Daremo più forza ai dati territoriali - QdS

Daremo più forza ai dati territoriali

Alessio Petrocelli

Daremo più forza ai dati territoriali

sabato 08 Maggio 2010

Forum con Enrico Giovannini, presidente dell’Istat

In conferenza stampa i dati dell’Istat sono sempre aggiornati, quando li ricerchiamo sul sito internet troviamo invece dati risalenti al 2007 – 2008. Ci sono i dati macroeconomici 2009?
“I dati macroeconomici nazionali sono prodotti con una tempistica notevole, il Pil, l’occupazione, e così via hanno un ritardo di 60-90 giorni, un dato assolutamente fisiologico. Recentemente, siamo passati per le forze di lavoro, i tassi di occupazione e disoccupazione trimestrali a dati mensili, abbiamo quindi accelerato straordinariamente. I conti delle famiglie delle imprese adesso sono disponibili trimestralmente, mentre in precedenza li davamo soltanto annualmente.
È uno sforzo che Istat attua costantemente, tuttavia non sempre le fonti, che ci consentono di fare queste analisi, hanno una disaggregazione territoriale sufficiente per fornire dati di qualità.
Da un lato pensi alle imprese, le quali presentano i loro bilanci sei mesi dopo dalla fine del periodo di riferimento, questo significa che occorre prendere questi dati relativi a milioni di imprese, armonizzarli, raccordarli e analizzarli, conseguentemente i tempi sono più lunghi.
Dall’altro, la difficoltà che noi riscontriamo nel settore della struttura produttiva è proprio la ricchezza del numero di piccole imprese, sostanzialmente non possiamo fare indagini su centinaia di migliaia di imprese ogni mese.
Il discorso è diverso per le medie e le grandi imprese che hanno unità locali disperse su tutto il territorio nazionale, quindi se è relativamente facile avere dati per impresa, perché ci rivolgiamo alla casa madre, avere poi i dati disaggregati per unità locali che sono quelli che poi fanno il Pil della Sicilia, della Calabria, vuol dire che i sistemi informativi delle imprese devono essere scandagliati. Questa attività si svolge una volta l’anno, con i ritardi di cui parlavamo prima.
C’è, quindi, questa schizofrenia tra dati molto aggiornati, laddove le fonti amministrative o le fonti statistiche si riferiscono al dato nazionale, e invece una maggiore lentezza per gli altri”.
Esiste un modello matematico per fare delle proiezioni che prescindono dal dato reale del mercato, ma che consente di avere comunque un dato di riferimento?
“Naturalmente questo è possibile, è il mercato degli istituti di ricerca e non il nostro, noi vogliamo però dare dei dati di qualità ed affidabili con margini di revisione minimi.
Per questo motivo non ci fidiamo di produrre certi dati, le risorse insufficienti non ci consentono di dedicare personale sufficiente alla raccolta dati per i livelli territoriali spinti, oppure i dati non esistono proprio come nel caso delle indagini che dicevo prima”.
La vostra struttura territoriale comprende venti uffici regionali?
“In realtà le strutture regionali sono diciotto, perché le due di Trento e di Bolzano non sono dell’Istat ma delle rispettive province autonome, sono allo stesso tempo uffici di statistica della Regione e fungono anche da nostri uffici regionali.
Però, attenzione: oggi grazie alla tecnologia, pensare che i dati fluiscono attraverso le sedi regionali oppure attraverso i Comuni, è sbagliato.
È molto più efficiente raccoglierli centralmente e poi riversarli sul territorio. Sempre di più l’uso dei dati amministrativi è fatto così. L’Inps, l’Inail, hanno delle reti centrali e gli uffici regionali sono sempre più spesso lo strumento attraverso il quale i dati vengono resi alle realtà locali.
Per questo motivo che nella nostra strategia di comunicazione, che stiamo reimpostando, il collegamento tra gli uffici centrali e gli uffici regionali sarà rafforzato. Daremo più forza alla diffusione delle informazioni territoriali attraverso i nostri uffici”.
Voi svolgete anche un’attività di incrocio dei dati per le vostre analisi?
“Noi facciamo integrazione di questo tipo, tuttavia non per fini amministrativi ma statistici; quindi noi riceviamo questi dati e facciamo gli incroci di cui si sta parlando, naturalmente senza restituire questi incroci alle amministrazioni fiscali. Il nostro sistema di stima dell’economia non osservata o sommersa deriva proprio dall’integrazione di fonti diverse”.
 

 
L’istituto ha organici insufficienti. Per le statistiche lo Stato spende la metà di quanto fa la Francia

Per quanto riguarda l’organico dell’Istat, a quanto ammontano le risorse di personale?
“Abbiamo un organico molto ridotto, sono 2.100 persone di cui circa 300 addetti agli uffici periferici. In termini di euro l’Italia spende per la statistica circa la metà di quanto spende la Francia, le nostre indagini costano molto di più a causa della realtà frammentata che dobbiamo analizzare relativamente alle imprese. L’Istat ha però da contraltare alla sua efficienza una fragilità che riguarda l’esiguo numero di risorse dell’Istituto. Chiediamo al nostro personale sforzi enormi e non è giusto, in più siamo esposti al fatto che se manca qualcuno per qualche motivo ci vengono a cadere letteralmente dei “pivot”.
Avete la speranza di avere nuove risorse magari con i trasferimenti da altre amministrazioni?
“Io continuo ad essere ottimista e credo che ci sia una coscienza crescente che vede la statistica come elemento veramente indispensabile in particolare nell’ottica federalista. Lei pensi che l’Europa ha fatto un grosso sforzo di integrazione ponendo la standardizzazione della statistica come infrastruttura indispensabile per poter confrontare i diversi paesi. In un’ottica federalista, la statistica deve diventare armonizzata, centralizzata e assolutamente di qualità. Spero che il Parlamento, il Governo e in generale il Paese capiscano che serve un investimento serio per non trovarsi poi ad avere dati criticabili su cui poi si ripartiscono importanti risorse.

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