Padre ucciso a coltellate a Palermo, "violenza tribale" - QdS

Padre ucciso a coltellate a Palermo, “violenza tribale”

redazione

Padre ucciso a coltellate a Palermo, “violenza tribale”

sabato 15 Dicembre 2018

Così ha definito l'uccisione nel sonno di un uomo da parte di moglie e figli la psichiatra Santa Raspanti. Un "Delitto nutrito in famiglia nell'odio e nella rabbia"
 

"Ciò che emerge è un’idea di vendetta tribale all’interno di un luogo, come il nucleo familiare, che nell’immaginario comune, dovrebbe alimentare sentimenti di amore e solidarietà. Ecco, invece, una madre che abbandonati i consueti ruoli di mediatrice amorevole, metabolizzatore di conflitti, si erge ad artefice e primo attore dell’uccisione".
 
La psichiatra Santa Raspanti, dirigente medico all’Asp a Palermo commenta così il delitto avvenuto nel quartiere Falsomiele di Palermo dove una donne e due dei suoi figli hanno ucciso il marito e padre che dormiva nel letto della loro casa, e poi ha chiamato il 118 chiedendo l’intervento di un’ambulanza.
 
A confessare l’omicidio di Pietro Ferrera, di 45 anni, è stata per prima la moglie, Salvatrice Spataro, coetanea della vittima. Poi hanno ceduto anche due dei quattro figli della coppia: Mario, di 20 anni, e Vittorio di 21.
 
Inizialmente la donna aveva detto di aver ucciso il marito per mettere fine ai continui litigi con lui.
 
Tutti e tre sono stati portati in carcere.
 
Secondo la ricostruzione della polizia "l’uomo è stato ucciso prima con alcune coltellate inferte dalla moglie e subito dopo dai figli".
 
Lo ha rivelato Rodolfo Ruperti, capo della squadra mobile di Palermo, aggiungendo che sono stati utilizzati un coltello da cucina molto grosso usato dalla moglie, mentre i due ragazzi hanno utilizzato due coltellacci da macelleria, "in quanto in passato hanno lavorato in esercizio di questo tipo".
 
La psichiatra ha sottolineato che Ferrara era stato "bollato dalla moglie e dai figli come padre/padrone".
 
In realtà Ruperti ha confermato che la Spataro e i figli hanno parlato di un padre violento, ma che "Non c’era stata mai alcuna denuncia nei confronti della vittima e questo appare strano".
 
"Non c’è traccia – ha aggiunto il capo della Mobile – di interventi di volanti, di referti dei pronto soccorso; nulla, se non una presa di contatto proprio ieri mattina da parte di un figlio della signora con ufficiali di pg ai quali ha raccontato di maltrattamenti subiti, prendendo un appuntamento per oggi, per conto della madre. La donna avrebbe dovuto formalizzare una denuncia per maltrattamenti".
 
L’assassinio è stato commesso inoltre mentre gli altri due figli minorenni erano ospitati dalla nonna e questo spingerebbe a pensare a una premeditazione.
 
"I fatti per come vengono narrati – ha confermato la dottoressa Raspanti – racchiudono in sè l’epopea del gesto vendicatore condiviso e forse anche preparato visto l’allontanamento dei figli minori, al fine di concludere nel sangue una vicenda di convivenza familiare che per avere un tale epilogo deve essersi nutrita e alimentata nell’odio e nella rabbia".
 
Ad avviso della psichiatra "nessuna altra possibilità è stata pensata e decisa dai tre, forse per farsi coraggio, forse per diluire la colpa, forse per non avere ripensamenti: hanno, secondo le indagini, colpito, dilaniando il corpo e mettendo così la parola fine a una vicenda che per loro non aveva più alcuna ragione di esistere".
 
Una sorta di omicidio rituale, insomma che, per parafrasare la definizione di femminicidio, sarebbe stato compiuto contro un "uomo in quanto uomo".
 
"La cronaca – ha aggiunto la dirigente Asl – ci ha abituato ad ascoltare donne vittime di violenze e abusi che non hanno saputo opporsi, qui ne ritroviamo una che ergendosi a Erinni vendicatrice ha armato la sua mano e quella dei figli dando il via a una violenza bestiale, ascoltando le loro confessioni".
 
In ogni caso la vicenda registra "il fallimento di un progetto familiare e di vita e l’incapacità di tutti di prenderne atto e chiedere aiuto".
 
Secondo la dottoressa Raspanti, "ancora una volta la famiglia si rivela luogo di violenza impensabile e di aggressività brutale, in contrasto con la fantasia di luogo privilegiato di amore e sicurezza. Da madre mi chiedo come sia possibile sopportare la colpa di non essere stata in grado di prospettare alternative di vita differenti, ma da psichiatra so bene che agiamo attraverso quello di cui la nostra anima è stata nutrita".
 
Alla domanda, infine, se il clima natalizio possa essere un catalizzatore di insoddisfazioni e di tensioni, la psichiatra risponde: "le festività finiscono inevitabilmente per fornire un tragico contrasto col fallimento delle aspettative deluse, della favola edulcorata della famiglia del Mulino Bianco" e nelle situazioni più compromesse questo porta a "gesti violenti come unica possibilità per trovare una qualsiasi via d’uscita".
 
Ferrara era ex militare in pensione e lavorava in un bar, mentre l’assassina era casalinga
 
Il corpo dell’uomo è stato trasferito nella camera mortuaria all’ospedale Civico.
 

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