Sedie vuote negli uffici comunali - QdS

Sedie vuote negli uffici comunali

Alessandro Petralia

Sedie vuote negli uffici comunali

mercoledì 10 Novembre 2010

Enti locali. Quando i dipendenti non vanno a lavorare.
Controlli. Diverse norme in Finanziaria e circolari nell’ultimo biennio obbligano la pubblica amministrazione a verifiche più rigorose sulla mancata presenza del personale in servizio.
Raffronto. Settembre 2009 e 2010: a distanza di un anno, comportamenti opposti tra i dipendenti dei vari dipartimenti: casi di percentuali notevolmente ridotte o incrementi di rilievo.

PALERMO – Se qualcuno pensava che, dopo gli annunci e le battaglie portate avanti dal ministro della Pubblica amministrazione e l’Innovazione, Renato Brunetta, le assenze negli uffici pubblici sarebbero diminuite sensibilmente, si sbagliava di grosso.
Dopo un periodo iniziale, in cui i dati sull’assenteismo hanno subito una drastica diminuzione – eravamo proprio all’inizio della “lotta ai fannulloni – adesso che la morsa si è allentata le assenze sono tornate a salire, con buona pace di chi vorrebbe una Pa sempre presente ed efficiente.
A tutto ciò occorre comunque aggiungere la scarsa motivazione del personale e dunque un’evidente responsabilità dei dirigenti, che dovrebbero occuparsi in prima persona di questo genere di criticità.
 
Assenze che vanno, assenze che vengono… è una vera altalena quella che, da Nord a Sud, caratterizza i tassi percentuali delle assenze dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni comunali. La rivoluzione della pubblica amministrazione e la relativa guerra ai fannulloni, cavallo di battaglia del ministro Brunetta, ha attecchito in realtà solo a macchia di leopardo e senza enormi differenze tra Settentrione e Meridione del bel Paese.
Eppure la legislazione in materia si è letteralmente affastellata nell’ultimo biennio: una produzione normativa forse troppo torrenziale.
Le prime misure di lotta all’assenteismo dell’attuale Governo sono infatti contenute nell’art. 71 del decreto legge n. 112/2008, che, come è noto, ha stabilito la decurtazione dello stipendio e l’ampliamento delle fasce orarie di reperibilità del dipendente in malattia. Nel successivo Dlgs n. 150/2009, poi, l’obiettivo di contrastare l’assenteismo nelle pubbliche amministrazioni viene perseguito, oltre che con gli obblighi di pubblicazione, anche con misure di natura diversa, come il licenziamento nei casi di falsa attestazione della presenza in servizio, giustificazione dell’assenza con certificazione medica falsa o che attesta falsamente una malattia, assenza ingiustificata oltre i termini previsti. Per le medesime ipotesi di falsa attestazione della presenza in servizio e di giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia veniva anche prevista una sanzione penale per il dipendente e per il medico. Una successiva circolare (la n. 1/2010) recava poi misure per rafforzare i controlli sullo stato stesso di malattia con l’individuazione di ulteriori nuove fasce orarie di reperibilità del lavoratore.
Una montagna di testi e norme, che però sembra aver partorito il classico topolino: a certificarlo sono per altro gli stessi dati pubblicati sul sito del ministero per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione. Come dimostrano le tabelle che pubblichiamo oggi insieme all’inchiesta non sembra esserci una vera e propria inversione di tendenza, generale e costante, nella Pa siciliana e nazionale: abbiamo infatti messo a confronto i Comuni capoluogo siciliani con quelli emiliani, due regioni simili per numero di abitanti e Province. Come si vede, dal confronto dei dati sui mesi-campione di settembre 2009 e settembre 2010, solo in tre Comuni emiliani il tasso di assenteismo per malattia (Rimini, Ravenna, Bologna) è in diminuzione, mentre negli altri sette lo stesso aumenta, con una forbice veramente ampia tra i casi limite: il -34,7% di Rimini ed il 23,5% di Parma. Non molto diversa la situazione delle amministrazioni dei capoluoghi comunali siciliani. Delle otto rilevate dal Ministero (manca Trapani) quattro hanno percentuali di assenze in ribasso e quattro in rialzo, anche qui con notevoli discrasie interne: dal -20,2% di Enna al + 63,5% di Agrigento (nettamente il dato peggiore).
Anche i dati disaggregati per singolo settore, all’interno di ogni Comune, mostrano lo stesso andamento: e così all’interno della stessa amministrazione si notano differenze abissali da settore a settore.
Al Comune di Messina, per esempio, l’Ufficio comunicazione, secondo i dati pubblicati sul sito dello stesso Comune, fa registrare (sempre nel confronto fra settembre 2009 e settembre 2010) un calo delle presenze del 42,51% (dal 62,69% al 20,45%), mentre l’Area Segreteria generale fa registrare un aumento del 16,78% (dal 64,39% all’81,17%).
Allo stesso modo a Siracusa il settore Pianificazione edilizia privata fa registrare un –9,28%, mentre il settore Protezione civile un + 8,84% delle presenze. Percentuali e dati che dimostrano come il ruolo dei dirigenti nelle direzioni, nei settori e negli uffici comunali possa avere un ruolo determinante: spesso infatti coinvolgere e saper proporre obiettivi concreti, stimoli ai dipendenti si rivela una cura molto più efficace delle eventuali sanzioni disciplinari previste dalla legge.
Resta da sottolineare, su questo argomento, una nota dolente: la trasparenza sulle assenze dei dipendenti: dei nove capoluoghi siciliani infatti solo 5 (Messina, Ragusa, Siracusa, Agrigento, Trapani) rispettano le norme sulla pubblicazione online dei dati (circolare n. 5/2009), mentre le altre quattro forniscono dati o incompleti o non aggiornati.
 

 
Dati nazionali. Per il ministro la riduzione media è del 35 per cento
 
PALERMO – Le misure di contrasto all’assenteismo “hanno comportato una riduzione media delle assenze per malattia pro capite dei dipendenti pubblici di circa il -35%”. Sono i dati del ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, che fa il bilancio un anno dopo l’approvazione della riforma della Pubblica Amministrazione. Secondo Brunetta, "questo successo si traduce in 65 mila dipendenti in più ogni anno sul posto di lavoro, valore superiore a tutta la popolazione residente del comune di Viterbo. Anche in questo caso siamo riusciti a riallineare i valori tra settore pubblico e privato”. Il contenimento dei numeri del pubblico impiego, assicura il ministro, viene raggiunto “senza pregiudicare volume e qualità dei beni e servizi pubblici offerti: dato il numero totale dei dipendenti della pubblica amministrazione al 2007 pari a 3,57 milioni di unità, la riduzione prospettata (-8,4%) nel quinquennio implica un aumento medio di produttività annuo del 2% circa”.

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