Qualcuno dovrebbe spiegare come una città sul mare, priva di importanti industrie, con una densità di auto e di caldaie da riscaldamento non diversa da quella di altri capoluoghi siciliani, possa avere tali tassi di smog. Sarebbe spiegazione logica desumere che essi derivino dai fumi del petrolchimico di Priolo-Melilli-Augusta. Ma se là non ci sono PM10, come possono trasferirsi a Siracusa?
Vi è un’altra anomalia: riguarda le centraline di rilevamento poste all’interno del petrolchimico, il cui controllo viene effettuato dal Consorzio delle stesse imprese. Come dire: i controllati fanno anche i controllori.
Quella che precede è materia oscura sulla quale gli assessorati regionali all’Ambiente, alle Attività produttive e all’Energia farebbero bene ad accendere i fari del controllo, ma sarebbe anche bene che la Procura della Repubblica di Siracusa, guidata dall’ottimo Ugo Rossi, aprisse un’indagine per dare una risposta agli interrogativi che i cittadini si pongono e a cui, più volte, noi abbiamo dato voce. Continueremo a farlo, fino a quando non verranno chiare e inoppugnabili risposte su una situazione apparentemente non spiegabile, ma le cui spiegazioni ci sono. Eccome!
Il ministro allo Sviluppo economico, con suo decreto del 25 gennaio scorso, ha stabilito che i carburanti per autotrazione devono partire da una materia vegetale non inferiore al 3,5%. Per poi aumentare al 4% nel 2011 e al 4,5% nel 2012. Ma, attenzione. Tale decreto induce a pensare che se un impianto di raffinazione portasse al 10 o al 15% la materia vegetale sul prodotto finito, nessuno se ne lamenterebbe. E così è. Anzi, potrebbe essere un plauso, perché più aumenta la parte vegetale su quella fossile e più diminuisce l’inquinamento.
Peraltro, è noto come in Sicilia vi siano quattromila chilometri quadrati di terreni incolti, anche se in parte posizionati in zone orograficamente difficili. Vi è altrettanta superficie con produzioni non redditizie o, in alcuni casi, soggette all’espianto finanziato dall’Unione europea, come nel caso delle viti.
Con la disoccupazione nel settore agricolo, con la lamentazione giornaliera degli agricoltori, con 28 mila forestali inutili che vengono stipendiati sotto forma di ammortizzatore sociale, un piano regionale per prodotti vegetali destinati ai carburanti, sarebbe un toccasana su cui investire un miliardo di euro. Tenuto conto che tale ammontare mette in moto da dieci a ventimila posti di lavoro, ecco come una tale iniziativa darebbe un bel taglio ai lavori parassitari e alla disoccupazione.
Inoltre, l’immissione di prodotti vegetali nel carburante abbasserebbe in modo proporzionale l’inquinamento, con un iniziale sollievo per le popolazioni e in linea con le direttive europee. Così si evita l’eventuale apertura di una procedura d’infrazione.
Non è più tempo di cincischiare, ma di porre mano a progetti strategici di alto profilo, che abbiano ricadute per l’economia e per il lavoro produttivo di richezza. Occuparsi delle minuzie di tutti i giorni è un modo scriteriato per fare perdere consenso al Governo Lombardo.