Energia vegetale assente in Sicilia - QdS

Energia vegetale assente in Sicilia

Rosario Battiato

Energia vegetale assente in Sicilia

mercoledì 07 Aprile 2010

Energia. Le fonti sostenibili e la crisi agricola.
Il settore. L’agricoltura siciliana soffre da tempo di una crisi strutturale, oggi amplificata da quella di mercato. Uno sbocco? Destinare parte delle coltivazioni alle produzioni energetiche ambientalmente sostenibili.
La realtà. La Regione siciliana, benché da un anno ha varato il Pears (Piano energetico ambientale siciliano), non ha ancora previsto una visione di sviluppo in direzione vegetale.

PALERMO – Un modesto 22% è il quantitativo regionale di biomassa residuale sfruttato per produzione energetica. I passi in avanti sul fronte delle rinnovabili, fotovoltaico in primis, compiuti dai governi Lombardo non hanno ancora toccato le biomasse, che posizionano la Sicilia nell’ultimo segmento delle regioni d’Italia per produzione di energia elettrica. Intanto l’agricoltura isolana attraversa una delle crisi peggiori della sua storia, ma non sembra orientata ad investire nel settore della green energy che appare  ancora troppo distante e complesso per le modeste dimensioni delle imprese agricole dell’isola. Ma la difficile e irrazionale gestione del settore – che comprende quindi anche passaggi essenziali per la raccolta della biomassa residuale – stenta a far decollare il sistema.
 
Una Sicilia che passa dalle riforme – l’era Lombardo ha partorito diversi passaggi di sistema tra cui il riordino del sistema sanitario e della gestione dei rifiuti oltre che il Pears – non può esimersi dal fare i conti con la crisi di alcuni dei suoi settori tradizionali che faticano ad ingranare nei meccanismi della green energy.
La crisi agricola, comparto essenziale dello sviluppo economico isolano, ha assunto proporzioni addirittura catastrofiche al punto da far invocare all’assessore per le Risorse agricole Titti Bufardeci lo stato di crisi di mercato.
L’agricoltura isolana è sul lastrico, ma fatica a credere di poter reinvestire e puntare nella green energy in pieno decollo economico. Infatti, appena il 22% dei quantitativi residuali di biomassa sono conferite o utilizzate nel settore energetico. In questi casi si parla sempre di difficoltà amministrative, mancanza di programmazione, scarsa volontà di aggregazione delle piccole imprese, mancanza di un’ottica di lungo periodo.
A livello nazionale il ministro dimissionario per le Politiche agricole Luca Zaia – in procinto di passare alla guida della Regione Veneto come successore di Galan – ha firmato lo scorso 1 aprile la circolare che definisce le modalità di tracciabilità provvisoria e i requisiti per la tracciabilità a regime degli oli vegetali puri per la produzione di energia elettrica, al fine dell’erogazione della tariffa onnicomprensiva di 0,28 euro a kWh.
Intanto, la Sicilia sta affrontando una delle crisi agricole peggiori della sua storia: nell’ultimo triennio la redditività del comparto è crollata di un secco -30%. Eppure, altrove il settore dimostra una sua vitalità grazie anche all’utilizzo energetico che può derivare dagli scarti della produzione agroalimentare. Nell’Isola, invece, permangono ancora situazioni contraddittorie.
A Enna nella Valle del Dittaino entra in cantiere una centrale a biomasse di potenza pari a 20 MW che sarà realizzata e collegata alla rete elettrica nazionale in 25 mesi e alimentata con il legno di eucalipto. Qualche settimana dopo questo evento promettente il Tar di Palermo ha obbligato la Regione a pagare un risarcimento di 2 milioni di euro (su 20 richiesti, ndr) alla New Energy di Ragusa che ha dovuto attendere ben cinque anni per un’autorizzazione per un impianto di produzione di energia elettrica da biomasse. Al di là dell’esito legale della controversia, i due eventi fanno ben intendere come l’Isola viaggi spesso in due direzioni parallele ed opposte.
Esistono terreni completamente improduttivi e nessuno che voglia tentare una carta vincente come quella della produzione elettrica da biomasse o dei biocarburanti. “Senza dubbio potrebbe essere un’idea applicabile – ha dichiarato l’assessore Titti Bufardeci durante un recente convegno organizzato dai Lions a Catania – ma in questi casi è molto importante fare una pianificazione adeguata”. Se è vero che l’Isola sta provando a guadagnare il terreno perduto dal punto di vista delle fonti rinnovabili sul campo delle biomasse resta ancora drammaticamente indietro nello sfruttamento del suo potenziale.
Uno studio dell’Enea col patrocinio del ministero dello Sviluppo Economico realizzato da Antonio Cioffi attesta come il 78% del quantitativo di biomassa residuale isolano non venga conferito nel settore energetico. Del 22% restante conferito e/o utilizzato per la produzione energetica la parte del leone la fanno i residui di potatura, pari a 304.381 tonnellate (31% del totale), e le sanse pari a 152.703 tonnellate (100% del totale). Eppure, l’Isola avrebbe un potenziale ampissimo da sfruttare.
 
“Dalla rilevazione delle produzioni di biomassa effettuata in Sicilia emerge che il volume di biomassa residuale sfruttabile ai fini energetici, stimata in base ai dati medi del biennio 2006-07, risulta essere pari a circa 2.350.982 tonnellate all’anno, provenienti prevalentemente dalla gestione colturale annua degli impianti arborei (42%) e dalla coltivazione dei cereali (36%)”.
Gli esperti però si dividono. “Non avendo boschi destinati alla produzione di legname – ha spiegato l’eurodeputato e già assessore all’Agricoltura, Giovanni La Via – si innescherebbe un meccanismo che darebbe risultati opposti a quelli da noi desiderati”.

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