Polizia penitenziaria a rischio incidenti - QdS

Polizia penitenziaria a rischio incidenti

Michele Giuliano

Polizia penitenziaria a rischio incidenti

sabato 06 Novembre 2010

In Sicilia quasi il doppio dei detenuti rispetto alla capienza prevista: ogni giorno di più gli agenti sono sotto tiro. Scoppiano le carceri: dall’Ucciardone di Palermo a Caltagirone, che è l’istituto più affollato d’Italia

PALERMO – Da Palermo a Trapani, da Agrigento a Siracusa, passando per Catania. L’emergenza del sovraffollamento delle carceri è ovunque lo stesso e mette sempre più a rischio la sicurezza degli agenti di polizia penitenziaria. Oramai il grido di allarme che arriva dalle varie province è unanime e le problematiche sono delle vere e proprie fotocopie.
Al carcere dell’Ucciardone di Palermo è sceso in campo in questi giorni persino la segreteria nazionale della Funzione pubblica della polizia penitenziaria della Cgil attraverso il coordinatore nazionale Francesco Quinti, e i componenti regionali Rosario Mario Di Prima e Calogero Attardi: “A causa della carenza di personale, di stanziamenti economici insufficienti, nonché del sovraffollamento detentivo, che ormai da tempo ha superato ogni soglia di civile e razionale tollerabilità, – scrivono i componenti del sindacato in una nota – il personale di Polizia penitenziaria è costretto sempre più a operare in condizioni di oggettiva difficoltà e con scarsissimi livelli di sicurezza. Ormai, per esempio, è prassi consolidata che i poliziotti penitenziari debbano sorvegliare più sezioni e cancelli contemporaneamente, come accade alla nona sezione, oppure disposti su più piani, come nella sesta, settima e terza sezione, dove c’è un solo agente per effettuare i controlli, il quale è costretto a spostarsi da un piano ad un altro. Per tamponare la carenza di agenti, in palese violazione degli accordi sindacali siglati a livello nazionale, si fa ricorso ai cosiddetti doppi turni”.
Si cambia città ma non tiritera: ci troviamo a Catania dove i due istituti penitenziari “scoppiano”. “Sono troppo pieni, e noi non possiamo più arrestare le persone indagate perché non sappiamo dove metterle” è l’allarme lanciato dal sostituto procuratore della Repubblica della Direzione distrettuale antimafia di Catania, Francesco Testa. “Nella casa circondariale di piazza Lanza, già sovradimensionata di 200 unità, – ha spiegato il magistrato – abbiamo potuto portare soltanto quattro dei 51 arrestati, e altri sei nel carcere di Bicocca, che ha 160 detenuti in più rispetto alla capienza prevista. Gli altri 40 sono stati distribuiti tra Siracusa, Augusta, Ragusa, Caltagirone, Enna, Caltanissetta e Messina. In quest’ultimo ne abbiamo mandati pochi perché un’ala è chiusa per il crollo di un controsoffitto”.
Il caso limite in Sicilia è proprio a Piazza Lanza dove gli “ospiti” sono 600 ma dovrebbero essere al massimo 286. Con 10 e persino 12 persone stipate come sardine in una cella di 5 metri per 5. “Significa che i detenuti arrivano fino al tetto”, è il commento amaro di Armando Algozzino, presidente nazionale della Uil Penitenziari. “E dire che il nostro ordinamento – rileva – prevede la rieducazione ed il reinserimento dei detenuti. Tra l’altro, negli istituti penitenziari in cui la popolazione raddoppia cominciano ad esserci carenze dʼacqua, e quindi di igiene tra i detenuti. Le stesse cucine, vanno in tilt e c’è difficoltà persino nella distribuzione dei pasti”.
 

 
Oltre 3.000 detenuti in più nelle carceri siciliane
 
I sindacati dicono con chiarezza che le carceri dell’Isola ormai scoppiano: ad oggi, ospitano 8.300 detenuti quando ne potrebbero accogliere 5.193 (4.878 uomini e 315 donne). Caltagirone, con un indice di sovraffollamento del 295 per cento, è l’istituto più affollato d’Italia. Nella black list ci sono anche Noto (ne potrebbe ricevere 73 ma ne ospita 250), Piazza Armerina (dispone di 45 posti ma ce ne sono 118). Situazioni alquanto critiche anche a Trapani, Agrigento, Messina, mentre il fatiscente carcere di Favignana (in provincia di Trapani) continua a restare aperto nonostante il degrado della struttura. “è necessario che il governo nazionale – afferma Rita Bernardini, membro della Commissione Giustizia della Camera, a proposito dell’emergenza siciliana – pensi a delle misure e pene alternative che si rivelano molto più efficaci del carcere ai fini della rieducazione e del reinserimento sociale, all’adeguamento degli organici penitenziari (agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali), alle possibilità di lavoro per i detenuti, agli istituti di custodia attenuata dove i tossicodipendenti possano curarsi”.

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