Fare i precari meglio che lavorare - QdS

Fare i precari meglio che lavorare

Carlo Alberto Tregua

Fare i precari meglio che lavorare

mercoledì 26 Maggio 2010

Brunetta dà lo stop ai raccomandati

La legge 133/08 (articolo 49) aveva stabilito con chiarezza che i contratti a tempo determinato della Pa a qualsiasi livello non potevano essere più rinnovati. Una classe politica approssimativa ha continuato a far credere, invece, che quella legge non esistesse. Ma ora, con lo stringente Patto di stabilità firmato dai 27 partner europei e con la prossima emanazione del decreto legislativo sui costi standard e gli standard di efficienza, la questione è diventata tombale.
Se ne stanno accorgendo i legislatori e gli assessori regionali, i quali tentano disperatamente di fare leggi regolarmente impugnate dal Commissario dello Stato, di chiedere al Governo l’utilizzazione di fondi Fas per usi impropri o deroghe di altra natura che vengono costantemente negate.
Il Governo regionale ha stabilito, senza alcun riferimento alle necessità derivanti da un Piano industriale, che la dotazione organica della Regione debba essere composta da 15.600 unità nel comparto non dirigenziale. Ricordiamo come la Regione Lombardia, che amministra quasi il doppio degli abitanti siciliani abbia un organico di 3.458 dipendenti, dirigenti compresi.

Da aggiungere che in quella Regione il Consiglio costa 72 milioni di euro mentre in Sicilia l’Ars costa 170 milioni. In Lombardia non vi sono precari aggiuntivi. Nella Regione siciliana ve ne sono 6 mila, oltre 28 mila forestali, 7 mila formatori, 22 mila negli Enti locali, diverse migliaia collocati nella Resais Spa e chi più ne ha più ne metta. Qualcuno sosteneva che fare il precario è meglio che lavorare. Non perché non abbia potenzialmente la supposta qualificazione, ma perché è entrato negli uffici pubblici a seguito di raccomandazine, fregando altri siciliani che avrebbero potuto aspirare agli stessi posti, ma privi dei Santi in Paradiso. Una iniquità palese, sotto gli occhi di tutti, che nessun precario ha avuto mai il coraggio di smentire. Da una parte, quindi, i privilegiati perché raccomandati e dall’altra i siciliani non occupati ed esclusi.
Non sappiamo come il Governo regionale potrà affrontare la questione, se non prendendo il coraggio a due mani e trasferendoli in quel guscio vuoto che è la Resais Spa in attesa di una riqualificazione professionale e collocazione sul mercato.

 
C’è bisogno di tecnici, mastri per l’edilizia, idraulici, sarti, ebanisti, fabbri, saldatori, operatori turistici e via enumerando. Figure professionali che possiedano qualificazione e competenze in modo da essere inserite nel mondo del lavoro produttivo.
Le opportunità ci sono e il Quotidiano di Sicilia pubblica periodicamente elenchi con centinaia di esse. Occasioni anche nel lavoro autonomo, ove il franchising consente con poche risorse l’attivazione di iniziative mini-imprenditoriali. Ve ne sono anche nel settore commerciale nel quale sono richiesti centinaia e centinaia di operatori della vendita competenti e professionalizzati, che sappiano fare il loro mestiere.
Smettiamola con questa manfrina del precariato. Precario è chi non ha fiducia in se stesso perché non possiede competenze, perché non ha voglia di sacrificarsi, perché vuole occuparsi di tutt’altro tranne che del proprio lavoro, magari frequentando la segreteria di questo o quell’uomo politico. Chi vuole emergere e consolidare la propria posizione economica ha tutte le opportunità di mercato. Ecco perché alcuni sostengono che non c’è più spazio per chi vuole continuare a fare il precario, lamentandosene, ma c’è tantissimo spazio per chi vuole lavorare.

Sfidiamo chiunque a smentirci o a comunicarci se ha provato a fare un’attività di mercato, autonoma o da dipendente, mettendo a disposizione la propria vera competenza.
In questo quadro, vi sono due vulnus grossolani della Regione. Il primo riguarda la cosiddetta formazione, che non forma nessuno, per la quale sono stati stanziati 200 milioni per il 2010 oltre ad attingere ai fondi europei per altrettanta somma. La seconda riguarda gli uffici regionali, siti nelle nove province, che dovrebbero occuparsi dell’incrocio fra domanda e offerta di lavoro e che non riescono a piazzare neanche uno di coloro che aspiravano a qualche lavoro.
La questione che andiamo scrivendo non riguarda solo gli sprechi ma soprattutto il mancato imbocco della strada dello sviluppo. Questa è essenziale.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017