Più una siciliana "in esilio" che un’italiana emigrata negli Usa - QdS

Più una siciliana “in esilio” che un’italiana emigrata negli Usa

Liliana Rosano

Più una siciliana “in esilio” che un’italiana emigrata negli Usa

sabato 12 Giugno 2010

Lodata sul “New York Times” per il contributo dei suoi studi alla letteratura italo-americana. Il sistema universitario americano aperto, tollerante e basato sul principio del merito

New York – Non ama le definizioni ma si sente più “una siciliana in esilio” (espressione usata dalla scrittrice Maria Grazia Cutrufelli per descrivere la propria esistenza) che un’italiana emigrata negli Stati Uniti D’America.
Edvige Giunta, rappresenta quell’emigrazione d’elite, di giovani arrivati in America con una laurea in tasca e con un bagaglio socio-culturale che si è sempre di più internazionalizzato durante il  percorso.
Nel lontano 1984, dopo una laurea in Lingue e Letterature straniere all’Università di Catania, Edvige ha lasciato l’Italia e oggi vive nel New Jersey dove insegna all’Università.
Edvige, il New York Times ti ha dedicato una pagina per il contributo che tu con i tuoi studi hai dato alla letteratura Italo-Americana. Chi sono gli Italo-Americani?
“La definizione italo-americana non è altro che una strategia, un contenitore culturale, che come tale ha i suoi limiti. Nel mio caso, io mi sono servita del concetto Italo-Americano per concentrare i miei studi sulle donne Italo-Americane, scrittrici, intellettuali, di cui parlavano allora. Ho dato voce a questo movimento immergendomi nella loro cultura. Non mi è stato difficile perché, da siciliana, ho molta familiarità con il concetto di minoranze linguistiche e poi perché la storia della migrazione Italo-Americana è legata al Sud per motivi storici e culturali.. Le loro storie di donne, di emigrate,  mi attraevano e  mi hanno aiutato non solo a conoscere una parte della mia storia ma anche a farmi sentire legata alla mia terra, la Sicilia. Gli Italo-Americani non sono solo i figli di prima, seconda, quarta generazione, sono quelli che, come me, vivono tra le due culture. Ma ripeto, si tratta di uno strumento culturale, che ha i suoi limiti”.
Come vedi oggi la Sicilia dagli States?
“Io guardo la Sicilia attraverso la scrittura, attraverso il sentimento di nostalgia, inevitabile dopo tanti anni qui in America. Ogni volta che lascio la Sicilia, c’è sempre un distacco molto forte e una dolorosa consapevolezza che ci sarà ancora  un’altra separazione. Così, cerco di vivere con intensità ogni momento che trascorro nella mia terra di origine, ripercorrendo ogni luogo che è appartenuto alla mia infanzia e adolescenza. Ma è attraverso la scrittura, il memoir, che io ritorno a fare visita alla mia Sicilia,  idealmente, con un forte sentimento di appartenenza e di riconciliazione”.
Quali sono secondo te le differenze maggiori tra il mondo universitario italiano e quello americano?
“Quando ho deciso di venire negli Stati Uniti, per me è stato semplice iniziare la carriera accademica e ricevere un supporto finanziario da un’università americana che mi ha permesso di completare sia il Master che il PhD. Dal punto di vista strettamente accademico, in America la pedagogia si concentra di più sugli studenti che sui docenti, nel senso che la partecipazione degli alunni è molto più attiva.  Ho sempre trovato questo metodo di dialogo con i miei studenti molto utile anche quando vado in Italia a tenere alcuni workshops”.
Quali sono le lacune che rendono il sistema universitario italiano vecchio e non competitivo rispetto al modello americano?
“Negli Stati Uniti la regola principale è la meritocrazia. A chiunque abbia capacità e spinto da una forte motivazione, viene data la possibilità di scommettere e di provarci. Il sistema americano, aperto e tollerante, non soffre di certi condizionamenti che caratterizzano le università italiane”.
Ti senti di aver realizzato il tuo sogno americano?
“Non ho mai avuto un sogno americano, nel senso classico a cui si possa pensare. Certamente, è vero che ogni persona che lascia il proprio paese lo fa perché insegue qualcosa, un obiettivo, un progetto ben preciso.
Quando sono venuta qui per la prima volta, non pensavo di trascorrere il resto della mia vita negli Stati Uniti. Sicuramente, questo Paese mi ha dato grandi opportunità professionali che forse in Italia non avrei mai avuto. Dopo tutti questi anni però,  oggi mi sento più siciliana di quanto da giovane donna, nel lontano 1984 salii su quell’aereo per la Florida”.
 


“Grazie al memoir ho conosciuto meglio la Sicilia e ho elaborato il mio essere siciliana in America”

Perché hai scelto di insegnare memoir?
“Perché il memoir è un genere che ti permette di riallacciarti al passato, rielaborarlo attraverso la scrittura, viverlo con una dimensione nostalgica ma anche di fantasia. E’ attraverso il memoir che io ho conosciuto meglio la mia terra, la Sicilia, ho elaborato il rapporto con il mio essere italo-americana, siciliana in America, siciliana in Sicilia. Il memoir è una forma di scrittura che ha molti elementi in comune con il genere autobiografico ma rispetto a quest’ultimo non è necessariamente legato all’elemento cronologico. Si parte da un fatto che affonda le radici nel tuo passato (non necessariamente lontano) per ricostruire l’elemento narrativo”.
Chi sono oggi i nuovi migranti?
“Sono quelli che lasciano il proprio Paese spinti da motivazioni diverse rispetto a quelle di un secolo fa o anche di 50 anni addietro. Oggi chi emigra dall’Italia, ha voglia di confrontarsi con una realtà diversa, più globale, più internazionale. Nel migrante di oggi come in quello di ieri, ci sono sempre due atteggiamenti diversi. C’è chi idealizza troppo il Paese di destinazione e critica quello di origine, c’è chi invece rimane prigioniero di un nostalgico sentimento. Nel mio caso, l’incontro con le due culture, quella italiana e quella americana, valorizzando l’uno e l’altra, mi ha permesso di prendere il meglio di entrambe. Se si vive da italiana con una dimensione troppo ancorata al Belpaese, non riesci a viverti l’America. Stesso discorso se neutralizzi la tua cultura e porti avanti un processo di americanizzazione forzato: rischi di perdere il contatto con te stesso”.
 

 
Edvige Giunta, professore di Inglese all’Università di New Jersey City
 
Nata a Gela nel 1959 consegue la laurea in Lingue e Letterature straniere nel 1983 all’Università di Catania. Negli Stati Uniti ha conseguito il master in Inglese all’Università di Miami e il Phd in Inglese nel 1990 sempre all’Università di Miami.
Autore di numerosi testi sugli studi italo-americani, tra cui il volume “Padri” pubblicato dalla Iacobelli nel 2009 che contiene il mio memoir “Le mura di Gela” e ultimo “Teaching Italian American Literature, Film and Popular Culture”. Edvige è professor di Inglese all’Università di New Jersey City dove insegna dal 1996 e tiene un corso di memoir oltre che di scrittura e letteratura.

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