La Pa non paga e strozza l’economia - QdS

La Pa non paga e strozza l’economia

Michele Giuliano

La Pa non paga e strozza l’economia

sabato 30 Ottobre 2010

Pa e debiti. I ritardi nei pagamenti affossano le imprese.
Direttiva Ue. Il Parlamento europeo ha dato il via libera a nuove norme per limitare i ritardi di pagamento delle Pa verso i fornitori. Gli enti pubblici saranno tenuti a pagare entro 30 giorni i servizi o i beni acquistati.
400 giorni. I ritardi delle Pa subiscono gravissime accelerazioni in Sicilia dove ci sono punte di due anni e che in media si aggirano sui 400 giorni, quindi 370 giorni in più rispetto a quanto dice la direttiva Ue.

Nel 2009 gli indebitamenti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese siciliane sono saliti ancora. “Arrivano ai quattro miliardi e mezzo di euro” rivela una ricerca di Astrid, fondazione per le ricerche nelle pubbliche amministrazioni. La Sicilia è una di quelle regioni che sta peggio: in proporzione ha uno dei debiti più alti in Italia ed ha in assoluto i ritardi più sostanziosi che arrivano a toccare, anche i due anni come punta massima. Complessivamente, nei confronti della P.A. le aziende private devono ancora riscuotere una somma che si aggira tra i 60 e i 70 miliardi. Quasi un quarto dei 300 miliardi d’insoluti in tutta Europa.
In tutto questo ne subiscono le conseguenze le imprese, letteralemente messe in ginocchio dalla Pa.
 
Tendenze statistiche che si rincorrono e trovano conferme in un quadro di assoluto pessimismo: l’istituto Tagliacarne parla di fatturato delle imprese che per quasi la metà si regge in piedi proprio grazie agli stanziamenti della Pa. “Il 45 per cento del fatturato delle aziende siciliane – attesta la Camera di Commercio di Caltanissetta – scaturisce da crediti verso la pubblica amministrazione la quale, non pagando, mette in crisi il sistema delle imprese”.
Sul versante creditizio su 24 miliardi di euro di crediti erogati in Sicilia alle imprese, ben il 70 per cento, asserisce l’istituto Tagliacarne, va alle aziende con più di 20 addetti. “Si tratta di morse che attanagliano il sistema delle imprese siciliane – commenta Giuseppe Capuano, responsabile Area Studi e Ricerche dell’Istituto – e in particolare i territori che presentano una fragilità produttiva”.
La Fondazione Astrid ha offerto uno spaccato della situazione assolutamente aggiornato ai nostri giorni: “I giorni medi di ritardo oltre i termini previsti dal contratto tra le parti o, in assenza, dalla Direttiva 2000/35/CE che impone i 30 giorni – si legge nella ricerca – sono oltre 100 in ambito nazionale.
Ma il ritardo dei pagamenti delle Pubbliche amministrazioni subisce gravissime accelerazioni in Sicilia dove ci sono punte di ritardi di due anni e che in media si aggirano sui 400 giorni, quindi 370 giorni in più rispetto a quanto dice la stessa direttiva”.
Dietro l’angolo ci sono moltissime insidie rispetto a questa fenomenologia: “Mentre da una parte c’è da onorare il patto di stabilità europeo – avverte Giorgio Macciotta – che ha coordinato il gruppo di ricerca di Astrid – dall’altro l’Italia, e in misura più massiccia la Sicilia, visto che i suoi dati sono oltre la media, si trova davanti a una vera e propria rivoluzione per i conti pubblici: il federalismo fiscale. Un’occasione in più per fare chiarezza sulla reale entità dei debiti commerciali”.
In pratica l’impressione che si ha è che questi ritardi in Sicilia possano anche essere ben peggiori rispetto ai vari studi statistici prodotti. La Regione Siciliana è la prima fra tutte le pubbliche amministrazioni a salire sul banco degli imputati. Quante storie la riguardano da vicino e, come sempre accade in questi casi, viene fuori la classica storia del cane che si morde la coda. Caso lampante quello dei ritardo dei trasferimenti ai Comuni. Il sindaco di Bronte, Pino Firrarello, mette in evidenza che in questo modo si bloccano i pagamenti dei Comuni per le forniture di beni e servizi: “Lo scorso anno – ribadisce Firrarello – abbiamo ricevuto il primo acconto il 14 luglio, ancora oggi non abbiamo ricevuto un euro né tanto meno, e questo è ancora più grave, abbiamo notizie. Nonostante ciò leggo sulla stampa la minaccia da parte del direttore della Protezione civile Pietro Lo Monaco contro quei Comuni che non versano le quote per il servizio di raccolta dei rifiuti. Ma come dovrebbero pagare i Comuni se non ricevono liquidità? Chi sanziona la Regione per i suoi ritardi?”.
Una storia che si intreccia inevitabilmente: “La catena dei pagamenti lumaca – rivela Paolo Buzzetti, presidente nazionale dell’Associazione dei costruttori edili – si scarica lungo tutto la filiera: dalla società all’appaltatore fino al sub-appaltatore che è l’azienda più piccola e fragile. E quindi quella predestinata a saltare per prima”.

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