Ignoranza, adeguarsi? No, combatterla - QdS

Ignoranza, adeguarsi? No, combatterla

Carlo Alberto Tregua

Ignoranza, adeguarsi? No, combatterla

venerdì 21 Dicembre 2018

I giovani devono voler apprendere

Sentivo Enrico Mentana – che si definisce un giornalista novecentesco e che è diventato editore di “Open”, un nuovo sito di informazione – dire che bisogna adeguarsi ai giovani e alla loro mentalità. Non fa una piega, a condizione che i giovani diventino colti e non restino ignoranti come in buona misura lo sono attualmente.
Che un giovane sia ignorante è del tutto normale perché la sua breve vita non gli ha consentito di acquisire tutte le informazioni necessarie a farsi le ossa, né a fare quelle esperienze che lo irrobustiscano e lo rendano capace di affrontare adeguatamente le difficoltà.
Un giovane deve voler crescere, apprendere, sapere di più, perché è in gioco il suo avvenire. La scelta, dunque, è fra diventare un barbone o una persona autonoma, capace di far fronte ai propri bisogni, non solo materiali, e a quelli degli altri.
Questo è necessario per aiutare i giovani a crescere.
 
Vi è chi, invece, pensa che bisogna adeguarsi, scendere di livello culturale, venire incontro a chi non sa, per capirsi meglio. Lo riteniamo profondamente sbagliato. C’è bisogno di maggiore cultura, di più saperi, di capacità di discernere fra il Bene e il Male; per questi motivi bisogna leggere, leggere e leggere, ascoltare i maestri veri, ovunque si trovino, sentire la Saggezza espressa da chi fortunatamente la possiede.
La questione non è far prevalere la mentalità dei vecchi su quella dei giovani, né viceversa. La questione riguarda la necessità che tutti gli ignoranti di qualunque età, sesso e colore della pelle, divengano sapienti.
Una partita si gioca alla pari se ogni giocatore possiede gli strumenti mentali e cognitivi per potere contrastare l’avversario. Diversamente, la partita non c’è.
Dunque, occorre combattere l’ignoranza, non adeguarvisi. Perciò, se i giovani sono maturi e vogliosi di apprendere, quindi di crescere, bisogna aiutarli, sostenerli, interloquendo con loro costantemente e trasferendo quello che sappiamo nel miglior modo possibile.
Lo stesso va fatto per qualunque altra persona, di qualunque età, che per qualsiasi ragione non sia stata in condizione di crescere culturalmente.
 
Il titolo del mio ultimo libro è “La crassa ignoranza è peggiore della delinquenza”. Sostenevo e sostengo, che con un delinquente si può avere a che fare, pur non concludendo affari né altra sorta di accordo. Con l’ignorante non si può parlare perché dopo qualche minuto si capisce che esiste una barriera comunicativa invalicabile.
Queste considerazioni non sembrino conseguenza di chi ha la puzza sotto il naso, né una forma di altezzosità o di alterigia. Sono frutto di una analisi che ha fotografato la popolazione attraverso centinaia di inchieste giornalistiche effettuate nei più diversi ambiti della società, compresi quello politico e burocratico.
Non si capisce perché si debba sostenere chi è ignorante, soddisfacendo i suoi bisogni, piuttosto che tentare di farlo crescere e migliorare sul piano della conoscenza perché lui stesso produca quanto gli serva per soddisfare i propri bisogni.
Con i pannicelli caldi non si risolve niente, bensì si accentua quella malattia che ha colpito la nostra società: l’ignoranza.
 
Le colpe della Scuola e dell’università sono notevoli. Ad esse si aggiungano le colpe di genitori che sono rimasti ancorati ai loro tempi e non capiscono che l’innovazione corre ad una incredibile velocità e fa cambiare le regole del gioco.
Vi sono famiglie meridionali che vorrebbero il lavoro per i propri figli sotto casa, mentre non si rendono conto che il lavoro, quello vero, quello produttivo, si trova nel mondo e bisogna andare dove esso è.
E poi c’è un’altra questione da sfatare: i giovani che vogliono studiare ed apprendere ciò che ritengono essi amino. Apprendere ciò che piace è un privilegio, non una condizione normale. Primum vivere deinde philosophari. se giovani e genitori ricordassero questo detto, eviterebbero di imbarcarsi in percorsi formativi che non approdano al lavoro, che esiste. Essi non si accorgono che alla fine del percorso c’è un muro di cemento.
Saggezza e buon senso impongono un sano realismo, non un inutile chiacchiericcio!

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017