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Palermo – Amia, la contabilità del mistero sconosciuto il buco in bilancio

Luca Fornaro

Palermo – Amia, la contabilità del mistero sconosciuto il buco in bilancio

giovedì 08 Luglio 2010

Ferrandelli (Idv): “Gli 80 mln € del Governo sono serviti a risanare le altre partecipate”. Nel 2008 era di 180 mln €. Il commissario Lupi: “Non lo sappiamo neppure noi”

PALERMO – Chi vuol esser lieto sia, dei conti Amia… non c’è certezza. Senza un bilancio ufficiale, resta infatti un mistero la situazione economica dell’azienda che gestisce lo smaltimento dei rifiuti in città e che si trova in stato di commissariamento da febbraio 2010, quando il Tribunale ne ha dichiarato l’insolvenza.
Sulla vicenda abbiamo sentito Fabrizio Ferrandelli, capogruppo di Italia dei Valori in Consiglio comunale e Paolo Lupi, commissario giudiziale di Amia Spa.
FERRANDELLI – “I commissari giudiziali di Amia hanno dichiarato di non essere in grado di dire quale sia il reale ammontare del bilancio e dei costi dell’azienda, spiega il consigliere Ferrandelli – quindi al momento, nessuno sa quale sia il vero valore di Amia, né quale sia il bilancio aziendale dopo il 2008, l’ultimo di cui si abbia notizia, chiuso comunque con un buco di quasi 180 mln €”.
Questi dati corrispondono a quelli ufficialmente forniti dalle istituzioni?
“Nell’ultimo contratto di servizio, quello del 30 novembre 2001, il Comune ha indicato in 92,7 mln € il capitale sociale di Amia. A questi vanno aggiunti 3,8 mln € di Palermo Ambiente Spa, la società addetta alla raccolta differenziata. Ad oggi, invece, l’azienda ha i conti in rosso, mentre le istituzioni comunali dichiarano che il risanamento dei conti è in atto. Nel giugno del 2009 il Governo ha firmato un’ordinanza di Protezione Civile che assegnava al Prefetto di Palermo le risorse che consentivano al Comune di pagare gli stipendi ai dipendenti dell’Amia. Ed anche su questo argomento, l’ultima notizia che abbiamo dalle istituzioni è quella dell’invio di 80 mln € che invece sono serviti per coprire i buchi in bilancio nelle aziende comunali. Nessun piano costruttivo né qualche idea per uscire dalla situazioni di crisi”.
LUPI –  “Ad oggi, i numeri ereditati dalla Procura – spiega il commissario dell’Amia Lupi – non sono ancora stati resi noti, quindi rimangono oscuri anche per noi commissari. Inoltre gli attuali problemi che sta creando la discarica di Bellolampo, tra le vasche colme ed il percolato, hanno impedito di pensare al cento per cento al lato economico della faccenda”.
Concretamente cosa si è fatto finora?
“Si può dire che il lavoro svolto da quando l’azienda è commissariata ha condotto già a dei risultati: sono stati ad esempio noleggiati dei mezzi – in attesa del bando per acquistarne di nuovi – e riavviati i contratti di manutenzione che tenevano una parte dei mezzi ferma, costringendo gli altri mezzi a lavorare il doppio, il personale a fare turni straordinari e l’azienda a pagare questi straordinari. Gli stipendi sono stati regolarmente elargiti, in questi mesi, ed il bilancio aziendale mensile è stato portato al pareggio. I problemi veri sono il buco nelle casse aziendali lasciato in eredità a noi commissari e la valutazione del servizio di Amia Essemme, che rendono difficoltoso il progetto di risanamento del bilancio.
Gli 80 mln € affidati al Comune come sono stati utilizzati?
“Finora la parte che il Comune ha destinato sono pochi milioni, anche perché la cifra dovuta da esso è di pochi milioni. Per la parte dei debiti non ancora saldata, si stanno delineando le posizioni tra Comune di Palermo ed Amia, che stanno discutendo per definire l’esatto ammontare della cifra. Il grosso dei crediti, l’azienda lo vanta con i Comuni limitrofi a Palermo, che utilizzano la discarica di Bellolampo e sono debitori da molti mesi. Con questi Comuni sono già in corso dei contenziosi legali, e l’azienda sta prendendo in considerazione la possibilità di chiudere la discarica ai rifiuti provenienti da questi Comuni, anche se è un’ipotesi estrema”.
Nel caso in cui non si riesca a salvare l’azienda dal fallimento, quali potrebbero essere le ipotesi per il futuro?
“Il lavoro per salvare l’azienda da un disastro come quello che sarebbe il fallimento, è strenuo, impervio e difficoltoso. Certo vanno calcolate le ipotesi se non si dovesse riuscire, e la più probabile potrebbe essere quella della creazione di una società mista, con il 51 percento nelle mani del Comune di Palermo ed il 49 percento nelle mani di privati, anche se ad oggi ovviamente questa ipotesi è da scartare e stiamo lavorando seriamente per salvare l’azienda dalla crisi e la città dal problema dei rifiuti per strada”.
 

 
Gli aumenti Tarsu non salveranno l’azienda
 
PALERMO – Gli aumenti della Tarsu, varati dal Consiglio comunale recentemente, non sono collegati direttamente al processo di risanamento dell’Amia. I cittadini pagheranno quote maggiori per lo smaltimento dei rifiuti ma questo non servirà a coprire la voragine finanziaria dell’azienda, che comunque è tutta da quantificare. Il Consiglio comunale ha invece quantificato il costo della raccoltà. rimodulando la percentuale dell’aumento a carico dei cittadini. A ricostruire la situazione è Fabrizio Ferrandelli, consigliere capogruppo di Idv.
Qualche giorno fa è stato approvato l’aumento della Tarsu. È legato alla situazione debitoria dell’azienda?
“No, il costo è puramente legato alla gestione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Nel 2006, come tutti i cittadini di Palermo sanno, la Tarsu è stata aumentata del 75 per cento rispetto al regolamento che ne aveva stabilito i costi nel periodo 1997-2005. Per cui nel periodo 2006-2010 i cittadini palermitani hanno pagato il 75 per cento in più rispetto al costo calcolato nel 2005. Il Tribunale ha stabilito l’aumento illegittimo ed irregolare per l’anno 2006, rendendo necessario un nuovo calcolo del costo e l’approvazione di un regolamento attuale in sostituzione di quello del 1997. Nel regolamento presentato a maggio in Consiglio comunale, il costo del servizio di raccolta era stato forfetariamente calcolato in 105  milioni – con un aumento dunque del 75 per cento all’anno –  e portato in aula per la votazione. Il nuovo calcolo, asseverato dai revisori dei conti, valuta invece il costo di raccolta in 95 milioni – con un aumento di solo 54 punti percentuali – ed è stato votato in aula. Non è stato dunque calcolato il buco nei conti dell’azienda, per evitare di gravare ulteriormente sulle tasche dei cittadini”.

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