Così il turismo mette l'ambiente sotto stress - QdS

Così il turismo mette l’ambiente sotto stress

Rosario Battiato

Così il turismo mette l’ambiente sotto stress

giovedì 21 Marzo 2019

L’Istat ha incrociato i dati sull’offerta turistica con quelli sulle emissioni che causano l’effetto serra. Gli impatti più elevati per l’ecosistama arrivano soprattutto dal settore dei trasporti

PALERMO – Anche il turismo pesa sull’ambiente. Diffuse dall’Istat le stime sperimentali delle pressioni ambientali generate dalle attività turistiche, realizzate integrando due prodotti della statistica ufficiale, il conto satellite del turismo (Cst) e i conti satellite dell’ambiente. Lo studio, pertanto, si basa su un modulo economico e un modulo ambientale che presentano rispettivamente l’offerta turistica e il consumo turistico interno e le pressioni ambientali, cioè le emissioni atmosferiche che causano effetto serra, acidificazione e ozono troposferico nonché agli impieghi complessivi di prodotti energetici.
 
“Ciò che rende il modulo ambientale e il modulo economico omogenei – spiegano dall’Istat –, tanto da poter essere rappresentati in un unico quadro, è il comune rispetto dei principi contabili caratteristici dei conti economici e l’articolazione delle variabili secondo la stessa classificazione delle attività economiche”.
 
I principali risultati dello studio, relativi al 2015, evidenziano che le attività turistiche “rappresentano il 10,4% della produzione dell’economia italiana” mentre “il contributo delle stesse attività alle emissioni di gas serra e agli impieghi di prodotti energetici, 6,3% circa in entrambi i casi, è più contenuto di quello fornito alla produzione complessiva, mentre il peso delle attività turistiche sulle emissioni totali di sostanze acidificanti e che determinano la formazione di ozono troposferico è, rispettivamente, del 17,3% e del 19,2%”.
 
Scomponendo il dato delle attività turistiche e facendo un focus soltanto sulla cosiddetta quota turistica, cioè le attività direttamente attribuite al turismo, il contributo alla generazione di emissioni — 4,6% per l’effetto serra, 14,3% per l’acidificazione e 15,3% nel caso dell’ozono troposferico — e all’impiego di prodotti energetici (4,2%) risulta sempre superiore al peso sulla produzione complessiva, pari al 3,5%.
 
L’Istat calcola, inoltre, altri due indicatori particolarmente rilevanti: sono “l’intensità di emissione” e “l’intensità energetica” delle attività turistiche, che vengono misurate come rapporto tra emissioni o impieghi di prodotti energetici e produzione. In questo senso, le attività turistiche nel loro complesso presentano, nel caso delle emissioni di gas climalteranti, un’intensità di “emissione inferiore rispetto a quella delle attività che non rientrano nel perimetro del settore, (65 mila tonnellate di CO2 equivalente per miliardo di produzione rispetto a 113 mila tonnellate circa)”.
 
Al contrario, l’intensità di emissione di sostanze acidificanti o che determinano la formazione di ozono troposferico “risulta più elevata nel caso delle attività turistiche nel loro complesso rispetto alle altre tipologie di attività produttiva (rispettivamente circa 26 contro 14 tonnellate per miliardo di produzione nel caso dell’acidificazione e 832 contro 408 circa nel caso dell’ozono troposferico)”.
 
A determinare l’elevato risultato di emissione complessiva per le attività turistiche, sono le intensità particolarmente elevate delle attività di trasporto. In particolare, confermano dall’Istat, si tratta soprattutto del “trasporto marittimo nel caso della acidificazione e dell’ozono troposferico e anche del trasporto aereo e del trasporto stradale nel caso delle emissioni di gas serra”.
 
Sul turismo sostenibile, comunque, la Sicilia ha intrapreso una strada precisa. L’Isola, infatti, risulta una delle regioni italiane in cui è più diffusa l’Ecolabel Ue, il marchio di qualità ecologica dell’Unione per i servizi di alloggio turistico e campeggi.

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