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Aspiranti, mobilitatevi, fate le domande

Carlo Alberto Tregua

Aspiranti, mobilitatevi, fate le domande

martedì 14 Settembre 2010

Consiglio di Stato, pari dignità con i precari

Il Consiglio di Stato, con ben tre decisioni (n. 4495/2010, n. 24/04 e n. 141/99) ha stabilito il principio della eguaglianza fra i cittadini, prevista dall’art. 3 della Costituzione. Sembra che vi sia stato il bisogno di riaffermare tale principio di eguaglianza perché il cattivo ceto politico statale e regionale se n’è dimenticato. Infatti, in questi decenni, ha fatto entrare nella pubblica amministrazione centinaia di migliaia di cittadini, sottratti alla competizione prevista dall’art. 97, secondo comma della Costituzione, che li mette tutti sullo stesso piano, cioè la partecipazione ai concorsi pubblici.
Non solo tale cattivo ceto politico ha compiuto questo misfatto per pura ragione clientelare, consistente nello scambiare il voto con il favore, ma ha fatto di peggio. Ha approvato una legge nazionale con la quale ha previsto una deroga al citato art. 97 della Costituzione per consentire a tutti coloro che erano entrati nella pubblica amministrazione di procedere alla loro stabilizzazione, cioè trasformare il loro contratto da tempo determinato a tempo indeterminato.

Con i tre pronunciamenti prima richiamati, il Consiglio di Stato ha ribadito il principio che la stabilizzazione è illegittima qualora violi il diritto degli aspiranti che è pari a quello degli stessi stabilizzandi.
Non c’è dubbio che se la Pubblica amministrazione trasforma i contratti compie tale illegittimità perché non ha verificato preliminarmente il diritto degli aspiranti, cioè di tutti quei cittadini che non avendo avuto la raccomandazione non sono entrati nella pubblica amministrazione per chiamata clientelare e quindi sono stati tagliati fuori in violazione del richiamato art. 3 sull’eguaglianza dei cittadini.
Un’autentica vergogna che si perpetua da decenni. In tempi in cui vi è una fortissima disoccupazione nelle categorie di chi non ha mestiere (chi ha competenze trova subito opportunità di lavoro), avere escluso i non raccomandati dalle pubbliche amministrazioni è una colpa grave che i cittadini debbono far pesare quand’è il momento delle elezioni.
Qualcuno ci scrive che sull’argomento siamo ripetitivi. Ma i giornali hanno l’obbligo (non la facoltà) di evidenziare le malversazioni politiche, i casi di corruzione o di favoritismi come quello in esame.

 
Che devono fare gli aspiranti, in questo caso quelli siciliani? Devono inviare la propria domanda, unitamente al curriculum, al proprio Comune di residenza e alla Regione, mediante Pec (Posta elettronica certificata) che ha lo stesso valore della raccomandata A.R., (D. lgs. n. 82/2005) , chiedendo di essere assunti. La richiesta è pienamente legittima perché non vi è alcuna differenza fra il precario che già lavora nell’amministrazione e il siciliano che ci vuole lavorare.
Sulla base delle tre decisioni del Consiglio di Stato, l’amministrazione comunale e l’amministrazione regionale, prima di procedere a fare i contratti a tempo indeterminato ai precari presenti nei loro uffici, hanno l’obbligo di valutare i curricula di tutti gli aspiranti, ripetiamo, quei siciliani che non sono stati chiamati nei decenni dalle amministrazioni per effetto della raccomandazione del politico di turno. È quindi tutelato il diritto dei cittadini non raccomandati.
Gli aspiranti, singolarmente, non hanno peso. Perciò devono riunirsi in comitati per portare la loro voce sotto il municipio della propria città e sotto l’assessorato al Lavoro della Regione, perché essi non debbono essere considerati siciliani di seconda serie. Questo giornale sostiene ampiamente la loro azione perché il principio di equità è un valore morale che nessuno può ledere, meno che mai sindaci o governo regionale.
Quest’ultimo, nel prevedere il cosiddetto piano di stabilizzazione, ha finora escluso tutti gli aspiranti, con ciò non tenendo conto della giurisprudenza, in palese violazione degli art. 3 e 97 della Costituzione e, soprattutto, di quel valore principale che dev’esserci in una comunità, segnatamente quella siciliana, che è il valore dell’equità.
Come può il presidente di tutti i siciliani, Raffaele Lombardo, presentarsi all’opinione pubblica dopo che il suo governo ha privilegiato i raccomandati e ghettizzato tutti i siciliani che, pur in possesso di titoli professionali anche migliori, ma non raccomandati, sono stati tenuti fuori?
Ci pensi, il presidente Lombardo, e dia una saggia risposta.

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