Politica comunitaria di cooperazione - QdS

Politica comunitaria di cooperazione

Grazia Ippolito

Politica comunitaria di cooperazione

sabato 01 Maggio 2010

Forum con Vincenzo Scotti, sottosegretario agli Affari esteri

Parliamo delle missioni di pace portate avanti dal nostro Paese. I costi sostenuti per le missioni sono elevati in relazione allo stato attuale dell’economia italiana e al forte debito pubblico? I cittadini italiani, a suo avviso, ne comprendono l’importanza?
“L’Italia, in quanto Paese membro del G8, ha delle responsabilità internazionali che non può disattendere. Dagli obiettivi di pace e di sviluppo promossi dall’Unione europea deriva l’impegno italiano sia nell’area nel Medio oriente (Afghanistan, Libano, Iraq, etc.), che nelle regioni centrali dell’Africa (Somalia e zone limitrofe).
A livello internazionale, è unanime il consenso rispetto al supporto dato dal nostro Paese alle missioni di pace, nonostante la crisi economica e i problemi di finanza pubblica abbiano inciso negativamente sull’ammontare del nostro contributo allo sviluppo. è importante che i cittadini italiani comprendano che la nostra adesione alle missioni di pace è fondamentale, perché finalizzata sia all’intervento umanitario, che allo sviluppo economico della nostra economica e del nostro sistema produttivo”.
Lei parla spesso di cooperazione finalizzata allo sviluppo dei Paesi che vessano in stato di povertà assoluta. In che modo, secondo lei, si possono garantire a questi Paesi condizioni di vita più dignitose?
“Dal 26 al 28 aprile si è svolto ad Halifax, in Canada, il G8 dedicato ai temi della cooperazione e agli obiettivi di sviluppo del millennio, a cui io ho preso parte. L’Italia, negli ultimi anni si è vista costretta a ridurre il proprio contributo allo sviluppo. Nel 2000 il nostro Pese si era assunto, nei confronti dell’Unione europea, l’impegno di contribuire alla crescita dei Pesi sottosviluppati con lo stanziamento dello 0,50% del Pil entro il 2005. Purtroppo, tale obiettivo non è stato raggiunto. Nonostante questo, posso tuttavia affermare che il nostro Paese ha mostrato grande sensibilità nei confronti della lotta alla fame e della lotta alle malattie (Aids e grandi pandemie), promuovendo politiche di sostegno alla maternità e ai diritti dei bambini. Purtroppo il contributo allo sviluppo non può venire solo dallo Stato, occorre fare sistema affinché anche i soggetti privati – soprattutto le imprese – contribuiscano attraverso investimenti, commercio, esportazione della tecnologia, cooperazione scientifica”.
Parliamo delle Ong (organizzazioni non governative). Qual è il loro rapporto con il ministero degli Affari esteri? Come contribuiscono agli obbiettivi di sviluppo promossi dalla Farnesina?
“Sono tantissime le Ong attive sia a livello locale che internazionale. Esse condividono le linee strategiche e le priorità delle operazioni italiane all’estero nell’ambito della cooperazione. Sarebbe opportuno creare una maggiore sinergia, oltre che con le Ong, soprattutto con gli enti locali, in particolare regioni e comuni. Purtroppo, spesso, l’intervento italiano in determinate aree sottosviluppate risulta frammentario e dispersivo: a causa delle mancanza di coordinazione tra lo Stato e gli altri enti territoriali, si investono risorse in tanti piccoli progetti differenti, invece di concentrare le risorse destinandole a pochi grandi progetti. Il ministero degli Affari esteri si sta muovendo in tale direzione, in modo da favorire il coordinamento degli interventi e da stabilire criteri comuni di presenza nei territori stranieri”.
Il Mezzogiorno d’Italia riveste, a suo avviso, un ruolo chiave nello sviluppo dell’area mediterranea?
“Certamente sì. I paesi dell’Europa occidentale cresceranno con un ritmo sempre più lento. I Paesi mediterranei sono invece destinati a crescere in maniera esponenziale e a diventare traino di sviluppo economico per tutto il Vecchio continente. Per questo occorre promuovere politiche di scambio e integrazione con i Paesi mediterranei e favorire, nelle scelte economico-finanziarie, un approccio globale e proiettato al mercato esterno”.
 

 
Sviluppo internazionale, Italia lontana dagli obiettivi da raggiungere entro il 2015
 
Quali sono stati i principali temi del G8 che si è svolto ad Halifax, in Canada?
“Gli Obiettivi di sviluppo del Millennio (MDGs) sono stati al centro del vertice. L’intera comunità internazione è chiamata alla mobilitazione in vista degli obiettivi fissati per il 2015. Particolare attenzione è rivolta al tema della maternità e delle politiche per l’infanzia”.
Qual è stato il contributo dell’Italia al Vertice?
“La Presidenza italiana del G8 ha contribuito a rafforzare la visione “olistica” dello sviluppo. Per promuovere la crescita economica e lo sviluppo sostenibile è fondamentale che i diversi attori facciano la loro parte. Non solo, dunque, i governi sono chiamati a sostenere lo sviluppo, ma anche le amministrazioni locali, le imprese e la società civile”.
Sono previsti, in sede internazionale, altri incontri sull’argomento?
“Nel mese di giugno si svolgerà un nuovo vertice a Muskoka: in quell’occasione anche il nostro Paese dovrà dare il proprio contributo in termini di idee e risorse. Nel mese di settembre si svolgerà un vertice a New York allo scopo di rilanciare gli obbiettivi del millennio, in seguito alla fase di stallo dovuta alla crisi finanziaria internazionale”.
L’Italia è lontana dagli obiettivi fissati per il 2015?
“Purtroppo sì. Attualmente l’Italia contribuisce allo sviluppo internazionale con lo 0,16% del proprio Pil. L’obiettivo prevede il raggiungimento dello 0,70% entro il 2015”.

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