L’urgenza delle opere non giustifica l’arbitrio - QdS

L’urgenza delle opere non giustifica l’arbitrio

Carlo Alberto Tregua

L’urgenza delle opere non giustifica l’arbitrio

giovedì 18 Febbraio 2010

Lo scandalo della Protezione civile

Lo scandalo della Protezione civile che, per il momento, ha sfiorato Guido Bertolaso, è la risultante di responsabilità del ceto politico che, in questi decenni, non ha trovato la capacità di fare le riforme delle procedure e delle leggi, quella che con una parola si chiama Semplificazione.
Lo scenario dei servizi pubblici e degli appalti è il seguente: da un canto norme e procedure, volutamente complicate e farraginose – compresi i processi giudiziari civili, penali e amministrativi – che fanno tardare l’emissione di provvedimenti, anche quelli urgenti e le sentenze definitive; dall’altro l’esigenza di realizzare opere pubbliche e di facilitare il rilascio di autorizzazioni, concessioni e provvedimenti amministrativi perché le necessità dei cittadini devono prevalere sulle disfunzioni.
Cos’ha pensato un ceto politico asfittico e incapace? Di creare una legislazione di emergenza la quale è poggiata su ordinanze in deroga.

Ora, è del tutto evidente che i provvedimenti in deroga hanno il requisito dell’eccezionalità, perché essi non sono soggetti a vigilanza e controllo e, nel caso degli appalti pubblici, neanche alla comunicazione all’Osservatorio degli Appalti pubblici. Il presidente della Repubblica emerito, Francesco Cossiga, con il suo sottile umorismo, ha definito le ordinanze in deroga “come atti che possono derogare a tutto tranne trasformare un uomo in donna”.
è vero che con ordinanze eccezionali in deroga si è risolto, almeno sembra, il problema della spazzatura a Napoli. è vero che con le ordinanze eccezionali in deroga il Governo ha dato una risposta pronta e soddisfacente (almeno per il momento) ai terremotati d’Abruzzo. Ma questi due interventi vengono considerati quasi miracolosi (e forse lo sono in questo marasma istituzionale) mentre dovrebbero essere comportamenti di ordinaria amministrazione.
Se l’ordinaria amministrazione fosse diffusa nel nostro Paese, a livello di Regioni ed Enti locali, non ci sarebbe bisogno del Cavaliere Bianco, nè di Bertolaso, nè di altri come lui.

 
 Quali sono i vulnus della legislazione d’emergenza e delle ordinanze in deroga? Primo, nessuno controlla la congruità dei prezzi per le opere eseguite e per i servizi richiesti. Sembra che alla Maddalena, per ristrutturare gli ambienti che dovevano ospitare il G8 siano stati spesi oltri 3.500 euro a metro quadrato, quando è noto che ne bastano appena 1.500. Gli altri denari a chi sono andati?
Secondo, le ordinanze eccezionali in deroga affidano gli appalti spesso ad amici e parenti, perché tanto nessuno controlla, con lo stesso risultato di maggiorare fortemente la spesa.
Terzo, la Corte dei conti interviene ex post, ma in un tempo talmente differito per cui nessuno se ne preoccupa. Nè il Tar ha la facoltà di tagliare le ordinanze stesse.
Se è vero, dunque, che i problemi di Campania e Abruzzo sono stati risolti in tempi brevi, nessuno sa se le spese siano state maggiorate di molte volte, ed è proprio quello che l’inchiesta aperta dal Procuratore capo di Firenze, il messinese Rosario Lupo, sta cercando di mettere a nudo.

La tempestività nel risolvere le emergenze non può giustificare la violazione dei principi di concorrenza e di trasparenza, nonché l’articolo 97 della Costituzione, secondo cui vanno assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Meno che mai può essere motivata la corruzione.
L’urgenza degli interventi non giustifica l’arbitrio, che può verificarsi in assenza di controlli. Tagliare le procedure non significa utilizzare il denaro dei contribuenti come se fosse il proprio, nè calpestare l’interesse generale a favore di quello personale.
I recenti episodi del consigliere comunale di Milano, tale Camillo Pennisi (Pdl), preso con la mazzetta in mano, e l’arresto del presidente della Provincia di Vercelli, Renzo Masoero (An), accusato di aver chiesto tangenti, sono la punta dell’iceberg della corruzione, ancora esistente, nel ceto politico. In quel ceto che dovrebbe controllare quello burocratico. Ambedue i ceti dovrebbero contrastare quegli imprenditori disonesti che della concussione fanno il loro mestiere. Sembra un circolo vizioso ma la soluzione c’è: ritornare a Etica e Valori.

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