Secondo l’Istituto centrale di statistica, nel 2009 nessun comune isolano ha raggiunto l’obiettivo del 50%, che invece era stato previsto dalla legge 296 del 1996. La media siciliana della differenziata arriva a quota 6.7% – 30.7% la media nazionale – frutto della disastrosa situazione dei capoluoghi di provincia, dei quali ben sette su nove si trovano agli ultimi dieci posti della classifica. Le percentuali sono abbastanza indicative: Caltanissetta (12.5%), Trapani (8.8%), Catania (6.8%), Enna (5.6%), Palermo (5.5%), Messina (4.4%) e Siracusa (3.8%). Dei grandi comuni nazionali nessuno riesce ad arrivare alla fatidica quota del 50% ma i valori registrati altrove sono ben diversi a partire da Verona (44.7%), Torino (42.3%), Milano (37.1%), Firenze (36.6%), Bologna (33.8%) e per chiudere con Venezia (33.1%).
La crescita della differenziata nell’Isola è stata assai blanda – negli ultimi 13 anni +6% contro +30.4% della media nazionale e +14.7% del Mezzogiorno – ed infatti i risultati ottenuti dalle altre regioni sono abbastanza indicativi: Sardegna (34.5%) che è la regione leader per poi arrivare in Abruzzo (26.1%), Campania (25.9%), Basilicata (21.5%), Puglia (15.6%) e Calabria (15%).
Quasi perfettamente in linea con i dati degli altri anni, come a sancire che il tanto agognato miglioramento nel settore dei rifiuti in Sicilia fatica ad arrivare, l’Istat comunica che l’88.9% dei rifiuti vengono ancora smaltiti in discarica, mentre nel 2008 a livello nazionale la media è stata del 52.7%. Un dato che fa riflettere sia in rapporto alla media meridionale (76%) che per la riduzione degli ultimi anni – dal 2002 al 2008 – pari ad appena 3.1 punti percentuali, contro una riduzione del 12.1% in Italia.
Con la riforma dei rifiuti già definita e Raffaele Lombardo commissario straordinario per l’emergenza dei rifiuti, adesso si pretendono i primi risultati.
“Ci auguriamo – ha spiegato Mimmo Fontana, presidente di Legambiente Sicilia – che il Governo regionale volti definitivamente pagina e investa sulla differenziata, mettendo in atto politiche concrete per abbassare la quantità di rifiuti da destinare alle discariche. A questo scopo sarà determinante la scelta dei soggetti attuatori”. I risultati devono seguire le strategie di questo ultimo anno di grande attivismo, altrimenti si rischia un’implosione di proporzioni epocali.
Anche nelle file del Pd si attendono risultati a breve termine, perché dalla differenziata dovrà passare la costruzione dei termovalorizzatori. “L’eventuale realizzazione dei termovalorizzatori – ha commentato Davide Faraone, deputato regionale – sta a valle di un processo che ha il suo punto cardine nella raccolta differenziata. Se guardiamo a un qualsiasi paese europeo, la raccolta differenziata del bacino di riferimento del termovalorizzatore che serve l’area, non è mai inferiore al 35- 40% del residuale”. Del resto c’è una legge da applicare. “La legge 9 del 2010, ha dei parametri di riferimento chiari rispetto alle percentuali di differenziata da raggiungere nell’arco dei primi tre anni dalla sua applicazione – ha concluso il deputato democratico – 20% il primo anno, 35% il secondo, 50% il terzo anno”.(rb)