Ma Feltri non doveva dimettersi - QdS

Ma Feltri non doveva dimettersi

Carlo Alberto Tregua

Ma Feltri non doveva dimettersi

martedì 28 Settembre 2010

Preoccupazione per le ritorsioni

Da sabato 25 settembre “Il Giornale” non è firmato da Vittorio Feltri che si è dimesso da direttore responsabile. Al suo posto è subentrato il condirettore Alessandro Sallusti. Si tratta chiaramente di un’operazione di tipo amministrativo perchè, nella sostanza, il quotidiano della famiglia Berlusconi, col cambio di direzione, non ha mutato di una virgola la sua linea editoriale.
Vittorio Feltri ha assunto la direzione editoriale, come è scritto nello stesso posto in prima pagina. Che significa direttore editoriale e non più direttore responsabile? Significa che Feltri da sabato è responsabile esclusivamente per quello che scrive. Per chi non lo sapesse potrebbe scrivere come un comune cittadino e non come giornalista iscritto all’Ordine regionale della Lombardia. Peraltro a carico dell’ex direttore responsabile è aperto un fascicolo da parte dello stesso Ordine. 
Chiunque può scrivere su quotidiani e periodici da cittadino come accadde nel caso di Renato Farina, “Betulla” per i servizi segreti, che dopo essere stato cancellato dall’Ordine dei giornalisti ha continuato tranquillamente a scrivere sui quotidiani, salvo che, anche per questo motivo, Feltri è stato sospeso dallo stesso Ordine della Lombardia per sei mesi.

Conosco Feltri per la sua carriera professionale ed approvo il suo modo di fare giornalismo che comporta la pubblicazione di fatti, opportunamente e necessariamente verificati con i riscontri, a chiunque facciano riferimento. Disapprovo invece una campagna mediatica che tende a fare dimettere dalla carica un vertice istituzionale. Quest’azione non fa parte del codice deontologico nè degli obblighi e neanche dei diritti dei giornalisti.
Tuttavia ricordo che questo procedimento è di stampo anglosassone. Quando in Usa vi sono dei fatti gravi addebitabili a responsabili delle istituzioni, quotidiani e giornalisti li additano e persino li fanno dimettere.
Il più noto è il caso di Richard Nixon il 37° presidente degli Stati Uniti, detto il bugiardo, attaccato da due giornalisti del “Washington Post” Bob Woodward e Carl Bernstein che riuscirono nell’impresa impossibile. Ma mai quel direttore (Benjamin C. Bradlee) effettivamente il vero eroe della vicenda, anche se taciuto da tutti, pensò nemmeno per un momento di dimettersi. Corse solo il rischio di essere mandato a casa dal suo editore.

 
Notizie di stampa riferiscono che Vittorio Feltri e Alessandro Sallusti, hanno incontrato Berlusconi a Palazzo Chigi, invitati dal cavaliere. Non ci risulta che l’incontro abbia avuto per oggetto un’intervista. Quindi dobbiamo ritenere che si sia trattato di una cena d’affari amichevole. Peraltro è del tutto normale che un editore riceva i direttori dei suoi giornali.
Non è normale che Feltri abbia detto più volte di non essersi mai sentito con Silvio Berlusconi nel corso della campagna mediatica contro Fini, lanciata ormai da diversi mesi. Un’affermazione cui nessuno ha creduto perchè senza un’adeguata protezione finanziaria nessun direttore attacca con tanta veemenza un vertice dello Stato.
Quanto affermiamo è dimostrato indirettamente dalle dimissioni di Feltri, cui prima si accennava. Informazioni in ambienti milanesi hanno parlato di un ricco assegno di ingaggio per fare trasferire Feltri da “Libero” a “Il Giornale”. Un assegno multimilionario. è giusto che un cavallo di razza del giornalismo venga pagato bene quasi come un calciatore. Ma nessun assegno può salvaguardare da eventuali sanzioni che i tribunali penali e civili possono emettere a carico di chi fa campagne come quella di Feltri.

Ecco perchè, ci sembra evidente, che Feltri abbia dato le dimissioni da direttore responsabile. Noi al suo posto non l’avremmo fatto, ma non siamo al suo posto. Non l’avremmo fatto perchè le dimissioni significano togliersi dal fronte per evitare il rischio delle bordate avversarie e andarsene molto indietro nelle retrovie in modo da essere protetto da ogni rischio.
Questo è umano e perfettamente comprensibile, perchè tutti tengono famiglia, ma chi ha il coraggio delle proprie azioni deve andare sempre fino in fondo, costi quel che costi. Le furbate non depongono mai a nostro favore. Dispiace osservare quanto precede, ma l’etica , e ancor più l’etica giornalistica, non comporta compromessi. Soprattutto in una questione che ha al suo centro proprio l’etica. Di questo è accusato Gianfranco Fini: non di reati ma di aver violato la morale politica.

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