Corsera e Repubblica prendono contributi - QdS

Corsera e Repubblica prendono contributi

Carlo Alberto Tregua

Corsera e Repubblica prendono contributi

mercoledì 16 Gennaio 2019

Prepensionamenti, poste e telefoni

 
Il direttore di Repubblica, qualche tempo fa, nel rispondere a una lettera di Vito Crimi, sottosegretario con delega all’editoria, affermò che il suo giornale non prendeva contributi pubblici. Il Gazzettino, in un articolo del 3 gennaio, conferma che i principali Gruppi editoriali (Rcs, Gedi, Caltagirone) non ottengono tali elargizioni.
Si tratta di una leggenda metropolitana perché tutti i giornali percepiscono contributi pubblici non diretti, come alcuni di essi, attraverso sgravi e decurtazioni di una serie di costi.
Per esempio, la distribuzione e la consegna degli abbonamenti godono di una tariffa postale agevolata che corrisponde a circa a un quarto del costo che Poste fa pagare ai normali clienti.
Altro esempio, la riduzione alla metà di tutte le spese telefoniche che, in un Gruppo editoriale, sono cospicue. Un ulteriore sgravio viene dalle leggi 114/2014 e seguenti con le quali nel Bilancio dello Stato sono stati stanziati decine e decine di milioni.
 
Di che si tratta? Di tutte le somme andate a beneficio, soprattutto dei grandi editori, per consentire il prepensionamento dei giornalisti.
Con questo beneficio, che i piccoli editori non hanno avuto, le grandi testate hanno scaricato il conto economico di rilevanti costi attinenti il lavoro, con la conseguenza che sono riusciti a conseguire utili, tagliando le spese, pur in presenza di una diminuzione dei ricavi.
Per quanto precede, occorre smetterla di continuare a fare la parte dei puri che non assorbono risorse pubbliche: una finzione messa in scena dai grandi Gruppi editoriali, i quali cercano e concordano con l’iniziativa di Crimi nel tagliare i contributi diretti ai piccoli editori o a quelli maggiori che, però, non sono in condizione di reggere la concorrenza del mercato pubblicitario.
È proprio questo il punto nodale della riforma che il Governo dovrebbe affrontare – di cui ci ha parlato Crimi nel Forum pubblicato il 20 ottobre 2018 – e cioè riguardante il mercato della pubblicità locale e nazionale. La questione è delicata in quanto concerne la sopravvivenza di decine e decine di testate locali che sono il sale dell’informazione, perché producono quella che proviene dal territorio.
Crimi ci diceva che l’obiettivo del suo Governo è quello di valutare gli editori che riescono a camminare con le loro gambe. Gli abbiamo obiettato, però, che i soggetti in competizione e in concorrenza debbono avere le stesse opportunità, perché se alcuni prendono gli anabolizzanti ed altri hanno le pietre nelle tasche, questi ultimi saranno spazzati via dal mercato. E questi ultimi sono proprio gli editori minori.
Abbiamo più volte pubblicato, senza timore di smentita, che il mercato della pubblicità nazionale è ormai appannaggio dei due Gruppi dominanti: Rcs (Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport e una dozzina di quotidiani regionali) e Gedi (Repubblica, La Stampa, il Secolo XIX e 17 quotidiani locali). Ebbene, i due gruppi raccolgono la pubblicità per se stessi e per gli associati e, d’altra parte, i quotidiani regionali e locali raccolgono la pubblicità per i capofila. Qualcuno dovrebbe spiegarci come possono fare gli editori minori a competere con i due Golia.
 
Nell’auspicata riforma dell’editoria, se sarà Crimi a proporre il ddl, si dovrà partire dalla fotografia obiettiva del mercato, in modo da attuare quei provvedimenti che rimettano in equilibrio tutti gli editori che vi operano, per competere alla pari.
Togliere le tariffe postali agevolate e la riduzione dei costi telefonici va bene a tutti. Togliere il contributo diretto che costituisce una parte essenziale del conto economico dei piccoli editori, e che compensa parzialmente il predominio dei grandi, è altrettanto essenziale.
La questione è lampante: solo chi è egoista non vuol vederla perché segue la logica della prepotenza dei poteri forti.
In questo quadro, la Federazione italiana degli editori (Fieg) saprà mettere in atto buoni uffici perché il senso di responsabilità, l’informazione territoriale e l’equità prevalgano su comportamenti dissennati e dannosi per i cittadini.
Comprendiamo che è difficile comportarsi in modo equo e rispettoso, ma il nostro Paese non deve declinare per effetto di comportamenti sbagliati, riguardanti soprattutto l’informazione.

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