Prg, vincoli scaduti in 8 comuni su 10 - QdS

Prg, vincoli scaduti in 8 comuni su 10

Rosario Battiato

Prg, vincoli scaduti in 8 comuni su 10

giovedì 16 Settembre 2010

Urbanistica. Analisi alla vigente legge sui Piani regolatori.
Norme. La Legge regionale 71 del 1978 regola l’urbanistica, ma ha fatto il suo tempo, dimostrandosi fin troppo farraginosa. L’iter di approvazione degli strumenti, infatti, dura finanche a dieci anni e più.
Risultati. Gran parte dei 390 comuni siciliani ha i vincoli scaduti e spesso pianifica il proprio sviluppo urbano senza una logica. Falliti, finora, i tentativi di approvare un nuovo testo, nonostante varie proposte

PALERMO – Trent’anni senza una legge quadro sull’urbanistica e comuni con piani regolatori che sono fuori moda già al momento dell’entrata in vigore. Nella terra dei tempi morti e delle perenni attese la vicenda del blocco di una legge quadro per la pianificazione urbanistica fa registrare l’ennesimo record nazionale, nonostante i vari tentativi compiuti nel corso dei tre decenni scorsi, l’ultimo dei quali nel 2005 col Disegno di legge presentato dall’ex assessore Cascio.
Adesso un tavolo interprofessionale ha redatto un documento già presentato all’assessorato regionale al Territorio e ambiente, ma intanto i tempi stringono perché l’81% dei comuni isolani ha i vincoli ormai scaduti. Persino le città che hanno un Prg recente pagano dazio e si ritrovano strumenti superati.
 
Ci sono inspiegabili ritardi che si accumulano, nonostante periodicamente i politici o gli addetti ai lavori spieghino la necessità di superare una determinata impasse. Un esempio di questo malcostume italiano in generale e siciliano in particolare si può rintracciare nel percorso turbolento della legge regionale sull’urbanistica, la cui ultima redazione risale al 1978 (LR 27 dicembre 1978, n.71). Figlia di questa legge quadro – ormai del tutto smembrata date i vari aggiustamenti subiti nel corso degli anni – è l’attuale situazione di pianificazione urbanistica in Sicilia, che nella forma e nella sostanza manca di riferimenti normativi, mentre a livello locale brancola nel buio di piani regolatori che per oltre l’80% non hanno strumenti di pianificazione aggiornati.
“La legge urbanistica del 1978 è oramai ampiamente antiquata e si muove entro steccati superati”. Le parole di Rino La Mendola, presidente consulta regionale degli architetti, sottolineano l’urgenza di una nuova legge che tenga conto degli ultimi riferimenti normativi in materia di pianificazione urbanistica. La legge quadro fu partorita nel 1978 ed era una buona legge per l’epoca, ma con tutti i limiti di strumenti urbanistici che risalgono a circa tre decenni fa, ai tempi del delitto Moro, tanto per intenderci. Adesso la legge 71/1978 ha persino perso quella connotazione di riferimento, in quanto è stata diverse volte scucita e rattoppata nel corso degli ultimi trent’anni. Questo stato di cose ha certamente avuto un effetto a cascata non proprio favorevole per la pianificazione urbanistica locale, infatti uno sguardo allo stato dell’arte dei comuni regionali registra un coacervo di situazioni in cui appare difficile orientarsi.
Ci sono Piani Regolatori ante legge quadro, quelli post 1978 ma comunque antiquati, e altre realtà in cui vigono i PUC (Piano urbanistico Comprensoriale) o i Pdf (Programma di fabbricazione). Lo stato dell’arte è avvilente e alcuni comuni sono annegati in un immobilismo che ha dell’incredibile: a Catania il Prg risale alla fine degli anni ‘60. In questo vuoto di programmazione l’anarchia urbanistica ha di fatto costituito la norma generale su cui si è improntata la pianificazione urbanistica degli ultimi decenni.
Secondo un documento redatto dal Dipartimento regionale dell’Urbanistica dell’assessorato Territorio e ambiente della Regione siciliana, a cura di Giuseppe Treppiede e Antonella Aluia, su 390 comuni siciliani il 17,8% ha uno strumento urbanistico antecedente alle legge regionale del ‘78, mentre l’82,82% ha uno strumento urbanistico che discende dalla Legge 71 del ‘78. Gli esperti del dipartimento sostengono che almeno il 50% è dotato di piani regolatori generali che dovrebbero essere assoggettati ad un nuovo percorso formativo in quanto non aggiornato al d.p.r. 327/01. Dei 25 centri medi siciliani (comuni superiori a 30 mila abitanti) solo 15 hanno un piano urbanistico di recente formazione (cioè degli ultimi 10 anni), mentre appena 2 hanno vincoli vigenti.
In conclusione, sempre secondo il rapporto stilato dai tecnici del dipartimento, il 18,72% dei comuni ha i  piani che hanno vincoli vigenti, mentre l’81,28% dei comuni hanno i vincoli scaduti. Nell’ultimo anno sono stati 16 i piani approvati tra cui quello del comune di Agrigento, luogo simbolo nei decenni passati di una pianificazione selvaggia di un abusivismo dilagante.
Il problema tuttavia non è solo dei consigli comunali, da cui deriva l’approvazione dei Prg, ma proprio dall’assenza di riferimenti regionali che ne possano accelerare le pratiche. Per il primo caso esiste una soluzione forzata (tra il 1999 e il 2009 ben 102 comuni hanno avuto il piano come adozione commissariale contro 92 di adozione consiliare) ma per il secondo caso ci vuole una legge quadro regionale.
Di media, secondo quanto riportato da Rino La Mendola, per l’approvazione di un piano regolatore in Sicilia ci vogliono circa 10 anni, soprattutto perché le norme previste nella legge regionale sono ancora troppo appesantite da orpelli burocratici e pertanto esiste il rischio concreto che un piano diventi vecchio già durante la gestazione. Adesso ci vuole concretezza non come nel 2005 – Francesco Cascio era assessore al Territorio e ambiente – quando la riforma si arenò.
 

 
Inadempienze. Molto spesso deve intervenire il commissario
 
PALERMO – Non ci sono solo comuni i cui piani regolatori si perdono nella notte dei tempi, ma anche quelle realtà che hanno di recente approvato i loro strumenti urbanistici si trovano spesso un documento superato.
L’allarme arriva direttamente dal documento sulla pianificazione urbanistica nei Comuni redatto dagli esperti del Dipartimento Urbanistica della Regione siciliana. Si evidenzia “la dilatazione dei tempi intercorrenti dalla data in cui è avviata la formazione del Piano al momento in cui lo stesso è adottato” e in seguito anche alla tempistica che “intercorre dal momento dell’adozione all’emanazione del provvedimento definitivo”. Spesso i documenti preparatori per la definizione del piano risalgono anche a 5 anni prima, segnale di un procedimento farraginoso bloccato da pastoie burocratiche e questioni politiche. In 102 casi su 194 dell’ultimo decennio la titolarità dell’atto adottivo risulta di competenza commissariale “sia per effetto di accertate inadempienze comunali che molto più spesso, in conseguenza di dichiarato interesse da parte della maggioranza dei rappresentanti del consiglio Comunale”.

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