Risparmiare e investire oppure la povertà - QdS

Risparmiare e investire oppure la povertà

Carlo Alberto Tregua

Risparmiare e investire oppure la povertà

mercoledì 09 Gennaio 2019

Gestire le istituzioni come le famiglie

Herbert Kelleher è scomparso a 87 anni e mezzo secolo fa fondò la Southwest airlines. Sosteneva che il pilastro del suo successo fosse risparmiare, cioè tenere i costi all’osso e ottenere il massimo rendimento da quanto si spendeva.
Quella probabilmente fu l’antesignana delle compagnie aeree low cost, le quali hanno successo e guadagnano proprio perché mantengono i costi al minimo.
Così si deve regolare ogni bravo imprenditore, piccolo, medio o grande, e così si regola il buon capo di famiglia, uomo o donna, se vuol far crescere il suo nucleo familiare, fare studiare i figli, costituirsi qualche risparmio finanziario e affrontare con risolutezza tutti i problemi che via via gli vengono incontro.
Se questo è il principio etico e materiale che consente di progredire al capofamiglia e all’imprenditore, non si capisce perché esso debba essere totalmente ignorato dalla Pubblica amministrazione e dalla Classe politica che la sovraintende.
 
Nel nostro Paese il lenzuolo delle entrate è corto, tuttavia abbondante, sol che si adottassero i criteri prima indicati. In altri termini, ministri, sottosegretari, presidenti e assessori regionali, sindaci e assessori comunali dovrebbero compilare bilanci in cui le spese correnti vengono ridotte all’osso, eliminando inefficienze e sprechi, in modo da destinare agli investimenti produttivi e in infrastrutture il massimo possibile delle risorse. Tutto ciò permetterebbe di utilizzare in toto i fondi europei.
Questi ultimi non vengono spesi, spesso, perché lo Stato e le Regioni non sono in condizioni di cofinanziarli, in quanto spendono eccessivamente per le necessità – vere o false – di tutti i giorni, così definanziandosi.
Perché nella Pubblica amministrazione vi sono sprechi, inefficienze, spese inutili e via elencando? Perché i politici non assegnano ai dirigenti obiettivi tassativi insieme a cronoprogrammi d’attuazione, con la conseguenza che gli stessi sono deresponsabilizzati, in quanto i loro emolumenti prescindono dal raggiungimento degli obiettivi.
Si sa, la carne è debole, tutti tengono famiglia e dimenticano i principi di interesse generale, secondo cui, quando si spendono i soldi pagati dai cittadini mediante imposte e tasse, bisognerebbe averne cura meglio che se fossero i propri.
 
Il 2018 si chiude con un incremento del Pil modesto, forse sotto l’1%, che è all’incirca la metà di quello medio europeo. E siccome tale incremento è andato decrescendo nei quattro trimestri, non è escluso che in quello corrente possa andare a zero o sotto zero. Qualora si verificasse questa eventualità, sarebbe il principio della recessione che, com’è noto, viene certificata dopo tre trimestri consecutivi di decrescita.
In questo quadro, andrebbe per aria tutto l’impianto della Legge di bilancio 2019. Ovviamente ci auguriamo che questo non avvenga, ma le previsioni non sono certamente positive.
Non sono positive perché il Governo ha fortemente aumentato la spesa corrente con i due assi del Contratto (quota 100 per le pensioni e Rdc) sottraendo 12/13 miliardi di risorse agli investimenti.
In Italia vi sono 27 grandi opere da completare e decine di migliaia di opere medie e piccole. Basterebbe destinare le risorse necessarie e semplificare le procedure per attivare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro. Altro che distribuire assegni a babbo morto.
 
Che il Paese debba avere solidarietà per i poveri veri (non quelli falsi) e in genere per tutti i cittadini e cittadine ultrasessantacinquenni è del tutto condivisibile. Ma che si distribuiscano assegni a gente che è in condizione di lavorare è molto diseducativo, perché si toglie a ciascuno la leva della sopravvivenza, del bisogno e del come fare, giorno per giorno, per sbarcare il lunario.
Le istituzioni debbono creare le opportunità, non dare assegni di sussistenza a chi può lavorare. Le opportunità si creano aprendo i cantieri, sostenendo le imprese, diminuendo il cuneo fiscale per mettere più soldi nelle tasche dei dipendenti. Per ottenere questo occorre ridurre le imposte e i contributi previdenziali gravanti sul lavoro. Per raggiungere questo obiettivo, il Bilancio deve ridurre la spesa corrente e quella previdenziale, che ormai sta esplodendo.
Ma la legge appena approvata, va nella direzione opposta. Speriamo di sbagliarci. Ma chi di speranza vive, disperato muore.

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