Il grave flop di Tremonti - QdS

Il grave flop di Tremonti

Carlo Alberto Tregua

Il grave flop di Tremonti

sabato 02 Ottobre 2010

Il ministro vuole commissariare la Sicilia

La Banca d’Italia comunica che il debito pubblico, al 31 luglio 2010, è arrivato a 1.838,3 miliardi di euro, partendo, il 1° gennaio, da 1.760,7 mld di euro. Si è prodotto un maggiore indebitamento, in appena 7 mesi, di 78 miliardi. Se dovesse proseguire con questo ritmo, alla fine dell’anno il debito potrebbe arrivare a 1.880 miliardi, diventando il primo in assoluto nel mondo. Questo fatto indica il fallimento della politica del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, il quale non è stato in condizione, nonostante la manovra attuata con la legge 122/10, di tagliare adeguatamente le spese, in modo da compensare la diminuizione del gettito fiscale.
Secondo la Ruef (Relazione unificata economia e finanza pubblica 2010), il Pil nominale dell’anno in corso dovrebbe attestarsi a 1.554 mld, la spesa a 734 mld, le entrate a 724 mld. Il disavanzo primario che ne consegue è di 10 mld, cui si sommmano 73,5 mld per interessi sul debito.

Cosicché, secondo le previsioni, il debito pubblico dovrebbe aumentare di 83,5 mld. Dai numeri elencati risulta ben evidente che questo obiettivo sarà fortemente superato.
Le cause di tale pessimo risultato, appunto un fallimento, sono due. La prima riguarda l’incapacità del Governo di stimolare l’economia per portare il Pil ad un incremento di oltre il 2%, come sta facendo la Germania. La seconda, ancora più grave, di non avere tagliato la spesa corrente, falcidiando il parassitismo, gli sprechi, i privilegi di un ceto politico, burocratico, imprenditoriale e sindacale, che mangia nella greppia pubblica a quattro mani, facendola sempre di più indebitare.
In questo quadro, Tremonti ha commesso un altro gravissimo errore di politica economica: ha tagliato le spese correnti con una linea orizzontale; con ciò, punendo gli enti virtuosi e non penalizzando a sufficienza gli enti viziosi. Si tratta, quindi, di una politica economica non rigorosa, che ha lasciato inalterati gli equilibri; mentre una manovra economica deve apportare correzioni ove abbisognano. Insomma, gli occhiali di Tremonti non hanno messo a fuoco la sua vista, ovvero, peggio, egli ha visto le cose, ma ha fatto come le tre scimmiette.

 
Il successore di Quintino Sella ha commesso un ulteriore errore di politica economica: ha tagliato trasferimenti per la costruzione di infrastrutture (opere pubbliche) e non la spesa corrente. è del tutto evidente il danno che si crea all’economia quando si rinviano o si ritardano le opere pubbliche.
Lo sviluppo di un Paese è basato sulle infrastrutture. Nel suo complesso, l’Italia ha un tasso infrastrutturale che è pari alla metà di quello della Germania e, all’interno, il tasso infrastrutturale del Sud e della Sicilia, è dimezzato rispetto alle regioni del Nord. Ecco una delle spiegazioni dell’arretratezza del Meridione.
Proprio per pareggiare il conto, Tremonti avrebbe dovuto tagliare la spesa corrente con l’accetta e trasferire i risparmi verso opere pubbliche, per due terzi al Sud e un terzo al Nord, in modo da cominciare il livellamento infarastrutturale. Per fare questo, occorre un forte peso politico meridionale, senza il quale vincono Bossi e compagni.

Da più di un anno Tremonti non firma il mandato per trasferire alla Sicilia le risorse Fas per 4,3 mld. Abbiamo l’impressione che egli voglia affamare la Sicilia, negandole quanto è suo diritto avere, con lo scopo di prosciugare le disponbilità finanziarie e, quindi, portarla al dissesto. Appunto il dissesto è una delle cause per le quali si può sciogliere l’Assemblea con relativa decadenza del presidente della Regione, in modo da nominare un commissario governativo che possa mettere ordine.
La manovra è subdola, ma appropriata allo scopo di buttare giù il presidente dei siciliani, Raffaele Lombardo, e mandare il popolo alle elezioni, possibilmente in concomitanza con quelle nazionali che verosimilmente si svolgeranno in aprile 2011. Lombardo deve subito attivare non solo una pressione politica insieme con i nuovi alleati (Udc di D’Alia, Finiani, Rutelliani e Pd), ma anche procedimenti giudiziari sia davanti alla Corte costituzionale che dinnanzi alla Corte di giustizia europea. L’obiettivo più importante è quello di riattivare l’Alta Corte e di mettere in mora il Governo nazionale. Altro che occuparsi della Tirrenia.

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