Ridurre il più possibile la spesa corrente - QdS

Ridurre il più possibile la spesa corrente

Raffaella Pessina

Ridurre il più possibile la spesa corrente

venerdì 26 Marzo 2010

Forum con Michele Cimino, vice presidente Regione siciliana e assessore all’Economia

PALERMO – Il bilancio della Regione siciliana presenta diversi punti critici. Come pensa di risolverli?
“Molte di queste problematiche nascono dalla mancata attuazione del rapporto tra Stato e Regione e quindi della piena applicazione dello Statuto.
Ad esempio, nell’art 33 dello Statuto è scritto che alla Regione spettano i beni dello Stato e che lo Stato non utilizza per ragioni di sicurezza. Oltre ai palazzi d’Orleans e dei Normanni, sedi di Presidenza della Regione e dell’Assemblea regionale siciliana, mi riferisco a tutte le carceri abbandonate in Sicilia senza essere riutilizzate e convertite. E così anche alle Capitanerie di porto, i caselli ferroviari, diverse strutture, insomma, che nel nostro territorio non sono state inserite in alcun piano di valorizzazione e invece per Statuto questi beni dovrebbero essere introitati ipso facto nei conti della Regione siciliana.
Oggi questi beni, che ieri valevano zero, nella volontà di fare riconversione, piani energetici, di dare in gestione ai privati per il rilancio del settore turistico e commerciale avrebbero ben altro valore. La commissione paritetica invece sta ancora dibattendo su quali beni devono essere dati alla Regione rispetto ai beni che lo Stato trattiene a sé”.
Ma il Governo si pone la questione di come affrontare dal punto di vista costituzionale ed anche europeo tutte queste controversie?
“La Corte Europea può sicuramente intervenire anche per far rispettare gli articoli dello Statuto. Ma di fatto c’è bisogno di un gruppo di persone che facciano politica per servire la Sicilia e per servire anche lo Statuto della nostra Regione. Perché se questo nostro Statuto lo avesse avuto la Lombardia, con la Lega Nord, in Italia a quest’ora la Lombardia sarebbe stata indipendente e non si sarebbe parlato di federalismo fiscale. Ci vuole una classe politica forte, determinata e preparata. Le norme dello Statuto sono chiare e se attuate possono determinare grandi risultati. Oggi qualsiasi norma di attuazione del nostro Statuto, con il clima che c’è, rischia di non portare i  risultati sperati”.
Come state affrontando questo contenzioso con lo Stato dal punto di vista politico e da quello giuridico?
“Sulle politiche del bilancio vogliamo chiarezza e determinazione per definire finalmente la partita. Anche deferendo, dove necessario e possibile alla Corte Europea. Perché noi abbiamo le carte in regola. L’obiettivo è quello di rendere il nostro bilancio trasparente per dare risposte sul nostro territorio, nel medio periodo, su quanto spetta alla Sicilia. Così andiamo a determinare che il bilancio della Regione ha una politica delle entrate serena, soprattutto per quanto riguarda la possibilità che le aziende che producono in Sicilia debbano realmente pagare le tasse nell’Isola e non una tantum, come per esempio è avvenuto in passato con il Banco di Sicilia. Questa determinazione sulla situazione di bilancio è possibile grazie al fatto che l’assessorato all’Economia abbraccia competenze diverse rispetto a prima. Oggi, abbiamo la possibilità di ridurre il più possibile la spesa corrente, e in più, abbracciando con l’econonomia anche la gestione dei  Fas e la gestione della programmazione economica, si può di fatto dare aperture al territorio offrendo alcune iniziative che oggi possono trovare la convergenza della politica senza intestarsi nuove spese correnti. Questo avveniva in passato, con assunzioni clientelari o con finanziamenti ad associazioni. Dobbiamo prendere come esempio la politica tedesca, perché la Germania ha sempre individuato il proprio sviluppo sulla spesa in conto capitale, ed è stata l’unica che ha saputo determinare di fatto, una situazione di livellamento tra la Germania Est e Ovest, per storia e sentimento, una occidentale e l’altra sovietica, cosa che in Italia, si può identificare tra Nord e Sud. Invece fino ad oggi, la Sicilia ha copiato le politiche americane che si sono rivelate fallimentari per certi settori: precariato, personale, mobilità del lavoro”.
 


Per sfruttare appieno i fondi statali e comunitari servono progetti esecutivi e subito cantierabili

Che cosa sta facendo l’assessorato all’Economia, per far sì che tutte queste risorse arrivino velocemente sul mercato?
“L’obiettivo che abbiamo è quello di creare le macroaree, eliminando la parcellizzazione delle misure, che creano troppi bandi e difficoltà di spesa sul territorio. Il dato importante è quello di spendere subito e bene. Le nostre risorse devono diventare una moltiplicazione di economia ed oggi una grande opportunità ci viene data dai fondi Jessica e Jeremie. I due fondi, permettono di spostare parte di risorse alla chiusura delle agende sia statali che comunitarie, creando un fondo di riserva. Questa possibilità, dà anche la forza di avere una interlocuzione forte con le banche europee (Fei e Bei) per creare maggiore interconnessione tra il nostro territorio e le reti comunitarie. C’è un’idea lanciata più volte da Gianfranco Miccichè e che io condivido, ed è quella di avere progetti esecutivi e immediatamente cantierabili. Oggi la vera rivoluzione è quella della semplificazione burocratica, eliminando molte autorizzazioni e introducendo la semplice Dia. Altro passaggio fondamentale è quello di sostituire negli appalti pubblici la discriminante del prezzo con la discriminante del tempo, chiedendo alle imprese un impegno di realizzazione in termini di tempo. Si andrebbe ad eliminare la cattiva abitudine che c’è in Sicilia di realizzare le opere con forti ritardi, perizie di variante, aumenti di prezzi”.

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