Il cappio del’Europa taglia le spese del Sud - QdS

Il cappio del’Europa taglia le spese del Sud

Carlo Alberto Tregua

Il cappio del’Europa taglia le spese del Sud

venerdì 14 Maggio 2010

750 miliardi contro gli speculatori

Dieci ore di riunione notturna hanno portato il Consiglio dei ministri finanziari dell’Ue a stabilire un paracadute contro gli speculatori finanziari, da usarsi continuamente e, fin da ora, per la gravissima situazione della Grecia e le gravi situazioni di Portogallo, Spagna e Irlanda.
Un fondo di enormi dimensioni, quasi come quello approntato da Obama per fronteggiare la crisi degli Usa, che costituisce una barriera fortissima contro gli speculatori. Questi, che pur agiscono legittimamente dal loro punto di vista, guadagnano approfittando della situazione di debolezza della moneta di questo o quel Paese. Si tratta di spuntare le loro armi in modo da far distogliere l’attenzione dall’area Euro.
La protezione che il fondo darà ai 16 membri dell’Euro è composta sia da fondi europei dei singoli Stati che da fondi della Bce e da un altro del Fondo monetario internazionale. L’insieme delle risorse verrà utilizzato di volta in volta non appena si presentino le necessità.

La protezione che vi abbiamo descritto ha un risvolto piuttosto rigoroso e cioè quello di imporre a ciascun Stato membro dell’Uem regole più cogenti per controllare il deficit annuale e conseguentemente l’andamento del debito pubblico.
Ricordiamo che due dei tre parametri di Maastricht prevedono un massimo del 3% di disavanzo annuale e un massimo del 60% del debito sul Pil. L’italia ha chiuso il 2009 con un disavanzo di oltre il 5% e con il debito pubblico di oltre il 116%.
Da tenere presente che tale debito grava sul bilancio annuale con oltre 80 miliardi di interessi. Se fosse dimezzato libererebbe metà di tali interessi, cioè 40 mld, i quali potrebbero essere destinati allo sviluppo mediante infrastrutture e attività produttive.
Si tratta di un cappio vero e proprio, che ogni Stato non in regola con i conti dovrà mettere alla propria spesa, che dovrà essere tagliata nella parte corrente se, contemporaneamente ai sacrifici, si vuole innestare un processo virtuoso di sviluppo. Tale processo si mette in moto con appropriati investimenti e stimoli delle attività produttive.

 
Per venire al Belpaese, radiografando la spesa corrente da Nord a Sud, ci accorgiamo che proprio nel Meridione essa è quasi doppia di quella del Nord. Sarà dunque inevitabile che i tagli colpiranno tale spesa improduttiva e spesso clientelare per riportare i parametri a quelli del Nord. Bisognerà evitare che i tagli siano orizzontali. Per far ciò è necessario modulare l’operazione chirurgica in modo da eliminare le sacche di sprechi, gli inutili costi della politica (tagliando le province e numero di parlamentari, auto blu, consulenti e annessi).
La spesa corrente si è dilatata al Sud soprattutto per effetto di un metodo sbagliato di ricerca del consenso, basato sullo scambio tra voto e bisogno. Un processo a vite senza fine che ha avuto come effetto l’arretramento delle otto regioni meridionali rispetto a quelle settentrionali. Il divario non solo non diminuisce ma aumenta.

Ribadiamo ancora per l’ennesima volta che, per ogni miliardo destinato allo sviluppo, si mettono in moto 10 mila posti di lavoro. È perciò in questa direzione che si deve muovere la spesa pubblica qui in Sicilia. La Regione non deve dare contributi ma prendere a proprio carico interessi di finanziamenti a progetti imprenditoriali, lasciando al sistema bancario la valutazione degli stessi. Due comportamenti che, se attuati immediatamente, possono mettere nelle condizioni di invertire a “U” la linea sciagurata fin qui seguita da tutti i governi regionali del dopoguerra.
Bisogna mettere a reddito subito,  mediante progetti cantierabili, il ricchissimo patrimonio archeologico, ambientale, culturale, paesaggistico. Bisogna intervenire con stimoli e finanziamenti alla ricerca nel settore agricolo, in quello industriale e dei servizi avanzati. Bisogna spendere efficacemente le centinaia di milioni della formazione per insegnare ai partecipanti quelle competenze in modo da renderli idonei al mercato. Ecco alcune indicazioni sulle quali governo e maggioranza regionali dovrebbero prendere subito adeguate iniziative.

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