La Sicilia realizzerà un Parco sottomarino con resti archeologici nel mare del Giappone - QdS

La Sicilia realizzerà un Parco sottomarino con resti archeologici nel mare del Giappone

La Sicilia realizzerà un Parco sottomarino con resti archeologici nel mare del Giappone

martedì 07 Settembre 2010

Si è conclusa la missione di ricerca dell’assessorato regionale ai Beni culturali e della Soprintendenza del Mare. Armao: “Risultati che elevano il prestigio dell’Isola nel mondo e aumentano l’export in Oriente”

PALERMO – La Sicilia realizzerà in Giappone un itinerario archeologico e culturale all’interno di un Parco museale subacqueo, tramite l’applicazione di telecamere per la visita virtuale, come quelli sviluppati nell’Isola dalla Soprintendenza del Mare.
La notizia arriva a conclusione della missione archeologica siciliana in terra nipponica, avvenuta fra il 20 ed il 29 agosto, che ha permesso il rinvenimento di numerosi reperti nelle acque della Baia di Maegata, sulla costa occidentale dell’isola di Ojika, nel Giappone meridionale. Si è trattato della seconda campagna di ricerca della missione archeologica italiana in Giappone organizzata dall’assessorato regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, dalla Soprintendenza del Mare della Regione siciliana, dall’Università di Bologna e da Archeologiattiva in collaborazione con l’Asian Research Institute of Underwater Archaeology (Ariua).
Le ricerche nel mare giapponese erano iniziate già nel 2001, con l’individuazione di importanti reperti e consistenti indizi, probabili resti di naufragi ed ancoraggi compresi cronologicamente tra il XII ed il XIV secolo. Sulla base di questi indizi, il direttore della missione archeologica giapponese, Kenzo Hayashida dell’Ariua, si è convinto che questa baia possa essere stata una delle aree costiere dove andò ad impattare la flotta di Kubilai Khan, imperatore mongolo della Cina, nel 1281, in occasione del tentativo di invasione del Giappone fallito a causa di un tifone. La prima spedizione alla quale presero parte tecnici ed esperti italiani, invece, è datata 2009, quando furono identificate e recuperate numerose ceramiche, tra cui principalmente ciotole cinesi.
A margine della missione a cui hanno partecipato anche gli esperti siciliani, è stata effettuata una prova d’installazione di telecamera fissa sul fondo del mare nella Baia di Maegata, in prossimità dell’area di scavo, su richiesta dagli amministratori di Ojika per valutare la possibilità di installazioni fisse del genere in funzione dello sviluppo turistico dell’isola.
“I risultati raggiunti durante questa spedizione archeologica – ha detto l’assessore regionale ai Beni culturali, Gaetano Armao – contribuiscono ad elevare il prestigio della Sicilia a livello internazionale, a rafforzare i legami tra l’Isola e l’Estremo Oriente, recentemente intensificati grazie all’Expo di Shangai, e a dare un apporto all’incremento dell’esportazione dei prodotti siciliani in Giappone”.
Con gli amministratori locali di Ojika è stato anche discusso lo stato di avanzamento delle procedure per il gemellaggio tra l’isola giapponese e Pantelleria, già ampiamente trattato e consolidato grazie alla trasferta sull’isola siciliana della delegazione nipponica guidata dal sindaco di Ojika, dello scorso maggio del 2010.
 

 
I reperti. Ceramiche cinesi dei secoli XI e XII
 
PALERMO – La campagna archeologica nel mare giapponese ha visto impegnati, oltre ai ricercatori siciliani, anche alcuni volontari subacquei coreani ed una giovane studentessa francese. Le ricerche hanno permesso di identificare e recuperare una ciotola a calotta su alto piede ad anello, pressoché integra, a vernice bianca (Hakaji) di provenienza cinese, databile all’XI-XII secolo e frammenti di ceramiche comuni giapponesi pertinenti piccole ciotole a superficie opaca.
Particolarmente significativa è stata considerata la presenza di una ciotola frammentaria a vernice grigia databile alla fine dell’XI secolo (dinastia dei Sung), proveniente dalla provincia del Fujian (Cina del Sud). Interessante anche il rinvenimento di una spoletta ricavata levigando una tibia di suino, con forcella distale adoperata per la riparazione delle reti. Sono state anche rinvenute numerose ossa quasi tutte di suini considerati residui di provviste di cambusa e qualche frammento di legno che potrebbe essere residuo di navi.

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