Pec: i Comuni ignorano Brunetta - QdS

Pec: i Comuni ignorano Brunetta

Francesco Torre

Pec: i Comuni ignorano Brunetta

martedì 12 Ottobre 2010

E-gov. Le istituzioni siciliane ferme all’età della carta.
Le norme. Innanzitutto fu il Cad (Codice dell’amministrazione digitale) nel 2005 a introdurre l’obbligo della Pec. La legge 2/09 ha poi imposto una casella per ciascun registro di protocollo.
In Sicilia. Su 390 Comuni, solo 148 si sono adeguati. Tutti gli altri non hanno questo strumento che consentirebbe un risparmio sulla carta e sulle spese postali dell’invio tradizionale.

PALERMO – Doveva essere una rivoluzione, un modo tutto nuovo di far dialogare la Pubblica amministrazione e i cittadini. Alla fine, però, ad attivare la Pec (Posta elettronica certificata), in Sicilia, sono stati davvero in pochi, in barba a tutte le minacce del ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione, Renato Brunetta, che aveva parlato senza mezzi termini di “pensanti sanzioni” nei confronti degli enti locali inadempienti.
Il risultato? Soltanto tre Comuni siciliani su dieci sono in grado di dialogare tramite posta certificata con i cittadini-utenti. Ben 242 amministrazioni che, oltretutto, non hanno ricevuto alcuna sanzione, fermi a quella che per molti è ormai diventata “l’età della carta”.
 
Solo 148 Comuni siciliani su 390 hanno attivato il servizio di Posta elettronica certificata. Stando ai dati del ministero della Pubblica Amministrazione e dell’Innovazione, la rivoluzione informatica invocata da Renato Brunetta il 26 aprile scorso non sembra proprio aver attecchito nella nostra Regione. E non solo qui, a dire il vero.
In quella data, infatti, il ministro aveva annunciato la straordinaria possibilità, per ogni cittadino italiano, di recarsi presso qualsiasi ufficio postale per ottenere gratuitamente, dietro presentazione di un documento d’identità, un account di Pec.
«Da oggi sarà possibile interloquire con la pubblica amministrazione per via elettronica», aveva spiegato Brunetta agli italiani, «con lo stesso valore di una raccomandata con ricevuta di ritorno». Niente più carta, niente più code, niente più soldi da pagare. Insomma, una manna dal cielo. Peccato, però, che per “interloquire” bisogna essere almeno in due, e a sei mesi da quell’annuncio a Savoca così come a Portopalo, a Santa Croce Camerina così come a Favignana, i cittadini che hanno attivato la Pec sono costretti ad un dialogo muto.
La normativa – Innanzitutto fu il Codice dell’amministrazione digitale, nel 2005 (art. 47 del dl n. 82 del 7 marzo), ad obbligare gli enti pubblici a dotarsi di un servizio di posta certificata. Poi arrivò la cosiddetta legge “anti-crisi”, la riforma del pubblico impiego n. 2 del 28 gennaio 2009, che all’art. 16, comma 8, recitava: «Le amministrazioni pubbliche istituiscono una casella di posta certificata per ciascun registro di protocollo e ne danno comunicazione al Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione, che provvede alla pubblicazione di tali caselle in un elenco consultabile per via telematica». E tale legge entrò in vigore il 29 novembre 2009. Pochi giorni prima, anche l’amministrazione regionale (nota 60309 del 5 novembre scorso a firma dell’assessore Giovanni Di Mauro) annunciava l’avvio di un servizio sperimentale di Pec ad uso interno.
Il servizio – La Posta elettronica certificata è un sistema di posta elettronica, quindi una e-mail, unitamente alla quale viene fornita al mittente una documentazione elettronica con valenza legale.
Tale documentazione attesta e pertanto “certifica” l’invio e la consegna di documenti informatici. Essere in possesso di una casella di Posta elettronica certificata consente di ricevere (dal proprio gestore di posta certificata): una ricevuta che costituisca una prova di valore legale relativamente all’avvenuto invio (conferma di spedizione) della mail e della documentazione eventualmente allegata; una ricevuta di ricezione da parte del destinatario (avvenuta consegna o mancata consegna della posta elettronica certificata) con la precisa indicazione temporale.
Nel caso in cui il mittente dovesse smarrire o cancellare erroneamente le ricevute, la tracciatura che è stata fatta su dette mail (che per legge dovrà essere conservata per un periodo di 30 mesi) consentirà la riproduzione delle ricevute stesse (che avrà lo stesso valore legale delle ricevute in origine inviate).
La diffusione – I dati del ministero della Pubblica amministrazione e dell’Innovazione riferiscono che attualmente risultano attivi tra i privati circa 1 milione di indirizzi di posta certificata in Italia: oltre 400 mila di singoli cittadini e oltre 500 mila di imprese.
Nonostante ciò, sono ancora tante le amministrazioni pubbliche ancora prive di questo servizio, tanto da indurre il ministro Brunetta a redigere nel luglio scorso una black list e ad annunciare pesanti sanzioni.
«Le amministrazioni inadempienti non hanno più alcun alibi», aveva annunciato allora il responsabile della Funzione Pubblica minacciando tagli sulla retribuzione di risultato ai dirigenti “fannulloni” in tema di Pec. Nella lista nera erano presenti addirittura dieci amministrazioni centrali (tra cui il ministero dello Sviluppo Economico e i Monopoli di Stato), 56 Università, 7 Regioni, 23 Province e 26 Comuni capoluogo.
In Sicilia – Premettendo che i numeri forniti dal ministero vanno presi con una certa elasticità in quanto nel settore informatico gli aggiornamenti andrebbero fatti di settimana in settimana e non trimestralmente, le ultime rilevazioni riguardanti i Comuni siciliani mostrano un livello di inadempienza molto diffuso. Tra gli 82 Comuni della provincia di Palermo, per esempio, solo 33 risulterebbero forniti di Pec. Non va certo meglio né a Catania (27 Comuni Pec su 58) né a Messina (33 su 108). E lo scenario non muta nel resto del territorio regionale. E questo nonostante l’obbligo sia in vigore già da oltre cinque anni.
 
Domani seconda puntata con la Pec alla Regione

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