Il centro sorgerà a Brooklyn e i lavori, che inizieranno in autunno, si dovrebbero completare nella primavera del 2012.
“Il centro vuole promuovere la cultura italiana non solo presso la comunità italo-americana, ma anche nelle altre etnie, toccando l’interesse, sempre più crescente della popolazione in genere verso l’Italia.
“Verranno istituiti corsi di lingua, corsi di cucina, ci saranno biblioteche, sale lettura, una piscina e una palestra, oltre che una sala di esposizione dedicata alle mostre degli artisti italiani.
“L’obiettivo non è solo quello di agevolare la comunità italo-americana, nell’appropriarsi delle proprie radici, ma anche quello di far penetrare la cultura italiana, quella contemporanea, nel tessuto della società americana, attraverso diversi veicoli culturali che vanno dall’arte, la lingua alla cucina”.
“Alcuni dei vecchi stereotipi, legati all’estetica degli italiani, alla mafia, sono superati. Resiste ancora però una certa discriminazione dovuta al fatto che la comunità italo-americana non funziona come una comunità ma come un insieme di individui, a differenza della comunità degli ebrei, dei greci, che invece rafforzano l’elemento della comunità piuttosto che quello individuale”.
“Purtroppo oggi nelle nuove generazioni, i giovani nati nelle famiglie italo americane, sentono il legame astratto con la cultura. Il centro vuole anche essere uno strumento per un contatto diretto con la cultura italiana e con l’elemento dell’italianità. Insieme però a questa sorta di diaspora, si avverte nella comunità italo-americana, la ripresa per l’interesse della cultura italiana, che sia la lingua che sia la storia”.
“Io sono molto legato alla mia terra, dove ritorno quasi ogni anno. Ho avuto però la fortuna di studiare e vivere negli Stati Uniti, una terra che mi ha permesso di realizzare quello che ho sempre voluto fare, e di migliorare la mia condizione economica e sociale rispetto a quella della mia famiglia. In Sicilia ci sono molte potenzialità ma anche molti gap strutturali. Il fenomeno che preoccupa di più è quello dell’abbandono della terra da parte di molti giovani. Non si tratta solo di un abbandono legato, dal mio punto di vista, a ragioni economiche, ma soprattutto culturali. Avverto però, da osservatore, un certo cambiamento sociale e politico oggi in Sicilia rispetto a 50 anni fà. Resta però da cambiare l’approccio culturale e la mentalità della gente”.