Biodiesel, la ricchezza respinta - QdS

Biodiesel, la ricchezza respinta

Rosario Battiato

Biodiesel, la ricchezza respinta

giovedì 25 Febbraio 2010

Energia. Liberarsi dal petrolio nell’Isola delle raffinerie.
Il presente. Un decreto del ministro per lo Sviluppo economico, Scajola, ha fissato al 3,5% la quota minima di carburante vegetale da miscelare in quello raffinato da prodotto fossile.
Il futuro. La quota è destinata a salire, seguendo le direttive europee, allo scopo di inquinare di meno. Nulla proibisce alla Regione siciliana di innalzare questa quota. Ma nessuno si muove.

PALERMO – La corsa ai biocarburanti non passa ancora dalla Sicilia. Nonostante un’ampia superficie agricola e la presenza di diverse raffinerie che potrebbero essere convertite, la Regione non sembra ancora avere una visione ad ampio raggio per l’incentivazione della filiera. E mentre la politica si rifugia dietro il Pears (Piano energetico ambientale regionale siciliano), gli ambientalisti ne denunciano la pochezza in termini di programmazione e incentivazione.
Intanto i problemi ambientali incombono sull’Isola e le misure richieste dall’Unione per l’integrazione dei bio carburanti nei distributori italiani sono sempre più esigenti. Perché l’isola non punta su un settore così appetibile, adesso che potrebbe sfruttare l’importante know how delle raffinerie e un mercato in assoluta ascesa?
 
La green economy è ormai un passaggio imprescindibile per comporre il quadro energetico dell’immediato futuro. Ma non parliamo solo di energia verde, in quanto tra le misure che l’Italia dovrà prevedere in termini di produzione elettrica da Fonti di energia rinnovabili, esiste un valore importante  da colmare in termini di percentuale di biocarburante che dovrà passare da 0,2 a 2,55 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). La quota di carburante ecologico che dovrà essere miscelata nei distributori italiani sarà in progressivo aumento, 4% al 2011 e 4,5% al 2012, e proprio su questo punto la Sicilia non può perdere il treno – economico ed ambientale – vista anche l’alta mole di produzione di carburanti che deriva dal lavoro delle raffinerie isolane.
La linea della Regione sembra invece molto cauta e anziché puntare al superamento della quota prevista dal governo pare ci si voglia limitare a quanto previsto nel Pears (Piano energetico ambientale regionale siciliano), che peraltro, secondo gli ambientalisti, appare vago e confuso su questo punto.
Attualmente ci sono nella penisola 13 impianti di produzione di biodiesel (2.457.194 tonnellate annuali),  di cui buona parte al Nord e specialmente in Lombardia, mentre la Sicilia dovrà attendere il 2011 per l’apertura dell’Ecoil srl a Priolo che ne produrrà 200 mila tonnellate. Questa quota dovrebbe servire a coprire la quota obbligatoria per la Sicilia di biocarburante miscelato al gasolio distillato che sarà di 160 mila tonnellate per il 2010, mentre ci vorranno 400 kton a partire dal 2011 per l’area del triangolo industriale.
Altra realtà isolana di produzione di eco carburanti si trova a Trapani e si tratta dell’Industria meridionale alcolici che produce bioetanolo. Tuttavia stiamo parlando di un mercato che in progressione potrebbe crescere esponenzialmente visto il ritmo forzato imposto dalla legge. Infatti una previsione di Assocostieri fa passare la domanda di biocarburanti da 40 (2000) a 5190 (2020) migliaia di metri cubi mentre la benzina auto passerà da 22740 (2000) a 9.250 (2020) migliaia di metri cubi. L’Unione europea prevede che per il 2020 ci sia un incremento dell’utilizzo dei biocarburanti nei trasporti con una quota minima obbligatoria del 10% dei consumi totali. Un ragionamento lungimirante porterebbe l’azione politica del governo regionale al potenziamento della produzione di eco carburanti, dal momento che nell’Isola permane una vasta quantità di terreno agricolo – secondo un’inchiesta del Qds sarebbero 4 mila chilometri quadrati di terreno incolto o con produzioni poco remunerative – e per la contemporanea presenza delle raffinerie, che in quest’ottica potrebbero essere riconvertite puntando al superamento persino degli standard imposti dalla legge nazionale. L’isola inoltre è la terza produttrice nazionale di petrolio raggiungendo 530 mila tonnellate nel 2008.  Ma una prospettiva del genere sembra essere accolta abbastanza freddamente alla Regione.
“Sul tema degli eco carburanti – ha spiegato Titti Bufardeci, assessore regionale alle risorse agricole – la linea della Regione è specificata nel Pears. Da questo punto di vista non sono neanche molto concorde nel destinare tutti i terreni incolti per incentivare la filiera dei biocarburanti”. La Regione in sostanza si propone come una “cabina di regia”, ha specificato l’assessore, per la gestione di un piano complessivo che prenda in esame lo sviluppo dell’intero comparto della green energy secondo i dettami previsti nel Piano. Ma sarà sufficiente?
Secondo Legambiente assolutamente no. “Sul piano delle attività di coordinamento – ha esplicitato Enzo Parisi, Legambiente Sicilia – non pare che ci sia da parte della Regione una grande attività in termini di programmazione”. La ricetta di Legambiente è semplice ed efficace allo stesso tempo. “Per produrre quantità di eco carburanti occorre una distribuzione di suoli molto ampia, e mettendo in coltivazione queste aree si evita sia che queste aree franino sia che si desertifichi il territorio”. Il problema, sottolineano dall’associazione, è che il piano non può essere sufficiente perché non dice né in che modo né con quali mezzi bisognerebbe lavorare per incentivare la filiera.
 

 
Legambiente. “Basterebbe riconvertire una sola raffineria”
 
PALERMO – L’idea della conversione delle raffinerie inquinanti in industrie per la produzione di eco carburanti sembra un’utile strada da percorrere per Legambiente, anche se bisogna prestare attenzione ad alcuni passaggi. “È vero che abbiamo una grande disponibilità di aree – ha spiegato Parisi, Legambiente Sicilia – ma è anche vero che bisogna stare attenti a cosa piantiamo perché le specie allogene comportano la variazione degli ecosistemi. Possiamo invece puntare sulle specie disponibili come il sorgo, che ha un’ottima resa in termini di biocombustibili”. Importante il ruolo strategico delle raffinerie.
“Le raffinerie possono dare – spiegano da Legambiente – il know how, ma non è la stessa cosa in quanto diventerebbe più simile ad una fabbrichetta, somiglia molto più al frantoio. Per l’idea della riconversione basterebbe la più piccola delle raffinerie isolane, che ha una capacità produttiva esorbitante rispetto a quello che può essere nei prossimi decenni una produzione di biocombustibili”.

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