FERRANDELLI – “I commissari giudiziali di Amia hanno dichiarato di non essere in grado di dire quale sia il reale ammontare del bilancio e dei costi dell’azienda, spiega il consigliere Ferrandelli – quindi al momento, nessuno sa quale sia il vero valore di Amia, né quale sia il bilancio aziendale dopo il 2008, l’ultimo di cui si abbia notizia, chiuso comunque con un buco di quasi 180 mln €”.
“Nell’ultimo contratto di servizio, quello del 30 novembre 2001, il Comune ha indicato in 92,7 mln € il capitale sociale di Amia. A questi vanno aggiunti 3,8 mln € di Palermo Ambiente Spa, la società addetta alla raccolta differenziata. Ad oggi, invece, l’azienda ha i conti in rosso, mentre le istituzioni comunali dichiarano che il risanamento dei conti è in atto. Nel giugno del 2009 il Governo ha firmato un’ordinanza di Protezione Civile che assegnava al Prefetto di Palermo le risorse che consentivano al Comune di pagare gli stipendi ai dipendenti dell’Amia. Ed anche su questo argomento, l’ultima notizia che abbiamo dalle istituzioni è quella dell’invio di 80 mln € che invece sono serviti per coprire i buchi in bilancio nelle aziende comunali. Nessun piano costruttivo né qualche idea per uscire dalla situazioni di crisi”.
“Si può dire che il lavoro svolto da quando l’azienda è commissariata ha condotto già a dei risultati: sono stati ad esempio noleggiati dei mezzi – in attesa del bando per acquistarne di nuovi – e riavviati i contratti di manutenzione che tenevano una parte dei mezzi ferma, costringendo gli altri mezzi a lavorare il doppio, il personale a fare turni straordinari e l’azienda a pagare questi straordinari. Gli stipendi sono stati regolarmente elargiti, in questi mesi, ed il bilancio aziendale mensile è stato portato al pareggio. I problemi veri sono il buco nelle casse aziendali lasciato in eredità a noi commissari e la valutazione del servizio di Amia Essemme, che rendono difficoltoso il progetto di risanamento del bilancio.
“Finora la parte che il Comune ha destinato sono pochi milioni, anche perché la cifra dovuta da esso è di pochi milioni. Per la parte dei debiti non ancora saldata, si stanno delineando le posizioni tra Comune di Palermo ed Amia, che stanno discutendo per definire l’esatto ammontare della cifra. Il grosso dei crediti, l’azienda lo vanta con i Comuni limitrofi a Palermo, che utilizzano la discarica di Bellolampo e sono debitori da molti mesi. Con questi Comuni sono già in corso dei contenziosi legali, e l’azienda sta prendendo in considerazione la possibilità di chiudere la discarica ai rifiuti provenienti da questi Comuni, anche se è un’ipotesi estrema”.
“Il lavoro per salvare l’azienda da un disastro come quello che sarebbe il fallimento, è strenuo, impervio e difficoltoso. Certo vanno calcolate le ipotesi se non si dovesse riuscire, e la più probabile potrebbe essere quella della creazione di una società mista, con il 51 percento nelle mani del Comune di Palermo ed il 49 percento nelle mani di privati, anche se ad oggi ovviamente questa ipotesi è da scartare e stiamo lavorando seriamente per salvare l’azienda dalla crisi e la città dal problema dei rifiuti per strada”.
Qualche giorno fa è stato approvato l’aumento della Tarsu. È legato alla situazione debitoria dell’azienda?
“No, il costo è puramente legato alla gestione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Nel 2006, come tutti i cittadini di Palermo sanno, la Tarsu è stata aumentata del 75 per cento rispetto al regolamento che ne aveva stabilito i costi nel periodo 1997-2005. Per cui nel periodo 2006-2010 i cittadini palermitani hanno pagato il 75 per cento in più rispetto al costo calcolato nel 2005. Il Tribunale ha stabilito l’aumento illegittimo ed irregolare per l’anno 2006, rendendo necessario un nuovo calcolo del costo e l’approvazione di un regolamento attuale in sostituzione di quello del 1997. Nel regolamento presentato a maggio in Consiglio comunale, il costo del servizio di raccolta era stato forfetariamente calcolato in 105 milioni – con un aumento dunque del 75 per cento all’anno – e portato in aula per la votazione. Il nuovo calcolo, asseverato dai revisori dei conti, valuta invece il costo di raccolta in 95 milioni – con un aumento di solo 54 punti percentuali – ed è stato votato in aula. Non è stato dunque calcolato il buco nei conti dell’azienda, per evitare di gravare ulteriormente sulle tasche dei cittadini”.