L’eterna agonia dell’inutile Anci - QdS

L’eterna agonia dell’inutile Anci

Michele Giuliano

L’eterna agonia dell’inutile Anci

sabato 16 Ottobre 2010

Enti locali. Le enormi difficoltà dei Comuni siciliani.
Inefficienza. L’organismo che rappresenta i Comuni non è riuscito a portare a termine accordi e progetti né a fare studi e ricerche, pur incassando regolarmente le quote associative.
Questioni nodali. Rifiuti, precariato, ritardi nei trasferimenti e federalismo fiscale: l’azione è assolutamente marginale, anche perché l’associazione non ha attivato alcun Osservatorio.

PALERMO – Zero risultati raggiunti nel 2010, attività paralizzata, nessun sostegno ai Comuni associati. Il bilancio 2010 dell’Anci non incoraggia. Lo ammette anche il segretario, Andrea Piraino: “Abbiamo subito un sostanzioso rallentamento a causa di divisioni interne. È innegabile che l’Anci, se non c’è al suo interno una posizione unitaria, perde certamente di efficacia”.
Il riferimento alle “divisioni” riguarda l’annullamento, deciso dal Tar, dell’assemblea che aveva portato alle elezioni del segretario Alvano e del presidente Visentin. La vicenda giudiziaria ha congelato ogni azione. Nessuna attività di ricerca, quindi, nessun Osservatorio istituito. Così, sui temi nodali come il federalismo, i rifiuti o i ritardi nei trasferimenti i Comuni sono rimasti praticamente da soli.
 
I Comuni devono vedersela con i Patti di stabilità, i ritardi dei trasferimenti, il groppone dei precari che pesano come un macigno sul loro bilancio. Tutte questioni che, insieme a tante altre, avrebbero dovuto affrontare al fianco di un grande alleato come l’Anci Sicilia, l’associazione nazionale dei Comuni. E invece il 2010 che si sta per chiudere è stato davvero disastroso, sotto l’aspetto dell’attività portata avanti, per questo organismo, dilaniato dalle lotte intestine tra i vari sindaci per occupare i posti di guida dell’associazione.
Risultati raggiunti nel 2010? Zero. Lo ammette, anche se con una certa diplomazia, il segretario regionale dell’Anci, Andrea Piraino.
“Dire che la nostra attività è rimasta del tutto congelata – sostiene – non risponde al vero. Diciamo che abbiamo subito un sostanzioso rallentamento a causa di queste divisioni che hanno caratterizzato il 2010. È innegabile che l’Anci, se non c’è al suo interno una posizione unitaria, perde certamente di efficacia”.
Il riferimento alle “divisioni” riguarda il ribaltone che c’è stato all’inizio di quest’anno, deciso dal Tar, che ha annullato l’assemblea congressuale che si era tenuta il 23 ottobre del 2009 e aveva portato alla segreteria regionale Mario Emanuele Alvano e alla presidenza Roberto Visentin, sindaco di Siracusa. Il Tribunale, però, ha rilevato l’inefficacia per vizi di forma nella convocazione di questa assemblea e di conseguenza sono stati riportati alla guida i precedenti vertici (vale a dire il già citato Piraino e il sindaco di Palermo, Diego Cammarata). Nel frattempo, ovviamente, tutta l’attività si è fermata.
Per i Comuni, quindi, una vera e propria doppia beffa: la prima è quella dell’inefficacia di un organismo che di fatto non è riuscito, nel corso dell’anno, a interloquire con gli enti competenti per portare a termini determinati accordi a favore degli enti locali; la seconda è che comunque gli stessi Comuni si sono trovati a sborsare la loro quota associativa (rimasta invariata rispetto al 2009) che ammonta complessivamente a 800 mila euro l’anno. Una quota che, ovviamente, varia a seconda della grandezza del Comune.
Quello di Palermo è il territorio siciliano più grande, che supera i 500 mila abitanti, e a cui corrisponde la quota più alta di 105 mila euro. Ci sono poi Catania (48 mila euro), Messina (39 mila euro) e Siracusa (20 mila). Segue poi una fascia di Comuni che sborsa attorno ai 12 mila euro ciascuno e che comprende Ragusa, Trapani, Enna, Agrigento e Caltanissetta. Tutti i Comuni siciliani versano 800 mila euro nelle casse dell’associazione, di cui il 55 per cento finisce all’Anci nazionale.
Lo stesso Piraino ammette che sulle questioni nodali l’associazione è rimasta a guardare: anzitutto non si è fatto alcuno studio sui costi dei servizi relativi al Federalismo fiscale.
“Onestamente – dice – si è rimasti fermi nell’organizzazione di una serie di iniziative in tema”. Ma ci sono poi altre questioni spinose: “È vero – spiega Piraino – che in Sicilia ci sono tantissimi problemi che attanagliano gli enti locali. Quelli più impellenti sono i rifiuti, i precari, i ritardi dei trasferimenti, ma sono problemi strutturalmente molto radicati la cui soluzione non dipende da noi”.
La quota associativa dei Comuni serve all’Anci per pagare la struttura di dipendenti, formata da cinque unità a tempo determinato più altrettante unità lavorative legate da una forma contrattuale differente, e poi per coprire le spese correnti nell’arco di un anno. A tutto questo si aggiunge anche una marginalità dell’azione dell’associazione, che non è dotata di alcun Osservatorio, uno strumento fondamentale per monitorare “scientificamente” i problemi degli enti locali e sottoporli agli interlocutori. Lo scorso anno Piraino aveva detto in una precedente inchiesta sul QdS che avrebbe lavorato in questa direzione. Di fatto, però, anche questa iniziativa è rimasta nel cassetto.

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