Acqua in Sicilia: si perde, ma costa - QdS

Acqua in Sicilia: si perde, ma costa

Rosario Battiato

Acqua in Sicilia: si perde, ma costa

venerdì 29 Maggio 2009

Servizi idrici: ecco come i cittadini pagano il sistema marcio.
La fotografia. Le ultime statistiche sul sistema idrico non cambiano lo stereotipo degli anni Sessanta: in Sicilia molta acqua preziosa continua a perdersi o ad evaporare nelle dighe senza allaccio
La classifica. Non solo. Perdiamo il confronto con il Nord su costi e tariffe applicate ai consumatori e ancor oggi la depurazione copre il 53% del territorio. Praticamente un record: siamo ultimi in tutto

PALERMO – “In Italia gli apporti meteorici sono di circa 980 mc/anno/procapite, superiori a quelli della media europea, ma le perdite naturali, difficoltà tecniche di accesso a parte delle risorse, lo stato insoddisfacente delle infrastrutture riducono tale disponibilità del 65%, e cioè a 51-52 miliardi di mc/anno, con significative variabili tra Nord e Sud”. Le parole di Romano Pagnotta, ricercatore dell’Irsa – Cnr, non lasciano adito a dubbi circa lo stato carente del sistema idrologico italiano e meridionale in particolare.

A fronte di un sistema nazionale deficitario la realtà isolana si presenta, se possibile, ancora più drammatica soprattutto in rapporto ad un trend negativo degli ultimi anni che non accenna a diminuire. “Con particolare riferimento alla Sicilia – si legge nel resoconto di una seduta parlamentare del 2002 alla presenza del ministro Lunardi – si registra la presenza di 43 invasi per una capacità teorica di oltre 1.100 milioni di metri cubi. Tuttavia, in Sicilia come altrove, gran parte delle disponibilità di risorse vanno perdute per il pessimo funzionamento delle reti di distribuzione; le ingenti perdite registrate vanno ricondotte alla vetustà delle reti e degli impianti, all’insufficienza degli interventi di manutenzione, all’esigenza di rinnovare le reti nei centri urbani e di ammodernare gli impianti irrigui.”

I numerosi allarmi lanciati in questi anni, le crisi idriche che hanno messo in ginocchio capoluoghi di provincia come Agrigento, Siracusa ed Enna, la legge Galli del 1994, tre governi nazionali e due regionali, non sono tuttavia serviti neanche a mitigare lo stato di salute della rete siciliana. “La situazione in Sicilia è davvero preoccupante – ha confermato Pagnotta – perché la rete è fatiscente e gli allacci abusivi rendono vana qualsiasi speranza di miglioramento, nonostante l’aumento delle tariffe che dovrebbero servire a migliorare il servizio”. I dati del fenomeno sono in effetti abbastanza eloquenti: a fronte di una capacità teorica degli invasi esistenti pari a 0,87 miliardi di metri3 ne sono autorizzati dall’Ufficio Dighe, alle dipendenze del Ministero dei LL. PP., solo 0,59, ed il dato è il medesimo dal 2002 fino al 2006, segno che non esistono miglioramenti di sorta.

La crisi idrica, nonostante le piogge, potrebbe essere molto vicina, perché un monitoraggio dell’Amap (ente siciliano per gli acquedotti) ha segnalato che sui quattro principali invasi dell’isola nel 2008, rispetto al 2007, ci sono ben 51 milioni di metri cubi di acqua in meno. La ripresa è arrivata grazie alle piogge di quest’anno, che hanno permesso, secondo una ricognizione di maggio 2009, di immettere nei 32 invasi regionali 830 milioni di metri cubi di acqua a fronte di una capienza consentita pari a 863,37, che servirà ad uso irriguo e potabile. Tuttavia resta il dramma delle perdite che, nonostante la stagione abbondantemente piovosa, non faciliteranno certamente il flusso delle acque: la diga Ancipa non riesce a rendere al meglio dei suoi 34 milioni di metri cubi di invaso, raccogliendo, causa crepe già segnalate negli anni Sessanta, appena 7/8 milioni, e la lista potrebbe allungarsi con il lago di Piana degli Albanesi, Ogliastro, Pozzillo. Ma non sono solo le dighe e gli invasi l’anello debole del sistema, perché alta responsabilità va ricondotta alla rete fatiscente, che permette perdite clamorose di oltre il 50% dell’acqua immessa, secondo il Rapporto Ecosistema Urbano 2009 di Legambiente, a Siracusa, Agrigento ed Enna.

Intanto l’allarme sembra giunto fino alle alte sfere romane, al punto che lo scorso marzo Giuseppe Ruvolo, deputato dell’Udc, ha presentato un’interpellanza urgente al ministro Matteoli proprio a proposito “di una serie di inadempienze di carattere burocratico-amministrativo – si legge nella nota del vicesegretario regionale centrista – che non hanno permesso la risoluzione tempestiva delle problematiche legate alle opere da sostenere per rendere efficiente il sistema delle dighe, tra cui Ancipa, Blufi, Pietrarossa, Gibbesi, Villarosa e Furore, provocando inoltre la complessiva diminuzione degli invasi per una stima complessiva che ammonta a più di 130 milioni di metri cubi”.

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