Marmi estratti e lavorati nell’Isola, una gamma con 25 prodotti di punta - QdS

Marmi estratti e lavorati nell’Isola, una gamma con 25 prodotti di punta

Giuseppe Bellia

Marmi estratti e lavorati nell’Isola, una gamma con 25 prodotti di punta

martedì 20 Aprile 2010

Dal Perlato di Sicilia all’Avorio venato, alle Brecce di Custonaci, al Rosso fiorito di San Vito, e ancora tante altre varietà. Da Messina: Grigio S. Marco, Grigio Reale S. Marco, Brecciato normanno S. Marco, Rosso S. Marco

PALERMO – Il settore lapideo della Sicilia è divenuto, negli ultimi anni, un comparto sempre più ampio e rilevante nell’ambito dell’export, conquistando progressivamente i mercati internazionali, potendo puntare su una gamma prodotta di ben 25 marmi di punta isolani. Il marmo (una roccia metamorfica composta prevalentemente di carbonato di calcio) estratto e lavorato nell’Isola, è molto richiesto ed apprezzato dai mercati esteri in virtù della resistenza, dell’adattabilità e della compattezza. La realtà produttiva più importante dell’Isola, è senz’altro quella della provincia di Trapani, che costituisce la “punta di diamante” con ben più della metà dei prodotti d’eccellenza d’esportazione siciliani (13). Il principale prodotto dell’industria marmifera trapanese è il “Perlato di Sicilia”, una pregiata varietà di marmo estratta in diversi comuni della provincia e principalmente nella zona di Custonaci. Quest’ultimo si trova, seppur in quantità piccola, all’interno della Basilica di San Pietro a Città del Vaticano e in altri monumenti di notevole importanza artistica. L’estrazione del marmo nella provincia di Trapani, occupa una posizione di rilievo nell’economia dell’intera regione. Dopo Carrara, infatti, questo è il più grosso polo marmifero di tutto il territorio italiano.
Altre tipologie di marmo, estratte sempre localmente, sono l’Avorio venato, le Brecce di Custonaci, il Libeccio, il Rosso fiorito di San Vito, il Perlatino di Sicilia e il Botticino. Segue fra le realtà locali siciliane la provincia di Palermo con cinque prodotti di punta (Rosso Montecitorio, Rosso Kumeta , Verde Kumeta, Grigio Billiemi, Alabastro e quella di Messina con quattro (Grigio S. Marco, Grigio Reale S. Marco, Brecciato normanno S. Marco, Rosso S. Marco).
La classificazione, prevede come parametro le caratteristiche del territorio che ospita la cava, dando vita a due tipologie predominanti, cave di pianura e di monte. Si definiscono cave di pianura quelle in cui tutte le lavorazioni vengono effettuate ad una quota inferiore al livello di campagna. Questa caratteristica implica un problema dovuto alle eventuali acque sotterranee che, infiltrandosi al di sotto della falda freatica, rendono umidi i cantieri; diventano quindi necessarie centrali di pompaggio e sistemi di canali per il loro allontanamento, rimedio decisamente costoso. Le cave aperte a quote collinari o montagnose si definiscono cave di monte e anche queste comportano un problema, la difficoltà del loro raggiungimento infatti richiede la costruzione di strade spesso lunghe e costose a causa del territorio generalmente accidentato. Capita che il costo elevato di tale opera non sia sostenibile da una singola attività di estrazione, si rende quindi necessario organizzare la cava come un bacino di estrazione dove accederanno più imprese.
Nel 2007 l’Italia è passata dal primo al secondo posto tra i fornitori di materiali lapidei in Usa, scavalcata dal Brasile. L’obiettivo è quello di recuperare il terreno perduto e tornare ad attestarsi ai 645 milioni di euro di export del 2006.
 
Genesi complessa e multifattoriale
Il marmo si forma attraverso un processo metamorfico da rocce sedimentarie, che determina una completa ricristallizzazione del carbonato di calcio, di cui sono in gran parte composte e che, danno origine ad un mosaico di cristalli di calcite o di dolomite (minerale). L’azione congiunta della temperatura e della pressione durante la trasformazione della roccia sedimentaria in marmo, porta alla graduale obliterazione delle strutture e tessiture in origine presenti nella roccia, con la conseguente distruzione di qualsiasi fossile, stratificazione o altra struttura sedimentaria presenti nella roccia originaria. Da cosa dipende il colore del marmo? Questo, dipende dalla presenza d’impurità minerali (argilla, limo, sabbia, ossidi di ferro, noduli di selce), esistenti in granuli o in strati all’interno della roccia sedimentaria originaria. Durante il processo metamorfico, tali impurità vengono spostate e ricristallizzate a causa della pressione e del calore. I marmi bianchi, sono esito della metamorfizzazione di rocce calcaree prive d’impurità.

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