Ato idrici, la Sicilia si conferma prima negli oneri di gestione - QdS

Ato idrici, la Sicilia si conferma prima negli oneri di gestione

Rosario Battiato

Ato idrici, la Sicilia si conferma prima negli oneri di gestione

martedì 28 Settembre 2010

Gli ultimi dati del rapporto Blue Book, redatto da Anea e Utilitas, sul mondo dell’acqua in Italia. Gli ambiti dell’Isola spendono oltre il 42% per il personale, quelli lombardi il 22%

ROMA – Gli ultimi dati Blue Book 2010, il rapporto redatto da Anea (Associazione nazionale autorità e enti di ambito), e Utilitatis sul mondo dell’acqua certificano una spesa media di 134euro l’anno per un consumo di 100 metri cubi e 201 euro se invece il consumo è di 150 metri cubi. Al Nord il costo più alto, ma per un servizio che funziona certamente meglio. Sulla base della tariffa reale media invece il valore si attesta a 1,37 euro al metro cubo, con un trend in continuo aumento che arriverà a 1,63 euro nel 2020 con dinamiche tariffarie piuttosto diversificate su base regionale.
Il peso del costo del personale sul totale degli oneri di gestione fa registrare in Sicilia il suo picco massimo, infatti a fronte di una media nazionale pari a 30,9%, la punta minima si registra in Lombardia (22,9%), mentre la più alta proprio nell’Isola (42,7%). Secondo il rapporto gli aumenti della tariffa saranno inevitabilmente legati agli investimenti da realizzare nella rete idrica, che, secondo quanto riporta il dossier, saranno di circa 64,12 miliardi di euro per i prossimi tre decenni, qualcosa come 2,13 miliardi all’anno.
Si capisce bene come la Sicilia, dato lo stato dell’arte del suo sistema acqua, potrà essere una delle regioni sensibilmente toccate dagli aumenti: nel 2008 nell’Isola per ogni 100 litri di acqua erogata si prelevava una quantità di 155 litri, cioè il 55% in più, rispetto al 57% del 2005 e al medesimo valore del 1999. Dispersioni totali che sono invece assai ridotte in altre realtà regionali come Lombardia (31%), Piemonte (49%), Toscana (42%) ed Emilia-Romagna (44%). Tra le criticità rilevate e quindi i punti su cui intervenire si passa dallo stato delle condutture (perdite), alla necessità di garantire una continuità di afflusso alle condutture e alle adduzioni di acqua all’ingrosso concesse a imprese industriali (in genere alimentari), fino ai prelievi non autorizzati.
In generale il comparto acquedottistico assorbirà 15,75 miliardi di euro, di cui il 60% destinato a manutenzione straordinaria. Sempre a livello nazionale gli investimenti riguarderanno anche fognatura e depurazione (18,83 miliardi di euro), un altro settore in cui l’Isola fa segnare record negativi con un deficit depurativo del 37%. Previsto anche un aumento dei consumi tra il 2010 e il 2020. Tra le aree prevedibilmente in crescita il meridione d’Italia, aumento pari a +4,3%, ma soprattutto le isole dove l’aumento percentuale arriverà a quota 7,2%.
“Occorre un nuovo sistema di governante – ha spiegato Roberto Bazzano, presidente di Federutilility, la federazione che associa le aziende di servizi pubblici locali e il 95% degli acquedottisti – che riporti la programmazione degli investimenti a livelli superiori, almeno regionali. Serve una autorità centrale dello Stato, autonoma ed indipendente, che fornisca la regolamentazione di riferimento, dirima i conflitti di competenze e, eventualmente, si faccia carico dal punto di vista normativo delle differenze ad oggi esistenti fra il nord e il sud del Paese”.

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