All’Ars deputati “stakanovisti” - QdS

All’Ars deputati “stakanovisti”

Alessandro Petralia

All’Ars deputati “stakanovisti”

sabato 01 Maggio 2010

Due cariche. Deputato pure assessore o sindaco o presidente di Provincia.
Incostituzionale. L.r. n. 29/1951 modificata dalla l.r. n.22/07, che non prevede incompatibilità tra ufficio di deputato e il successivo di sindaco o assessore di Comune con più di 20 mila abitanti.
Già dimessi. Giovanni Ardizzone (Udc) e Fortunato Romano (Mpa), rispettivamente vice sindaco e assessore al comune di Messina, si sono dimessi subito dopo la sentenza della Consulta.

Deputati regionali che sono contemporaneamente sindaci o assessori di Comuni siciliani, all’Assemblea ce ne sono otto, cui si aggiunge un presidente di Provincia, quella di Caltanissetta. Solo due sono in carica da prima del mandato parlamentare, in Comuni con meno di 20 mila abitanti, la legge lo consente.
Ma come fare a presenziare contemporaneamente una seduta di Giunta e una seduta al Parlamento regionale? Ovviamente di volta in volta dovranno rinunciare all’una o all’altra. E sicuramente non è possibile fare avanti e indietro da un comune dall’altra parte della Sicilia. Più in vantaggio coloro che hanno il doppio incarico nella Sicilia occidentale. Ma tutto a scapito di efficienza e imparzialità.
 
Amministrare il bene pubblico in Sicilia? Un duro lavoro, ma qualcuno lo doveva pur fare; è proprio il caso di dire “duro”, a vedere il numero di doppi incarichi assunti dai “poveri” onorevoli siciliani.
Il caso “doppi incarichi” è stato sollevato dalla sentenza n. 143/2010 emanata dalla Corte costituzionale il 23 aprile scorso; sentenza con la quale la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della Legge regionale 20 marzo 1951, n. 29 così come modificata dalla legge regionale 5 dicembre 2007, n. 22. Sentenza che ha fatto chiarezza su una vicenda per troppo tempo ignorata: ricapitoliamola. Nel dicembre 2007 l’Assemblea regionale siciliana approvava la legge n. 22, attuando un colpo di mano istituzionale non irrilevante; intervenendo infatti su una legge antica come la n. 29 del 1951 essa ridisegnava le “Norme in materia di ineleggibilità e di incompatibilità dei deputati regionali”. Veniva abrogata in particolare la preesistente causa di incompatibilità in base alla quale l’ufficio di deputato regionale era incompatibile con la carica di sindaco o assessore di comuni di grandi dimensioni (superiore cioè a 20.000 abitanti) e di presidente o assessore di amministrazione provinciale, facendo così cadere il parallelismo tra ipotesi di ineleggibilità e di incompatibilità. Piccola norma, grande consenso: manco a dirlo, la suddetta legge, proposta nel febbraio dello stesso anno da Nicolò Cristaldi (An), ha un iter molto spedito e viene approvata praticamente all’unanimità (66 deputati votanti: 49 voti favorevoli, 17 astenuti e 0 contrari). Tutti d’accordo dunque; il rinnovato zelo per la res pubblica isolana è trasversale da destra a sinistra.
E così nell’attuale legislatura ecco un Raffaele Nicotra, deputato regionale che dal Maggio 2008, a discapito degli oltre 220 Km che la dividono dal capoluogo siciliano, è anche sindaco di Aci Catena. Oltre a Nicotra (la cui assidua attività parlamentare vede uno zero tondo alla voce disegni di legge, interrogazioni ed interpellanze proposte in prima persona, quota uno per quanto riguarda le mozioni e tre per gli Ordini del giorno), sono molti infatti i deputati regionali “sdoppiati”.
Alcuni, come Giovanni Ardizzone (Udc) e Romano Fortunato (Mpa), rispettivamente vicesindaco ed assessore del comune di Messina, hanno avvertito la necessità di rassegnare dimissioni; altri temporeggiano. Come ad esempio Giuseppe Buzzanca (Pdl), sindaco ancora una volta del comune di Messina, che invece ha dichiarato di non voler lasciare nessuna delle due poltrone; o Salvatore Caputo (Pdl) e Antonino Dina (Udc), anch’essi vicesindaco ed assessore del popoloso comune di Monreale in provincia di Palermo. Clamoroso il caso dell’impegnatissimo Francesco Scoma (Pdl), deputato regionale per la quarta volta ed al contempo vicesindaco di un Comune “piccolo” come quello di Palermo e per di più con una lista di deleghe da vero stakanovista (Turismo, Fund Raising, Rapporti Ue, Progetti Speciali, Polizia Municipale, Traffico e mobilità, Beni confiscati); vero eroe della cura del bene pubblico dunque con una scintillante attività parlamentare che lo vede autore come primo firmatario di un solo ddl e di zero interrogazioni, interpellanze, mozioni o ordini del Giorno. Suo rivale per zelo politico-amministrativo l’autonomista Giuseppe Federico, che alla carica di deputato regionale ha cumulato quella di presidente di una Provincia così poco problematica come quella di Caltanissetta.
Sulla posizione di tutti costoro è calata la scure dell’incostituzionalità; lecito dunque attendersi conseguenze politiche. Da non dimenticare tuttavia anche quei deputati il cui status non è dichiarato incostituzionale sol perché sindaci o assessori di Comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti; è il caso di Giuseppe Laccoto (Pd), assessore del comune di Brolo, Giovanni Panepinto (Pd), sindaco del Comune di Bivona, e Gaspare Vitrano (Pd), assessore del comune di Sciara. Forse che chi abita in un piccolo paese ha meno diritto ad amministratori presenti ed attenti alle problematiche del proprio territorio?



Parlamento siciliano. Si attende la commissione Verfica poteri
 
La sentenza della Corte costituzionale è stata trasmessa all’Assemblea regionale siciliana, presso la quale vigila sulla regolarità delle elezioni la Commissione per la verifica dei poteri. La Commissione è presieduta dal presidente dell’Ars, Francesco Cascio, che ha scelto gli altri componenti in rappresentanza di ciascun gruppo parlamentare: Antonino D’Asero , Baldassare Gucciardi, Giuseppe Laccoto (attuale assessore al comune di Brolo e deputato regionale), Rudi Maira,  Filippo Panarello e Vincenzo Vinciullo. Vice presidenti Giuseppe Arena e Salvatore Termine, segretario Alberto Campagna.
Si legge al quarto comma dell’articolo 61 del regolamento dell’Assemblea che “ I ricorsi ed i reclami presentati nel corso della legislatura sono decisi dalla Commissione entro un anno dalla data di presentazione”. Se così fosse pure per la sentenza della Corte, a buon ragione i deputati invece di dimettersi dal secondo incarico, anche se il dovere morale lo imporrebbe, aspettano.

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