In Sicilia il primo patto tra imprenditori - QdS

In Sicilia il primo patto tra imprenditori

Michele Giuliano

In Sicilia il primo patto tra imprenditori

martedì 07 Settembre 2010

Costituito nella valle dello Jato, nel palermitano, un distretto contro il frazionamento eccessivo del sitema produttivo. Molti bandi europei prevedono una certa grandezza dell’impresa per poter attingere ai fondi Ue

PALERMO – La prima pietra è stata posata. Resta da verificare come e se funzionerà questo distretto imprenditoriale. L’idea parte dalla provincia di Palermo e nasce essenzialmente per contrastar un fenomeno social-culturale che riguarda l’intero tessuto economico e produttivo siciliano: l’eccessiva frammentazione delle aziende operanti.
Se ne contano all’incirca 400 mila (quelle ovviamente regolarmente costituite con tanto di registrazione alla Camera di commercio): troppe per un territorio di poco meno di 26 mila chilometri quadrati. Significa che esistono 15 imprese ogni chilometro quadrato. Colpa di una mentalità in cui in Sicilia ognuno vuole tirare per sé, anche se ha poco, e non vuole condividere nulla. Preferisce in poche parole rimanere piccolo piccolo e non spartire niente con nessuno, specie negli affari. E questo sino ad oggi ha comportato dei grossi problemi: “Tantissime opportunità – ha dichiarato Salvino Caputo, presidente della commissione Attività produttive all’Ars – non vengono utilizzate dagli imprenditori sia per la mancanza di risorse sia per l’eccessiva individualità tipica delle imprese che difficilmente riescono a creare un sistema di sinergia e collaborazione”. Infatti molti bandi europei prevedono una certa grandezza dell’impresa per potere attingere ai finanziamenti.
Essendo il tessuto produttivo della Sicilia composto per ben il 95 per cento da micro e piccole imprese, si può ben capire che praticamente resta fuori dai giochi quasi tutta la produzione locale. Adesso però in Sicilia si sta cominciando a capire la necessità di consorziarsi. Ecco quindi che parte la prima iniziativa, un distretto imprenditoriale nella Valle dello Jato, nel comprensorio partinicese e corleonese. “Verrà costituito un distretto imprenditoriale – annuncia lo stesso Caputo – che unirà in un progetto di sviluppo tutti gli imprenditori del territorio della Valle dello Jato per creare occasioni di sviluppo e per rendere più compatibili le imprese che oggi operano con grande difficoltà in uno dei territori più vasti della regione”.
Alla riunione costitutiva hanno partecipato imprenditori ed amministratori pubblici dei Comuni della Valle dello Jato. L’obiettivo del progetto è quello di mettere in rete tutti le realtà produttive del comprensorio al fine di utilizzare le risorse del POR 2007/2013 ed i finanziamenti statali e regionali. “Le tante occasioni date dai fondi Europei – aggiunge il parlamentare – in questo modo sarà possibile sfruttarle. A far parte del distretto ci saranno non solo imprenditori ma anche consorzi agricoli, zootecnici e vitivinicoli. Si tratta di un’iniziativa senza precedenti nel nostro territorio che presenteremo all’assessore regionale alle Attività Produttive Marco Venturi, per essere inserita nei numerosi accordi di programma e consentirà di ottenere finanziamenti per realizzare iniziative di sviluppo economico ed occupazionale in un territorio che, – ha concluso Caputo – sotto l’aspetto imprenditoriale e produttivo, è sempre rimasto ai margini dello sviluppo perché sottoposto ai forti condizionamenti della presenza di Cosa Nostra”.
 


Senza i consorzi, è l’agricoltura il comparto più in sofferenza
 
È in particolar modo l’agricoltura a risentire di questa eccessiva frammentazione del tessuto imprenditoriale. “Le nostre imprese agricole – dice il vicepresidente dell’Ars, Camillo Oddo – sono piccole e molto frammentate; sono condotte da imprenditori agricoli anziani e poco propensi alle innovazioni; il ricambio generazionale è ridotto ai minimi termini; la meccanizzazione e l’innovazione tecnologica sono a livelli molto bassi. Ma il vero nodo è la scarsa qualificazione delle nostre produzioni. Troppo poca è la percentuale delle produzioni agricole siciliane che raggiunge direttamente i mercati”. Tutti problemi concatenanti. Di non poco conto quelli rilevati anche da Riccardo Ricci Curbastro, presidente di Federdoc, la federazione nazionale dei consorzi di tutela dei vini a denominazione: “La frammentazione aziendale è un punto di debolezza che non aiuta il settore, tanto più che persistono le difficoltà di coordinamento tra i viticoltori e gli altri soggetti della filiera, per azioni sinergiche di ottimizzazione della produzione, di approccio ai mercati e promozione dei prodotti. Bisogna attivare processi di imitazione dei modelli aziendali positivi riportando le competenze di questi in distretti produttivi e territoriali ben più ampi degli attuali”.

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