Conti pubblici, l'Ue insiste: "Squilibri eccessivi" - QdS

Conti pubblici, l’Ue insiste: “Squilibri eccessivi”

Patrizia Penna

Conti pubblici, l’Ue insiste: “Squilibri eccessivi”

giovedì 28 Febbraio 2019

La Commissione: “Italia Paese con ambiente più ostile agli investitori”. Salvini replica: “Rivedere i conti? Rivedere piuttosto l’Europa”

BRUXELLES – La Commissione europea, in un rapporto pubblicato ieri a Bruxelles, ha confermato la presenza di “squilibri eccessivi” a livello macroeconomico in Italia, dovuti all’”elevato debito pubblico” e alla “protratta debolezza delle dinamiche della produttività”, che “implicano rischi con rilevanza transfrontaliera, in un contesto di crediti in sofferenza a livello ancora elevato e alta disoccupazione”.
 
La Commissione “non si aspetta che il rapporto debito/Pil diminuisca nei prossimi anni”, in quanto “le deboli prospettive macroeconomiche e gli attuali piani di bilancio del governo, anche se meno espansivi rispetto ai piani iniziali per il 2019, comporteranno un deterioramento dell’avanzo primario”. La Commissione indica che in Italia “la competitività dei costi è stabile, ma persiste una debole crescita della produttività”, che è “radicata in questioni di vecchia data riguardanti il funzionamento dei mercati del lavoro, del capitale e dei prodotti, aggravati da carenze nella pubblica amministrazione e nel sistema della giustizia, che pesano sulla crescita del Pil potenziale”.
 
Quanto al sistema bancario, “lo stock di crediti in sofferenza ha continuato a diminuire in modo significativo”, ma mantenerne il ritmo di riduzione attuale “potrebbe rivelarsi difficile (‘challenging’, ndr) date le condizioni di mercato”.
Inoltre, “i rendimenti del debito sovrano, superiori rispetto ai livelli dei primi mesi del 2018, incidono sui costi di finanziamento e sulle riserve di capitale delle banche, pesando sul credito al resto dell’economia e sulla crescita del Pil”.
 
Solito commento “stizzito” del ministro dell’Interno, Matteo Salvini: “In arrivo – ha detto nel corso di una conferenza stampa a Cagliari – critiche dell’Europa sul reddito di cittadinanza e quota 100? Ero preoccupato: che passasse una giornata senza una critica di Bruxelles sarebbe stata una giornata senza senso. Rivedere i conti? Rivedremo l’Europa”.
In verità, ad essere preoccupata è anche la Commissione Ue che, nella sua valutazione ha espresso perplessità per la situazione di stallo nelle riforme strutturali.
 
“Nonostante alcuni progressi nel risanamento dei bilanci delle banche, nella riforma dell’insolvenza e nelle politiche attive del mercato del lavoro, l’impulso (‘momentum’, ndr) per le riforme si è sostanzialmente arrestato nel 2018”. Non solo, “il bilancio del 2019 include misure politiche che invertono elementi delle precedenti importanti riforme, in particolare nel settore delle pensioni, e non include misure efficaci per aumentare la crescita potenziale”, conclude la Commissione.
Ma le brutte notizie non si esauriscono qui. Secondo la comunicazione approvata dalla Commissione europea, il nostro Paese è quello che nell’Unione europea in assoluto presenta l’ambiente più ostile agli investitori.
 
Delle diciannove categorie individuate dai funzionari della Commissione per misurare le ‘sfide’ che deve affrontare nei vari PaesiUe un investitore, che voglia mettere dei soldi nell’economia italiana, il nostro Paese non ha barriere solo in tre, in particolare per quanto riguarda la legislazione nel campo delle telecomunicazioni, dell’energia e dei trasporti, tutti settori che sono stati relativamente liberalizzati negli ultimi decenni.
 
Restano ostacoli nelle altre sedici categorie, per esempio, nel campo dei rapporti con la Pubblica amministrazione, alla voce “oneri regolatori ed amministrativi”, “Pubblica Amministrazione” in sé e per sé, “appalti”, “sistema giudiziario”, “diritto fallimentare”, “quadro legislativo della concorrenza e regolatorio”.
 
Oppure, per quanto riguarda il mercato del lavoro e l’educazione, “istruzione, competenze, educazione permanente”, “salari”. O ancora, le “tasse” e “l’accesso a finanziamenti”. E “la collaborazione tra università, centri di ricerca e imprese”, considerata insufficiente. I secondi peggiori nell’Ue per quanto concerne le barriere agli investimenti sono Spagna e Portogallo, entrambi con cinque categorie ‘libere’ da barriere, contro le tre italiane. La Grecia non è inclusa nella classifica, perché sottoposta a programma di salvataggio fino al 2018.

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