Sicilia: la tavola è ricca, ma il piatto piange - QdS

Sicilia: la tavola è ricca, ma il piatto piange

Adriano Agatino Zuccaro

Sicilia: la tavola è ricca, ma il piatto piange

venerdì 22 Febbraio 2019

Rapporto Ismea Qualivita 2018: nell’Isola 64 prodotti certificati tra Dop, Igp, Stg per un valore della produzione di 600 milioni di €; 90 eccellenze venete valgono una differenza di quasi 3 miliardi in più. Puntare sul turismo enogastronomico e sugli eventi legati al cibo

La crescita del valore economico delle produzioni a Indicazione geografica (Ig) continua inarrestabile per l’Italia, che vanta un primato mondiale con 822 prodotti Dop, Igp, Stg registrati a livello europeo su 3.036 totali nel mondo.
 
“Il comparto delle Ig italiane esprime i risultati più alti di sempre anche sui valori produttivi e per la prima volta supera i 15,2 miliardi di euro di valore alla produzione per un contributo del 18% al valore economico complessivo del settore agroalimentare nazionale” sottolinea il Rapporto 2018 Ismea-Qualivita sulle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane Dop, Igp e Stg. Se il settore agroalimentare italiano ha visto crescere il proprio valore del +2,1%, il settore delle Dop Igp ha ottenuto un risultato migliore pari al +2,6%.
 
Risultati davvero notevoli in merito al valore alla produzione che appaiono straordinari nel caso delle regioni leader italiane: Veneto (3,5 miliardi di euro), Emilia-Romagna (3,4), Lombardia (1,9) e Piemonte (1,2) totalizzano da sole il 65% del comparto nazionale delle Indicazioni geografiche nelle produzioni agroalimentari e vitivinicole e “nei territori del Nord Italia si concentra la gran parte dei distretti più rilevanti economicamente”.
 
Ancora una volta un’Italia a due velocità in cui, ad esempio, una regione come la Lombardia con 75 prodotti Dop e Igp tra food e wine totalizza un impatto economico triplo (1,9 miliardi di euro) rispetto alla Sicilia che totalizza 0,6 miliardi di euro con 64 prodotti all’attivo. Non si tratta, dunque, di una questione solo numerica da attribuire al basso numero di prodotti di qualità: sono 13 i prodotti lombardi registrati in più nel 2017 rispetto alla nostra Isola ma di un tessuto produttivo che deve imparare ad esaltare al massimo le proprie potenzialità. Un percorso che la Sicilia sembra aver intrapreso riuscendo a migliorare nel 2017 il proprio impatto economico territoriale sui prodotti Dop, Igp ed Stg del 28% rispetto all’anno 2016. Le percentuali migliori si riscontrano in Basilicata (+84,1% sul 2016), Piemonte (+14,1%), Valle d’Aosta (+11,6%) ed Emilia Romagna (+9%). Peggioramenti significativi, invece, per Sardegna (-20,6% sul 2016) e Marche (-12,6%).
 
Analizzando i dati provinciali si rileva, ancora una volta, il predominio del Nord sul Sud. La classifica delle prime 20 province per impatto economico dei prodotti Dop, Igp, Stg (food e wine) vede al primo posto Parma (1,4 miliardi di euro), seguita da Verona (1 miliardo) e Treviso (0,9). Le prime venti posizione sono “a marchio Nord”, eccezione Siena al 12° posto e Caserta al 18°. La situazione non cambia nella classifica che analizza solo il comparto food che vede al vertice Parma, Modena e Reggio nell’Emilia con Napoli, Salerno e Sassari a rappresentare il Sud e le Isole che fanno la loro figura tra le prime venti città italiane per impatto economico.
 
Va meglio nel comparto vino, in cui rimangono ben salde le province del Nord al vertice: Verona, Treviso e Cuneo (ognuna di esse totalizza cifre vicine al miliardo, Cuneo 500 milioni di euro), ma troviamo Messina in 16° posizione (139 milioni di euro), Lecce in 18° (137 milioni di euro) e Palermo in 20° (107 milioni di euro). Per quanto riguarda l’export del vino e l’impatto territoriale sono sempre Veneto ed Emilia a trainare il settore.
 
Per completare il quadro si evidenzia che gli operatori Dop e Igp siciliani nel 2017 sono stati 16.081 contro i 31.955 operatori veneti, i 14.606 dell’Emilia Romagna, gli 11.026 operatori piemontesi e i 9.862 operatori lombardi. Il Sistema delle Dop Igp in Italia coinvolge 197.347 operatori e garantisce qualità e sicurezza anche attraverso una rete di 275 Consorzi di tutela riconosciuti dal Mipaaft, oltre 10mila gli interventi effettuati dagli Organismi di controllo pubblici.
 

