Il disastro nel Golfo del Messico spaventa le coste della Sicilia - QdS

Il disastro nel Golfo del Messico spaventa le coste della Sicilia

Rosario Battiato

Il disastro nel Golfo del Messico spaventa le coste della Sicilia

giovedì 06 Maggio 2010

Secondo il Wwf le popolazioni sarebbero completamente impreparate in caso di incidente rilevante. Rimessa in discussione, soprattutto, la sicurezza lungo le aree industriali

PALERMO – La Shell, già protagonista in tandem con la Erg nell’affare del rigassificatore di Priolo-Melilli, lancia l’ennesima sfida all’ambiente siciliano. Nei giorni scorsi infatti Marco Brun, ad italiano del gruppo, ha spiegato che, se le ricerche fossero confermate, al largo delle isole Egadi si troverebbe il più grande giacimento italiano di greggio, in grado di far estrarre qualcosa come 150 mila barili al giorno. Un dato che supera persino le perfomance di Val D’Agri in Basilicata, attualmente il più rilevante giacimento della penisola, e che aumenterebbe quindi la quota di olio greggio, intorno al 10% del totale nazionale, che la Sicilia produce.
I problemi restano però tutti irrisolti. A partire dalle royalties: perché se è vero che la Basilicata può vantare attualmente l’estrazione più rilevante in termini di greggio, la Regione lucana si porta a casa qualcosa come 160 milioni di euro, mentre la Sicilia si accontenta di 400 mila euro. Una vera elemosina, se si pensa che l’Isola patisce in termini ambientali un continuo trivellamento del suo territorio, sia sulla terraferma che sul mare, concedendo 21 titoli minerari sul suolo e almeno altri 12 permessi di ricerca sul fondo marino.
“È importante che il governo regionale – ha spiegato Enzo Parisi, Legambiente Sicilia – metta le cose in ordine perché l’estrazione del gas e del greggio comportano tecniche parecchio invasive, per cui è appunto prevista la Valutazione di impatto ambientale, sia per la ricerca che per la fase successiva”.
Le recenti vicende del golfo del Messico hanno inoltre ulteriormente creato preoccupazione tra gli abitanti isolani. “Ben pochi si rendono conto di quanto possa essere temibile e realistico un simile disastro ambientale – ha spiegato Peppe Falliti, Wwf Sicilia – nelle acque del Mediterraneo e, in particolare, nelle acque limitrofe alla  Sicilia. A parte la presenza dei tre grossi poli industriali petrolchimici di Milazzo, Gela e Siracusa, non va dimenticata la presenza di alcune piattaforme proprio al largo di Gela e la paventata trivellazione di pozzi petroliferi nella Val di Noto”. Le misure di sicurezza delle realtà petrolchimiche isolane sono in effetti in pesante deficit.
 
“Qualsiasi incidente alla Raffineria di Milazzo – ha proseguito Falliti – troverebbe sicuramente impreparati i cittadini per la mancanza del Piano di emergenza esterno al grosso polo petrolchimico industriale dell’area Asi del Tirreno e troverebbe impreparate le stesse Istituzioni locali. Le conseguenze di un incidente (traffico navale, incidente agli impianti, etc.) potrebbero eguagliare o superare quelli del disastro Exxon Valdez del 1989 in Alaska e quest’ultimo della piattaforma del Golfo del Messico. A pagare il prezzo di un drammatico incidente potrebbero essere tutte le forme di economia legate al mare, dal turismo alla pesca, in considerazione soprattutto che si tratta di un mare chiuso”.
L’allarme appare assolutamente serio e per le Istituzioni regionali è giunto il tempo di stringere i tempi per la regolarizzazione degli impianti presenti sul suolo e nei pressi delle coste isolane.
 


D’Alì annuncia un emendamento: “Salvaguardare riserve da ricerche”
 
PALERMO – Il senatore del Pdl, Antonio D’Alì, presidente della commissione Ambiente, giudica “ogni attività di ricerca e prospezione di idrocarburi assolutamente intollerabile e in perfetto contrasto con qualsiasi politica di conservazione dell’ambiente marino, in generale, e di quello ad altissimo pregio delle Egadi in particolare”.
D’Alì ha annunciato di voler presentare un emendamento “che assicuri la salvaguardia delle riserve, delle aree, delle coste e dei fondali di pregio, da inserire nel nuovo disegno di legge sulle aree marine protette”.
In tal modo la materia della protezione dei nostri mari torna pienamente all’esame del Parlamento “perchè vengano posti per via di legge dei paletti di opportuno rispetto in prossimità delle aree marine protette e coste di pregio”.

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