Ex Province: sei anni di tragicommedia - QdS

Ex Province: sei anni di tragicommedia

Giovanna Naccari

Ex Province: sei anni di tragicommedia

mercoledì 20 Febbraio 2019

Problemi di bilanci e competenze hanno portato gli Enti intermedi sull’orlo del default. L'esigenza di trovare i soldi per le casse vuote delle ex Province è prioritaria. L’attuale Governo regionale guidato da Musumeci avrebbe voluto rilanciarli dando loro una guida politica. Confusione: da “l’abolizione” di Crocetta alle elezioni di secondo livello indette per il 30 giugno

Palermo – Trovare i soldi per le casse vuote delle ex Province: è la promessa fatta dai deputati siciliani di maggioranza e opposizione eletti alla Camera e al Senato al presidente della Regione siciliana Nello Musumeci nella convocazione di lunedì a Palazzo d’Orleans, per ridare ossigeno a Città Metropolitane e Liberi Consorzi comunali.
 
Gli Enti intermedi, infatti, coinvolti da vari passaggi legislativi – regionali e nazionali – pensati per ridurre i costi della politica e snellire l’Amministrazione, in Sicilia sono rimasti delle scatole vuote, privi di competenze e con enormi criticità economico-finanziarie.
 
Si cercano le risorse per pagare gli stipendi, i fornitori e per programmare tutti gli interventi che non si riescono a realizzare. Liberi Consorzi Comunali e Città Metropolitane sono quasi tutti in pre-dissesto e nell’impossibilità di chiudere i bilanci di previsione 2018-2020. L’ex Provincia di Siracusa ha già dichiarato il default. A Messina il sindaco metropolitano Cateno De Luca, per protesta contro la mancanza di risposte istituzionali alla crisi finanziaria ha chiuso l’Ente e ha messo in ferie forzate i lavoratori, annunciando il fallimento. Solo Trapani, con molti tagli, e Agrigento hanno approvato il Bilancio di previsione per l’anno scorso.
 
Un mare in tempesta in cui si troveranno a navigare anche i presidenti e i consigli dei Liberi Consorzi comunali con le elezioni del prossimo 30 giugno, quando cesserà la lunghissima gestione commissariale delle ex Province siciliane e saranno eletti i nuovi vertici con elezioni di secondo livello previste dalla legge 56/2014, la Delrio (non votano i cittadini, ma sindaci e consiglieri). Una norma a cui si è dovuto adeguare il Governo Musumeci con la legge 23/2018 approvata dall’Ars, anche se il presidente non ha mai nascosto di preferire l’elezione diretta, con la partecipazione dei cittadini. Una strada cui già puntava la Legge regionale 17/2017, votata nell’ultimo anno di legislatura Crocetta, con tanto di spese per le cariche, ma stroncata per illegittimità dalla Corte costituzionale perché fuori dallo spirito di riforma nazionale.
 
Insomma, “l’abolizione delle Province” annunciata in tv ormai sei anni fa (era il marzo del 2013) dall’ex presidente della Regione ha prodotto soltanto assenza di programmi e caos sulla definizione delle competenze, con tanto di tentativo di ritorno delle cariche e delle indennità e la marcia indietro. Oggi, si scrive un nuovo capitolo di questa storia, con il tavolo istituzionale aperto da Musumeci che ha fatto partire un appello al governo Conte.
 
Si vuole sensibilizzare Roma per emanare un decreto legge sugli Enti locali che elimini il meccanismo del prelievo forzoso dello Stato quale contributo di finanza pubblica. Questo l’elemento che, secondo gli amministratori dell’Isola avrebbe ridotto al collasso le ex Province. Musumeci ha chiesto un intervento per garantire parità di trattamento per gli enti siciliani rispetto a quelli del resto d’Italia, “eliminando le storture causate dalla legislazione finanziaria nazionale in materia”. Dal 2013 il governo di Roma toglie alle Province dell’Isola oltre 200 milioni di euro l’anno costringendole di fatto alla paralisi se non al fallimento”.
 
Portavoce della richiesta da avanzare al governo centrale sarà l’assessore regionale all’Economia Gaetano Armao, presente al tavolo con i deputati assieme all’assessore alle Autonomie locali Bernadette Grasso – che ha scritto una lettera al ministro Matteo Salvini per richiamare l’attenzione sulle ex Province – e al collega di Giunta con delega alla Salute, Ruggero Razza.
 
“Da Roma – ha detto Musumeci – abbiamo ottenuto già alcuni impegni, ma adesso bisogna accelerare”. Ma non è tutto, perché il presidente ha già annunciato la presentazione di un dossier che nelle intenzioni del Governo regionale ricostruirà “decenni di omissioni e di avalli a scelte scellerate”.
 
