Omicidio per medico che prescrive farmaci senza analisi - QdS

Omicidio per medico che prescrive farmaci senza analisi

Serena Giovanna Grasso

Omicidio per medico che prescrive farmaci senza analisi

domenica 24 Marzo 2019

Cassazione, sentenza 8086/19: il professionista doveva disporre accertamenti per valutare i rischi di complicanze. La vicenda: la morte di una paziente che aveva ricevuto dal dietologo la somministrazione di una sostanza vietata.

PALERMO – Il medico che prescrive ad una paziente una sostanza altamente tossica, che invece di farla dimagrire ne provoca il decesso, viene condannato per omicidio colposo. Così si è espressa la quarta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza numero 8086, depositata lo scorso 25 febbraio.
 
Al centro della vicenda il caso di un dietologo che ha prescritto alla propria paziente un farmaco a base di fendimetrazina, nonostante diversi decreti ministeriali avessero disposto il divieto di prescrizione e somministrazione. Come se ciò non bastasse, il dietologo aveva anche prescritto farmaci a base di fluoxetina e clorazepato assieme ad altri farmaci ad effetto lassativo e diuretico, omettendo di acquisire le informazioni anamnestiche e di disporre gli accertamenti clinici strumentali necessari per valutare l’opportunità di prescrivere i farmaci in associazione e di valutare i rischi di insorgenza di eventuali complicanze.
 
Il dietologo non aveva minimamente tenuto presente che stava rivolgendo le proprie “cure” ad un soggetto versante in uno stato psico-fisico debilitato per aver perso nei sei mesi precedente 40 chili. Così, i suddetti farmaci hanno provocato il decesso della paziente.
 
Contro la decisione di colpa dei giudici di merito il dietologo aveva presentato ricorso presso la Corte di Cassazione, esponendo in un unico ed articolato motivo le sue ragioni. A suo dire, avrebbe adoperato la dovuta diligenza prescrivendo alla donna una dieta ed esercizio fisico al fine di far perdere peso. Aveva altresì fatto presente alla donna come l’obesità potesse causare malattie molto gravi quali cardiopatie ischemiche, tumori e ipertensioni.
 
Inoltre, la difesa del dietologo precisa che era la stessa perizia ad affermare che la donna non fosse affatto un soggetto in buona salute e che la prospettiva della morte non era per nulla estranea al suo orizzonte temporale nel medio periodo. In più, la difesa aveva eccepito come nel paziente non era stato possibile accertare la presenza di altre patologie occulte che avessero decretato la morte.
 
“La Corte di appello – spiega la sentenza – ha reputato provato con motivazione che la morte della paziente sia stata provocata dall’assunzione prolungata della fendimetrazina, in associazione ad altre sostanze farmacologicamente attive che hanno innescato un processo fatale in una paziente che presentava già fattori di rischio”.
 
Secondo la Cassazione “poiché il nesso causale può ritenersi provato ogni qual volta, sulla base di leggi di copertura possa affermarsi che se il soggetto si fosse astenuto da una data azione quell’evento non si sarebbe verificato, la sentenza di appello rileva come il giudice di primo grado, basandosi su regole di esperienza acquisite in giudizio e fondate su dati scientifici forniti dalla pratica medica, sia pervenuto alla condivisibile convinzione che, se il medico avesse agito con la dovuta diligenza, se cioè non avesse somministrato il trattamento terapeutico l’evento morte non si sarebbe verificato”.
 
Dunque, la Corte di Cassazione conclude condannando il dietologo a due anni di reclusione per omicidio colposo.

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