Qualità dell’aria, Piano tartaruga - QdS

Qualità dell’aria, Piano tartaruga

Rosario Battiato

Qualità dell’aria, Piano tartaruga

martedì 09 Marzo 2010

Ambiente. La qualità dell’aria e il Piano che non c’è.
La scadenza. La Sicilia è tra le Regioni italiane contro cui potrebbe scattare da un momento all’altro la procedura d’infrazione europea per gli alti livelli di inquinamento urbano senza soluzione di continuità.
La causa. Da otto anni l’amministrazione regionale sa di dovere redigere il piano sulla qualità dell’aria. Da mesi è definito “quasi pronto” dall’assessore all’Ambiente di turno, ma non viene presentato.

PALERMO –  – L’aria delle città siciliane si fa sempre più buia di smog. Entro pochi giorni Roberto Di Mauro, l’assessore regionale all’Ambiente, deve firmare un decreto che inizia a rimettere ordine nel sistema, ma intanto i polmoni siciliani continuano ad avvelenarsi. Tuttavia la Regione sembra attardarsi non solo sull’applicazione della normativa europea, prevista già per il 2005, ma anche sulle altre forme di sostenibilità urbana come l’utilizzo dei biocarburanti, un settore che promette sostenibilità ambientale e prospettive economiche. Neanche il Piano Energetico viene in aiuto su questo punto, in quanto, secondo associazioni ambientaliste ed autorevoli esperti del settore, appare già “vecchio e antiquato”. Intanto il 2010 si è aperto con altre performance negative delle realtà isolane.
 
Ad inizio mese la Regione siciliana, tramite Roberto Di Mauro, assessore regionale all’Ambiente, ha annunciato la “corsa” per mettersi in regola con la normativa comunitaria in termini della qualità dell’aria. Si tratta in realtà di un inseguimento, visto che tale operazione avrebbe dovuto conoscere il suo inizio nel lontano 2002 in quanto la prima scadenza dall’Unione era stata fissata per il 2005, invece l’isola ha cominciato il suo iter solo nel 2007.
Tuttavia il problema dell’inquinamento cittadino siciliano presenta incroci pericolosi che non possono soltanto riferirsi all’assenza di una legislazione adeguata e di un monitoraggio più rigido, ma anche alla contemporanea presenza del ben noto inquinamento industriale e dell’affollatissimo parco automobilistico che non trova adeguata corrispondenza in un servizio pubblico efficiente. Ad esempio, a Palermo un cittadino prende il bus in media una volta la settimana, mentre a Roma due volte al giorno.
In termini di superamento dei valori limite in città il 2009 non si è affatto chiuso bene. Siracusa ha fatto registrare 146 giorni di sforamento, anche se altri dati non accettati dal Comune aretuseo parlano addirittura di 302 giorni, Palermo 48 superamenti e Catania quota 33. Il 2010 non sembra affatto aprirsi meglio. Siracusa, già città leader d’Italia nel 2008 con 321 superamenti, finora ha fatto registrare ben 26 superamenti.
Tra il 19 e il 21 febbraio il Treno Verde in viaggio per l’Italia è stato di passaggio a Messina dove ha monitorato per 72 ore, tramite il laboratorio mobile di Rfi (Rete ferroviaria italiana), in via La Farina 72, angolo via Attilio Regolo, l’aria della città dello Stretto, facendo registrare un risultato avvilente: due giorni su tre di superamento, escluso solo il festivo, e valori che, drogati dal traffico pesante del primo giorno di monitoraggio, hanno fatto registrare 107 mg/m3, ossia più del doppio del limite di tolleranza che è di 50 mg/m3 previsto dal DM 60 del 2/4/2002. Da giugno auto e camion pagheranno un ecopass per attraversare lo Stretto.
Del resto, il bilancio complessivo della vivibilità nelle città siciliane è stato impietosamente fotografato in anni di rapporti di Legambiente e proprio l’ultimo “Ecosistema Urbano” segnala Palermo, “mediocre in tutti i settori”, e Catania, “ultima assoluta tra le grandi città”. Ma è una crisi generalizzata del sistema urbano siciliano perché i 9 comuni capoluogo si sono trovano tutti tra le ultime 20 città della classifica stilata dall’associazione ambientalista.
La provincia etnea esibisce dei dati preoccupanti nel settore del trasporto pubblico, passeggeri (pass/ab/anno) pari a 80 contro una media nazionale di 215, e un tasso di motorizzazione (auto/100ab) pari a 70 contro 63 della media nazionale con una qualità ambientale del parco auto (percentuale su auto euro 3 e 4) pari al 36% contro il 51% della media nazionale. Logica conseguenza di questi dati sono il consumo di carburante (kep/ab) pari a 481 contro 410 della media italiana e valori di PM10 che viaggiano appena al limite a quelli consentiti dalla legge. In questo stato si evidenzia come il numero di centraline, cioè degli apparecchi deputati alla vigilanza sul superamento dei valori limite consentiti per legge, sono in numero misero nelle città siciliane rispetto ai centri di altre realtà. Per Trapani, Enna e Ragusa non ci sono centraline rilevate dall’Istat, mentre le altre città isolane hanno valori non troppo incoraggianti: Palermo, 1,4 centraline per 100 mila abitanti; Messina, 2 centraline per 100mila ab.; Catania, 4,3 centraline per 100mila ab.; Agrigento, 5,1 per 100mila ab.; Caltanissetta, 5 per 100mila ab.; Siracusa, 4,9 per 100mila ab.; Risultati ben miseri se confrontati con Mantova (10,5), La Spezia (9,5), e Aosta (11,5).
E la Regione interviene in ritardo, nonostante da tempo ha gli strumenti per poter agire sia sui grandi inquinatori – petrolchimici, raffinerie e centrali termoelettriche – che sulla sostenibilità urbana. “La Regione ha molti strumenti – ha spiegato Enzo Parisi di Legambiente Sicilia – a partire dal piano della qualità dell’aria che non solo pone dei vincoli alla qualità dell’aria e delle emissioni, ma può richiedere anche un miglioramento delle prestazioni ambientali”.

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