Ictus, in Sicilia ancora troppe ospedalizzazioni - QdS

Ictus, in Sicilia ancora troppe ospedalizzazioni

Serena Giovanna Grasso

Ictus, in Sicilia ancora troppe ospedalizzazioni

martedì 19 Febbraio 2019

Rapporto Osservatorio ictus Italia alla Camera: nell’Isola percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali inesistenti. La nostra regione e la Campania i territori con il più alto tasso di mortalità. Agli antipodi Friuli ed Emilia Romagna

PALERMO – Ogni anno in Italia si registrano almeno 100.000 nuovi ricoveri dovuti all’ictus cerebrale, circa un terzo delle persone colpite non sopravvive a un anno dall’evento, mentre un altro terzo sopravvive con una significativa invalidità. Il numero di persone che attualmente vive in Italia con gli esiti invalidanti di un ictus ha raggiunto la cifra record di quasi un milione.
 
Questi sono solo alcuni dei dati contenuti all’interno del “Rapporto 2018 sull’ictus in Italia – Una fotografia su prevenzione, percorsi di cura e prospettive”, recentemente presentato dall’Osservatorio ictus Italia alla Camera dei deputati. Si tratta di una condizione che desta molta attenzione, nonostante si sia registrata una riduzione della mortalità del 40,5% tra il 2003 e il 2014. Mortalità che risulta particolarmente elevata in Sicilia e Campania, sia per gli uomini che per le donne, mentre più bassa è risultata in Emilia Romagna e in Friuli Venezia Giulia.
 
Dal 2011 al 2016, le ospedalizzazioni per eventi cerebrovascolari sono diminuite mediamente in Italia del 15% sia negli uomini che nelle donne. Ciononostante, in Sicilia continuano a mantenersi particolarmente elevate, pari a 630 per 100 mila persone negli uomini e 570 per 100 mila residenti nelle donne. Valori decisamente agli antipodi rispetto a quelli rilevati nelle regioni con il più basso tasso di ospedalizzazione: infatti, per gli uomini troviamo il Friuli Venezia Giulia (494,9 per 100 mila) e per le donne il Piemonte (368,7 per 100 mila).
 
Una nota dolente che emerge dal rapporto è che sono ancora poche le unità neurovascolari sul territorio, a scapito soprattutto delle Regioni del Sud. Su 300 unità neurovascolari necessarie, ne sono operative 190, di cui l’80% al Nord. In Sicilia la copertura dei centri è pari al 47,2%, rispetto a quelli necessari.
 
Un’altra inefficienza riguarda i percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali (Pdta), praticamente inesistenti in Sicilia. I Pdta sono interventi complessi mirati alla condivisione dei processi decisionali e dell’organizzazione dell’assistenza per un gruppo specifico di pazienti durante un periodo di tempo ben definito, critico per definire obiettivi ed elementi chiave dell’assistenza basandosi su evidenze scientifiche e best clinical practice.
 
In Sicilia non esiste una formale procedura per la centralizzazione dei pazienti, eccetto che nella provincia di Messina, dove in caso di emorragia cerebrale è possibile eseguire consulto neurochirurgico tramite telemedicina.
 
Quasi la metà degli eventi cerebrovascolari potrebbe essere evitata attraverso l’adozione di stili di vita salutari e un controllo farmacologico nei soggetti ad elevato rischio cardiovascolare globale. I fattori di rischio modificabili sono la pressione arteriosa, il peso, la glicemia, la colesterolemia, che vanno adeguatamente monitorati, mantenendo i valori entro i limiti raccomandati, come pure il consumo di alcool e l’abitudine al fumo.
 
Molto si potrebbe fare con la prevenzione, ma nel nostro Paese la percentuale di investimenti ad essa destinati e pari a solo il 4,9% della spesa sanitaria. Soltanto Piemonte e Friuli Venezia Giulia hanno attivato un processo dedicato di informazione e partecipazione dei cittadini in questi percorsi.

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