Le sfide della green economy per un vero sviluppo sostenibile - QdS

Le sfide della green economy per un vero sviluppo sostenibile

Luca Salici

Le sfide della green economy per un vero sviluppo sostenibile

giovedì 25 Febbraio 2010

Cresce il divario tra la Sicilia e le regioni del Nord. Puntare tutto sulla qualità e sugli investimenti verdi. Le proposte di Legambiente ai governatori per combattere la crisi

PALERMO – “Le Regioni hanno responsabilità enormi per disegnare la qualità dello sviluppo nei territori per uscire dalla crisi”. Da questo assunto partono le proposte di Legambiente per una vera promozione della green econonomy, sinonimo di sviluppo pulito e sostenibile. Tante le sfide ambientali che la Regione Sicilia deve affrontare per modernizzarsi, per non perdere terreno rispetto alle Regioni del Nord Italia, per creare nuovi posti di lavoro in settori strategici, puntando tutto sulla qualità.
“Le Regioni hanno la responsabilità di trovare le risposte più efficaci per uscire da questa situazione – dichiara Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, durante la presentazione del Rapporto Ambiente Italia 2010 -. La sfida che proponiamo è quella di cogliere le opportunità che la crisi climatica e la crisi economica ci propongono, dimostrando l’esaurimento del vecchio modello di sviluppo e la necessità di fare della Green economy il punto di forza per rilanciare il Paese”. Questo il piano d’azione ideato dall’associazione ambientalista, settore per settore:

Energia
Il nostro Paese dovrà produrre da fonti rinnovabili il 17% rispetto ai propri consumi entro il 2020. Ancora siamo fermi al 5,2%. In Sicilia, che produce più energia rispetto al suo fabbisogno, negli ultimi anni c’è stata una maggiore crescita grazie a eolico e solare fotovoltaico.
Bisogna trasformare l’obbligo in un’opportunità di cambiamento in positivo, spingendo solare fotovoltaico e termico, eolico e biomasse, mini-idroelettrico e geotermia. Innovando così e creando nuovi posti di lavoro in ogni territorio, a seconda delle vocazioni e delle risorse naturali presenti.

Trasporti
Far crescere, nei prossimi 5 anni, la quota di pendolari che usano il treno in Italia, attraverso risorse e politiche attente: parco rotabile rinnovato, nuovi treni, maggiori finanziamenti per rafforzare i servizi, priorità agli investimenti infrastrutturali nelle città. In tutta la Penisola ci sono 14 milioni di pendolari che si muovono verso le grandi città, solo 2 milioni e 640 mila utilizzano il treno. Ciò accade poiché i treni pendolari sono ritenuti inaffidabili, vecchi e in ritardo. Le Regioni, alle quali spetta definire il contratto di servizio con i gestori dei treni e individuare i capitoli di spesa nel proprio bilancio per migliorare i servizi, dovrebbero investire maggiormente nel settore.

Rifiuti
Promuovere una filiera virtuosa nella gestione dei rifiuti: attivando la raccolta differenziata porta a porta in tutti i comuni, aumentando il costo di smaltimento in discarica con l’ecotassa regionale e prevedendo sconti per i comuni più virtuosi, realizzando l’intera filiera di impianti per il recupero e riciclaggio.

Acqua
Le Regioni hanno un ruolo di primo piano nella tutela delle risorse idriche attraverso i Piani di tutela delle acque (Pta), per definire obiettivi di qualità per i diversi corpi idrici e prevedere misure atte a raggiungerli entro il 2015. La sfida consiste nel riammodernare gli acquedotti, le reti di distribuzione, le fognature e i depuratori. Ma anche nel completare e adeguare il sistema di tariffazione per scoraggiare i consumi, e promuovere il riutilizzo delle acque reflue depurate.

Cave
Altro tasto dolente delle politiche ambientali nazionali e regionali. In Italia ci sono circa 6 mila cave attive e oltre 10 mila abbandonate. In Sicilia manca ancora il Piano delle attività estrattive, come in buona parte delle regioni del Sud. In questa maniera le organizzazioni criminali dedite all’ecomafia continuano indisturbati alle loro attività illecite. Mentre chi cava realizza grossi guadagni, i canoni di concessione continuano ad essere irrisori.
La sfida consiste nel completare il quadro delle regole e aumentare il controllo, adeguando i canoni di concessione ai modelli europei: per esempio con canoni di concessione pari a quelli inglesi (20% del prezzo di vendita) si avrebbero nuove entrate per 570 milioni di euro ogni anno. E puntare al recupero degli inerti attraverso la creazione di filiere virtuose gestite dalla stesse imprese edili.

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