Tagliate le Regioni tagliare i ministeri - QdS

Tagliate le Regioni tagliare i ministeri

Carlo Alberto Tregua

Tagliate le Regioni tagliare i ministeri

venerdì 06 Agosto 2010

Costi standard, fabbisogni standard

Con la fiducia alla Camera, votata giovedì 29 luglio, è stato convertito il decreto legge 78/10 relativo alla Finanziaria 2011, che comporta tagli alla spesa corrente di 12 miliardi nel 2011, più 12 miliardi nel 2012. L’operazione era necessaria ed il taglio dei trasferimenti alle Regioni e, di conseguenza, agli Enti locali, indifferibile. Stride, però, il mancato taglio ai ministeri, in misura proporzionale ed adeguata. E, ancor più, il mancato taglio di spesa per l’enorme personale politico (oltre 500 mila unità). Per il personale burocratico sono stati bloccati gli aumenti contrattuali, però il costo complessivo non ha subìto decurtazioni, mentre avrebbe dovuto essere diminuito in proporzione alle altre spese.
Il guaio peggiore è che Tremonti ha segato i trasferimenti alle Regioni senza tener conto della distinzione tra quelle virtuose e quelle viziose. Fra queste ultime spiccano Lazio, Campania, Calabria e Puglia. Ma la Sicilia non brilla per virtù.

La Padania, quotidiano della Lega Nord, è il bollettino di quel partito autonomista. In esso sono riportati due pagine di appuntamenti, nelle quali sono indicate le presenze degli uomini di Bossi in eventi, manifestazioni, radio e televisioni. Quel quotidiano è un puntuale veicolo di informazione che alimenta il rapporto tra dirigenza, quadri ed elettori. Un modello che ha funzionato unitamente alla buona amministrazione degli Enti locali.
La Lega fa populismo e demagogia quando difende ad oltranza quella minoranza di produttori di latte che non ha pagato le multe, anticipate dal Governo. L’associazione dei produttori di latte, che invece si è messa in regola, ha protestato vivacemente contro  l’iniquità descritta.
L’efficacia di un partito autonomista si dimostra attraverso la comunicazione costante tra vertici e simpatizzanti ai quali vanno comunicati linee politiche e traguardi raggiunti. Mpa, Pdl-Sicilia, Pdl lealista, Udc e Pd  soffrono di questa grave carenza: non hanno il quotidiano che faccia da cinghia di trasmissione tra i loro dirigenti ed i siciliani, per cui questi ultimi non si affezionano ai dirigenti di quei partiti, perché non sanno.

 
Sembra che non c’entri il discorso sui partiti autonomisti con il taglio dei trasferimenti statali a Regioni ed Enti locali. C’entra, eccome! Perché via via che vengono approvati i provvedimenti legislativi sul federalismo, per ultimo quello sui fabbisogni standard, il nodo scorsoio si stringe sempre di più al collo dei presidenti delle Regioni viziose e a quello dei sindaci dei comuni viziosi.
È ormai guerra dichiarata alla spesa corrente che lo Stato deve ridurre di almeno altri 70 miliardi. Il conto è presto fatto. Secondo la Ruef (Relazione unificata economia e finanza pubblica 2010), il disavanzo primario è stimato in 10 mld, gli interessi sul debito in 72 mld, con un disavanzo totale, nel 2010, di 82 mld. Tale disavanzo va azzerato per non aumentare il catastrofico debito. Tenuto conto che la manovra testè approvata lo ha decurtato per 12 mld, restano da tagliare gli altri 70. Va da sé che l’aumento del Pil compensa in parte il taglio prima indicato.

Il Corsera del 25 luglio pubblica la classifica dei soldi ricevuti dai Comuni, trasferiti dallo Stato, in euro/abitante. Bolzano è capolista con 1.121, spicca Catania al terzo posto con 1.090. Palermo riceve 868, Sondrio al penultimo posto con 230, Caserta all’ultimo con 215. La stessa fonte (Ifel-Anci) pubblica la classifica dei soldi spesi dai Comuni in euro/abitante. Prima della classe è Venezia con 2.092, più in basso Catania con 1.280, segue Palermo con 1.182, chiude Teramo con 567.
Il dramma della Regione siciliana e di gran parte dei 390 sindaci, è che si trovano sul groppone un’enorme quantità di personale, inutile alla produzione dei servizi, che i costi standard taglieranno senza pietà.
Gli apparati politici e burocratici sono ormai sotto il mirino dell’Ue e dello Stato, ma, fatto più importante, è che si è svegliata fortemente la sensibilità dell’opinione pubblica la quale non ammette più che le Istituzioni siano luoghi di sperpero e di sprechi quando, contestualmente,  gran parte dei cittadini fa sacrifici. Attenzione! Dopo l’astensione dal voto c’è la penalità.

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