La Regione a marzo, dopo la pubblicazione del bilancio, verserà alle ex Province 112 milioni di euro stanziati con l’ultima manovra, ha assicurato l’assessore Armao, aggiungendo che “i 540 milioni che lo Stato si è già impegnato a destinare nei prossimi sei anni a Liberi consorzi e Città Metropolitane potranno servire ad assorbire il carico dei mutui contratti e a liberare risorse per altri 23 milioni di euro”.
 

 
Deputazione nazionale chiamata in causa per risolvere la questione prelievo forzoso
 
PALERMO – Forza Italia ha presentato in Parlamento una proposta di legge per cancellare il prelievo forzoso dello Stato alle ex Province siciliane. A darne notizia è stato il deputato nazionale Francesco Scoma, nell’incontro promosso dal presidente della Regione siciliana Nello Musumeci sulle ex Province. Ma questa non è l’unica questione in ballo.
 
“L’importante impegno assunto da tutta la deputazione nazionale – ha affermato il rappresentante di Liberi e uguali, Erasmo Palazzotto – compresi i rappresentanti del M5s, vuole trovare una soluzione alla condizione di dissesto delle Provincie siciliane. Questo però non è sufficiente, perché risolto il problema finanziario bisognerà definire al più presto le competenze e la programmazione per gli investimenti degli Enti intermedi, per evitare che questo intervento ne prolunghi soltanto l’agonia”.
 
Al confronto sulle ex Province hanno partecipato anche Leoluca Orlando, sindaco metropolitano al vertice di Anci Sicilia e i segretari regionali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl. “La nostra associazione – ha detto Orlando – fin dal 2014, ha messo in evidenza la necessità di un intervento di riforma dell’Ente intermedio in grado di bilanciare funzioni, risorse e personale”.
 
I segretari generali Michele Palgliaro (Cgil), Sebastiano Cappuccio (Cisl) e Claudio Barone (Uil), con i numeri uno di categoria Gaetano Agliozzo, Paolo Montera e Alda Altamore hanno chiesto che “le parti tornino a incontrarsi nel giro di una-due settimane per monitorare la situazione, che in Sicilia pende come un’ipoteca sulla testa di 6000 lavoratori di cui 400 precari”. Infine hanno evidenziato, riferendosi a Siracusa, la questione “dei lavoratori che, a causa del dissesto proclamato, non percepiscono stipendio da mesi”.
 
Intanto i dipendenti dell’ex Province protestano in strada. Lunedì scorso si è tenuto un sit-in a Palazzo d’Orleans, agli inizi di febbraio sotto la sede dell’Assemblea regionale siciliana.
 

 
Quelle elezioni indirette sgradite al presidente
 
PALERMO – Le Province siciliane sono state istituite con Legge regionale 9/1986. Nel 2011 si è acceso il dibattito sulla riforma degli Enti intermedi all’interno della manovra economica voluta dall’allora ministro Giulio Tremonti (tagli parametrati al numero di abitanti per territorio). In Sicilia c’era il governo autonomista di Raffaele Lombardo e si provava a decentrare le funzioni ai Comuni, con la conseguente soppressione delle Province che, tra l’altro, non sono previste dallo Statuto siciliano. Stabilisce l’articolo 15 comma 2: “L’ordinamento degli Enti locali si basa nella Regione stessa sui Comuni e sui Liberi Consorzi comunali dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria”.
 
La struttura degli Enti locali è stata modificata durante il governo Renzi con la legge Delrio (56 del 2014, Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle Unioni e fusioni di comuni). Con le Province trasformate in Enti di secondo livello non si prevedono più elezioni dirette (votano sindaci e consiglieri).
 
L’Ars con la legge 15/2015 ha approvato l’istituzione dei Liberi Consorzi di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani e delle tre Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Nella scorsa legislatura in Sicilia è stata ripristinata l’elezione diretta dei sindaci delle Città Metropolitane e dei Liberi Consorzi comunali con la legge 17/2017, ma la Corte Costituzionale l’ha dichiarata illegittima perché in contrasto con la Legge nazionale.
 
Il Governo Musumeci, dopo la bocciatura della norma del Governo precedente ha riproposto le elezioni di secondo livello (Lr 23/2018 approvata dall’Ars). Il voto per i Liberi Consorzi Comunali si terrà domenica 30 giugno. “Ci siamo opposti con tutte le nostre forze a questo esproprio del diritto al voto dei cittadini”, ha scritto Musumeci su Facebook, annunciando le elezioni, che ha definito “una elezione di secondo grado, un accordo tra partiti”.

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