Inps, l’altra faccia della Pa che funziona - QdS

Inps, l’altra faccia della Pa che funziona

Carlo Alberto Tregua

Inps, l’altra faccia della Pa che funziona

venerdì 07 Maggio 2010

Gestione informatizzata ed efficiente

Il bilancio dell’Inps è di 545 miliardi di euro ed è secondo solo a quello dello Stato. L’Ente ha 28 mila dipendenti, gestisce 20 milioni di lavoratori, 1,5 milioni di aziende ed effettua 18 milioni di prestazioni.
I numeri parlano chiaro e ad essi va aggiunto il risultato finale di un avanzo finanziario positivo di ben 7 miliardi di euro.
Eppure in pancia all’ente previdenziale vi sono due anomalie: la prima riguarda ben 3 milioni d’invalidi civili, con prestazioni che superano i 16 miliardi di euro. Fra essi molti percepiscono l’assegno indebitamente in quanto protetti da certificati medici falsi in tutto o in parte.
La seconda anomalia riguarda la miscela solo italiana fra assistenza e previdenza. Ai cittadini che pagano i contributi previdenziali non viene specificato se essi siano destinati, come dovrebbero, alla costituzione della riserva matematica per le pensioni, oppure se vengano utilizzati impropriamente e indebitamente come ammortizzatori sociali o supporto a deboli e bisognosi, veri o falsi.

I risultati positivi che abbiamo elencato sono stati raggiunti dall’Inps perché ha adottato un piano industriale che prevede un’organizzazione efficiente e l’informatizzazione dei servizi. Il che ha permesso di avere un numero di dipendenti pari circa alla metà di quello dell’analogo ente previdenziale tedesco. Certo, vi sono ritardi nella liquidazione di nuove pensioni, ma sono contenuti in qualche mese e non più in anni come  una volta.
L’organizzazione e l’efficienza si sentono quasi palpabili in tutti gli uffici centrali e periferici anche se è indispensabile un aggiornamento dei software ed una sostituzione di hardware con altri piu moderni. Tutte operazioni che costano cifre rilevanti, ma che nel tempo comportano ulteriori risparmi sia di numero di dipendenti che di spese generali.
L’Inps è l’altra faccia della pubblica amministrazione, quella che funziona. Altrettanto possiamo dire dell’Ente che assicura i lavoratori per o dagli infortuni (l’Inail), Istituto che presenta anch’esso un forte attivo.

 
Nonostante questi risultati positivi, la sacca di evasione è notevole. Ci diceva il presidente, Antonio Mastrapasqua, nel nostro forum pubblicato il 3 aprile scorso, che fino a poco tempo fa le imprese che si iscrivevano alle Camere di commercio potevano non chiedere l’iscrizione all’Inps. Questa omissione consentiva loro di percorrere una strada nella quale i propri dipendenti potevano restare nel limbo dell’evasione. Ora però la rete tra Cciaa e Inps è stata stesa e quindi tutte le nuove imprese che si iscrivono agli istituti camerali automaticamente vengono registrati dall’istituto previdenziale, in modo che possano essere tenute sotto controllo.
Il problema dell’evasione contributiva è speculare a quello dell’evasione fiscale. Perciò occorre una attività di controllo costante che consenta di recuperare i contributi non pagati in breve tempo. Il ritardo può comportare la loro perdita in quanto molte aziende dopo uno o due anni cancellano la propria iscrizione e spariscono dalla circolazione.

Non stiamo facendo uno spot all’Inps, ma è dovere del cronista riportare un fatto positivo quando c’è, soprattutto nel mare di fatti negativi che riguardano la pubblica amministrazione.
Vorremmo che ministeri, assessorati regionali, dipartimenti degli enti locali e di enti non territoriali si attrezzassero con il loro piano industriale come quello dell’Inps e gestissero la produzione e la somministrazione dei servizi con la stessa efficienza, così da massimizzare le imposte che in modo così pesante gravano sui cittadini. Gli stessi pagherebbero più volentieri i loro contributi sol che vedessero un ritorno di servizi efficienti e tempestivi.
La questione è tutta qui. Le riforme auspicate, che però non arrivano, dovrebbero portare questo indispensabile risultato: ad ogni euro di imposta pagata corrisponde un’unità di servizio pubblico efficiente e proporzionato. Di questo ne dovrebbero rispondere i dirigenti pubblici, secondi i principi di merito e di responsabilità.

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