 
Rosa Giovanna Castagna, presidente Confederazione Italiana Agricoltori della Sicilia (Cia)
 
Turismo enogastronomico, quali sono le ragioni dell’appeal della Sicilia in questo settore?
“Le ragioni di tale appeal vanno sicuramente ricercate nell’intreccio che si crea in Sicilia tra il fascino dei luoghi naturali, la ricchezza dell’immenso patrimonio artistico e culturale e la straordinaria eccellenza enogastronomica che l’isola può vantare: i nostri prodotti Dop, Igp e Stg hanno caratteristiche uniche sia per la capacità dei produttori di garantire alti standard qualitativi sia per l’unicità del clima e delle peculiarità dell’isola, si pensi al ruolo dell’Etna per l’arancia rossa”.
 
Come mai nonostante la qualità e la varietà delle produzioni, il valore delle stesse è così basso rispetto a quello di regioni come Veneto, Emilia Romagna, Lombardia?
“Le ragioni sono certamente molteplici, ma credo che la più rilevante sia l’insufficienza che ancora si registra nella nostra capacità di fare sistema ed offrire il nostro prodotto all’estero in maniera più concentrata; a ciò si aggiunge il fatto che, rispetto al resto del mondo, in Italia il cibo si compra molto poco online: solo lo 0,2% rispetto al 2%, il che non favorisce una più grande distribuzione dei prodotti a marchio anche sull’intero territorio nazionale, se non in parte per il vino e l’olio. Inoltre la viabilità interna all’isola è del tutto insufficiente a garantire una diffusione capillare anche all’interno del territorio regionale e questo inevitabilmente incide sia sul consumo, sia sui costi”.
 
Quali strategie dovrebbero intraprendere gli imprenditori siciliani per ridurre questo gap?
“Oltre ad una più attenta e funzionale organizzazione fra tutti gli attori della filiera, uno strumento che può favorire maggiormente lo sviluppo dell’economia legato all’enogastronomia può certamente essere il “distretto del cibo”, che può svolgere un ruolo strategico nello sviluppo e nella promozione territoriale, sia per quanto concerne la salvaguardia del paesaggio rurale sia per favorire l’integrazione tra le diverse attività agricole e agroalimentari di qualità.
Importante sarebbe anche recuperare il gap derivante dall’insularità, che se da un lato garantisce unicità ai nostri prodotti, dall’altro ne limita la diffusione in maniera più uniforme: a tal proposito sarebbe utile usufruire dei vantaggi che possono derivare dalla riconosciuta condizione di insularità da parte del Parlamento Europeo e provare a colmare quel gap che la mancata continuità territoriale comporta nel processo di circolazione delle merci e delle persone”.
 

 
Itinerari ed eventi legati all’enogastronomia
 
“È nell’ambito turistico che le Indicazioni Geografiche (Ig) fanno registrare valori molto importanti, confermandosi fondamentali punti di sintesi nei vari distretti sia in termini di promozione, sia in termini di esperienze di viaggio” afferma lo studio Ismea. Secondo l’istituto in Italia, il Turismo Dop ha assunto un ruolo strategico sviluppando oltre 200 eventi incentrati sui prodotti, 150 Itinerari e Strade attive, più di 600 risorse culturali intimamente legate al patrimonio alimentare e 17 esperienze come nuove proposte di incontro interattivo con il mondo rurale.
 
Un capitolo, quello turistico, che si arricchisce ogni giorno di nuove attività “grazie al diretto contributo dei Consorzi di tutela e delle aziende della filiera Dop Igp che non solo hanno profuso energie nel portare avanti iniziative storiche (sagre, feste ecc.) capaci di attrarre sul territorio migliaia di persone, ma che hanno anche promosso nuove attività”. Una capacità di sviluppo che ha coinvolto direttamente anche le imprese che, mutuando le esperienze già collaudate dal settore vitivinicolo, hanno investito per riprogettare gli spazi aziendali, facendo diventare i luoghi di produzione anche centri di accoglienza turistica con percorsi esperienziali, museali ed una propensione evoluta alla vendita diretta.
 
Un ragionamento a parte merita il rapporto fra beni culturali, beni paesaggistici e IG italiane, uno dei cardini del 2018 “Anno del Cibo Italiano”. Questo ambito rappresenta una perfetta sintesi tra cultura e turismo. “Sarebbe opportuno – sottolinea il rapporto – incentivare queste attività attraverso politiche e linee di indirizzo pubbliche su azioni specifiche: il recupero di beni architettonici, così come la valorizzazione di patrimoni culturali che altrimenti andrebbero perduti o dimenticati, devono essere facilitati attraverso appositi provvedimenti e capitoli dei Programmi di Sviluppo Rurale (Psr), in modo da creare tra imprese, Consorzi e territori le sinergie necessarie a percorrere questa strada”.

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