Lombardo, bilancio lacrime e sangue - QdS

Lombardo, bilancio lacrime e sangue

Carlo Alberto Tregua

Lombardo, bilancio lacrime e sangue

sabato 20 Marzo 2010

Tagliare le spese per investire

Il presidente dei siciliani ha dichiarato , parafrasando una celebre frase di Winston Churchill, che “il bilancio 2010 sarà lacrime e sangue”. Una dichiarazione molto impegnativa. Significa un progetto di bilancio che taglia fortemente la spesa corrente e, noi aggiungiamo, la parte cattiva, cioè gli sprechi e le spese parassitarie.
Non è impossibile, su un bilancio teorico di circa 27 miliardi, tagliarne 2 o 3. Non ripeteremo, per non annoiare gli affezionati lettori, l’elenco dei tagli. Ne ricordiamo quattro: a) trasformare le Province in Consorzi di Comuni, ai sensi dell’art. 15 dello Statuto autonomo, con un taglio di 1 miliardo e 100 milioni; b) riportare la spesa per i farmaci alla media nazionale, con un taglio di 500 milioni; c) dimezzare la spesa per la formazione, con un taglio di 125 milioni; d) annullare la famigerata tabella “H”, con un taglio di 100 milioni. Oltre al taglio del costo della politica (consiglieri e assessori locali, auto blu, consulenti, indennità e stipendi ai deputati dell’Ars e così via), con un risparmio di 300 milioni.

È evidente che siamo tutti d’accordo quando le lacrime e il sangue sono degli altri, mentre cominciamo a strepitare quando sono nostri. La difficoltà di un’operazione di questo genere sta proprio nell’avere il coraggio di scontentare le categorie privilegiate, che hanno lucrato sul denaro pubblico per arricchirsi personalmente.
Il che può voler dire anche perdita di consenso elettorale. Ma il Governo e la maggioranza non devono essere timorosi, se in contrapposizione realizzano progetti di alto profilo sui quali  gli astensionisti daranno il loro consenso.
Ormai la scelta è inequivocabile: scontentare i clientes, negando i favori privati o servire la collettività con un miglioramento sensibile di strutture e servizi pubblici.
Per ottenere questo risultato è indispensabile la riforma della Pubblica amministrazione, recependo immediatamente tutta la legislazione prodotta da Brunetta, in particolare, l’ultima versione del Cad (Codice dell’amministrazione digitale).

 
Sacrificando corporazioni e clientes e risparmiando i 2 o 3 miliardi cui prima si accennava, il Governo può fare un piano di infrastrutture regionali insieme ai parchi-progetto degli Enti locali. Da precisare che tali parchi-progetto devono essere cantierabili e non avere la forma di inutili intenzioni.
Attraverso l’apertura di centinaia di cantieri in tutta l’Isola, si possono mettere in moto decine di migliaia di posti di lavoro e dare così una risposta concreta e immediata alla richiesta di occupazione. Si può anche dare una risposta concreta ai precari della Pubblica amministrazione, ai dipendenti della SicilFiat, ai forestali e a tanti altri che finalmente, dopo opportuna riqualificazione professionale, possono fare un lavoro produttivo e non parassitario, come oggi. Il quadro è chiaro, l’indirizzo è preciso. Nessuno cerchi scuse, perché quanto precede è cristallino.

La chiave per realizzare le cose che precedono sta in una serie di procedure semplici e agevolate dalle burocrazie regionale e locali, che devono assistere con forte collaborazione tutte le imprese destinate alla realizzazione di opere. Il ceto politico deve intervenire con rigore e tempestività sui direttori generali dei dipartimenti quando questi non ottemperano al loro preciso obbligo di rilasciare le autorizzazioni in tempo reale, da contarsi in giorni e non più in mesi o anni.
L’azione della Pubblica amministrazione deve essere supportata dalla informatizzazione generale, in modo che i rapporti vengano gestiti esclusivamente per via telematica, cosicché ne resti traccia e si sconfigga l’estesa corruzione consistente nei favori di chi li chiede e di chi li concede: un comportamente incivile da colpire con l’esecrazione dell’opinione pubblica.
Lacrime e sangue sì, ma finalizzati all’obiettivo di fare crescere il Pil della Sicilia. Ora, non fra dieci anni. L’attuale classe dirigente siciliana dev’essere consapevole della propria responsabilità, in modo da non far ricadere le proprie colpe sulle successive generazioni.

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