Calabria, Campania e Sicilia

PALERMO – Le ingerenze e i condizionamenti delle organizzazioni criminali di stampo mafioso continuano a essere le principali cause del commissariamento degli Enti comunali, soprattutto nel Sud e in Sicilia. È quanto evidenziato dall’ultimo rapporto Openpolis “Fuori dal Comune – Lo scioglimento dei Consigli comunali in Italia”, secondo cui, a oggi, il 40,4% dei commissariamenti ancora in vigore sul territorio nazionale è stato determinato proprio da infiltrazioni criminali e tutti, a eccezione del Comune di Lavagna (Genova), si collocano al Sud: 24 in Calabria, 7 in Sicilia, 6 in Campania e 4 in Puglia. Il resto dei provvedimenti riguarda invece le dimissioni dei consiglieri comunali (15,1%), il Bilancio non approvato (12,1%), il mancato quorum alle elezioni (9%), le liste non presentate (5%), violazioni di legge (4%), le dimissioni del sindaco (3%) e le dimissioni di sindaco insieme ai consiglieri comunali (3%).
 
Se però fino al 2012 l’apporto del resto d’Italia è stato vicino allo zero, dal 2012 in poi le cose sono andate diversamente. Il 2017 ha infatti registrato la percentuale più alta di commissariamenti per mafia al di fuori di Calabria, Sicilia e Campania, arrivando al 14,2% del totale. Nonostante ciò, i numeri generali e l’incidenza del fenomeno al Sud continuano a essere maggiori. Basti pensare che le tre regioni citate hanno da sole raggiunto il 90% dei provvedimenti tra il 2001 e il 2017: 88 in Calabria, 59 in Campania e 49 in Sicilia.
 
 
Peraltro, se l’incidenza del fenomeno al Nord e nel Centro non supera l’1%, nel Meridione la percentuale arriva al 13%. Negli ultimi anni però appare evidente un cambiamento nell’apporto che queste aree danno al fenomeno, con la Campania che ha ceduto il passo alla Calabria e la Sicilia stabile ai piedi del podio. I dati mostrano, inoltre, che tra il 2016 e il 2017 i commissariamenti dovuti a infiltrazioni mafiose sono aumentati del 162% e nei primi otto mesi del 2018 i provvedimenti avviati dal Consiglio dei Ministri hanno quasi sfiorato quelli relativi al totale dell’anno precedente: 16 a fronte di 21. Numeri che mostrano come la presenza delle organizzazioni criminali sia ancora pressante e capillare.
 
Al Sud anche un altro record negativo, quello relativo ai pluriscioglimenti per mafia e alla durata dei commissariamenti. Misilmeri, infatti, Comune palermitano commissariato ben tre volte negli ultimi 17 anni, figura nella classifica, completamente cannibalizzata da Calabria e Campania, dei dieci Enti sciolti più di una volta, mentre Corleone e Palazzo Adriano, dove sono stati appena eletti i nuovi sindaci, in quella relativa alla decorrenza del commissariamento. La nostra Isola, inoltre, è la sesta regione italiana, dopo Campania (36), Calabria (27), Puglia (24), Lazio (8) e Lombardia (8), per numero di Enti commissariati – 6 al momento – più di una volta tra il 2001 e il 2017.
 
Allo stato attuale, sono sette i Comuni siciliani commissariati: Vittoria (Ragusa), Castelvetrano (Trapani), Trecastagni (Catania), Borgetto (Palermo), San Biagio Platini (Agrigento), Camastra (Aagrigento) e Alessandra della Rocca (AG), senza una guida politica per il mancato raggiungimento del quorum in occasione delle ultime elezioni.
 
In generale, comunque, secondo il rapporto Openpolis elaborato sui dati del ministero dell’Interno, negli ultimi sei anni è stata registrata una media di 170 Comuni commissariati ogni anno, circa il 2% dei quasi 8.000 Enti italiani. Cifre che, considerando l’andamento storico, evidenziano un aumento costante dei provvedimenti relativi agli scioglimenti proprio nel corso degli ultimi anni.
 

 
Intervista al neo sindaco di Palazzo Adriano (Pa), nuovo sindaco, Nicolò Granà eletto lo scorso 25 novembre
 
PALAZZO ADRIANO (PA) – Piccolo centro del Palermitano, di circa 2.000 abitanti, nel 2016 Palazzo Adriano è stato commissariato, insieme a Corleone, per infiltrazioni e ingerenze di carattere mafioso. Dal 25 novembre scorso, dopo due anni di commissariamento, il Comune ha un nuovo sindaco, il giovane Nicolò Granà, intervistato dal Quotidiano di Sicilia a pochi giorni dal successo elettorale.
 
Dopo la vittoria alle urne adesso arriva la parte più complicata. Teme che quello che è già capitato anni fa possa accadere nuovamente? Crede siano possibili tentativi di avvicinamento da parte di esponenti di organizzazioni criminali nei confronti della sua Amministrazione?
“Rispondendo a caldo, dico sinceramente che questa paura non ce l’ho, perché stiamo ricominciando e partendo da zero. Vogliamo iniziare prendendo spunto dal lavoro che ha fatto la Commissione prefettizia che ha amministrato il Comune prima di noi e proseguire questo cammino virtuoso. Non credo che quello che è successo possa capitare ancora: siamo un paese molto piccolo e gli interessi sono marginali. Credo comunque che la parte sana del paese sia al nostro fianco”.
 
Il rapporto Openpolis evidenzia che tra il 2016 e il 2017 i commissariamenti per infiltrazioni mafiose sono aumentati del 162%. Martedì scorso è stato arrestato Settimo Mineo, ritenuto dagli investigatori nuovo capo di Cosa Nostra ed erede di Totò Riina. La mafia, quindi, è ancora viva, e continua a minacciare le istituzioni e la politica. Come sindaco di un piccolo paese siciliano, cosa vede davanti a sé?
“I numeri sono sicuramente inquietanti, ma il territorio è costantemente monitorato e controllato dalle Forze dell’ordine e questo ci fa ben sperare. L’utilizzo delle nuove tecnologie, poi, rende tutto meno complicato. In passato forse era più facile seguire una linea non legale. Certo, i numeri dei commissariamenti fanno un po’ paura, ma, contemporaneamente, gli arresti e questi interventi fanno ben sperare perché dimostrano come i territori siano più visionati e controllati. In questo modo, diminuiscono le zone d’ombra e la giustizia può fare il proprio corso”.

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