Assegno divorzile, tra assistenza e compensazione - QdS

Assegno divorzile, tra assistenza e compensazione

Serena Giovanna Grasso

Assegno divorzile, tra assistenza e compensazione

venerdì 08 Febbraio 2019

Corte di Cassazione, ordinanza n.2480/19: l’ex moglie ne ha diritto anche se non richiesto in sede di separazione. Nel calcolo bisogna considerare il contributo fornito dal coniuge nella realizzazione della vita familiare

PALERMO – L’ex moglie ha diritto all’assegno di divorzio, anche se questo non è stato richiesto in sede di separazione. Questo è quanto emerge dalla lettura dell’ordinanza numero 2480, depositata dalla prima sezione civile della Corte di Cassazione lo scorso 29 gennaio. Al centro della vicenda, il ricorso presentato da una donna in Cassazione volto ad invalidare la statuizione di riduzione dell’assegno divorzile.
 
Precedentemente il tribunale di Ravenna determinava in mille euro l’assegno divorzile che il marito doveva corrispondere all’ex moglie e in 1.300 euro l’importo da lui dovuto per il contributo al mantenimento del figlio, affetto sin dalla nascita da una grave malattia e convivente con la madre.
 
La Corte d’Appello di Bologna riduceva in 600 euro l’assegno in favore della donna, di cui evidenziava le poliedriche capacità imprenditoriali e la percezione di un reddito superiore a quello dichiarato, ritenendo tale minor importo sufficiente a garantirle il tenore di vita goduto durante la vita matrimoniale.
 
Dunque, contro questa sentenza la donna giunge in Cassazione, lamentando il fatto che le indagini della Guardia di finanza non fossero giunte alla conclusione della presenza di maggiori redditi rispetto a quelli dichiarati. Contesta anche il fatto che ci si fosse riferiti al principio della conservazione del pregresso tenore di vita, senza considerare la situazione di fortissimo squilibrio reddituale e patrimoniale e la rilevanza del suo apporto nell’accumulo patrimoniale del marito (in violazione del principio perequativo, previsto in tema d’assegno divorzile).
 
D’altra parte, l’ex marito evidenzia la mancata valutazione da parte della Corte d’Appello della documentazione che attesta l’autonomia economica della ricorrente e l’adeguatezza dei suoi mezzi a disposizione. In più, osserva l’omesso esame del “fatto decisivo relativo alla mancata previsione di un assegno di mantenimento in sede di separazione consensuale”.
 
Secondo la Corte di Cassazione “la mancata richiesta di assegno di mantenimento in sede di separazione non preclude il suo riconoscimento in sede divorzile, ma può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione relativi alle condizioni economiche dei coniugi”.
 
Inoltre, la Corte osserva che “all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, ma il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate”.
 
“La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi – continua la Cassazione – non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi”.

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