Creare servizi a misura dei cittadini - QdS

Creare servizi a misura dei cittadini

Angela Carrubba

Creare servizi a misura dei cittadini

sabato 13 Novembre 2010

Pubblicato nella Guri 239/2010 il DPR 168/2010 “Regolamento attuativo per l’affidamento dei servizi pubblici locali”. Gli enti locali hanno un anno di tempo per adeguarsi alle regole dell'apertura alla concorrenza

PALERMO – L’articolo 23 bis del DL 112/2008 ha parlato chiaro dicendo che “ Le disposizioni del presente articolo disciplinano l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (…) prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili (…)”. E si capisce perché – data la situazione dei servizi pubblici locali – siano occorsi due anni e mezzo prima che il Regolamento attuativo di tale articolo venisse adottato e pubblicato (Guri 239 del 12/10/2010) con il DPR 168 del 7 settembre 2010.
Ma non è finita qui: il Regolamento prevede infatti (comma 6 dell’art. 12) che “Al fine di assicurare il monitoraggio delle modalità attuative del presente regolamento il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale promuove la stipula di un apposito protocollo d’intesa”.
L’aspetto fondamentale del Regolamento sembra dunque essere quello affidato all’organo che deve valutare, scegliere e controllare che le società affidatarie svolgano i servizi secondo standard di qualità. All’articolo 2, comma 5 (Patto di stabilità interno) infatti, è scritto che “Gli enti locali, per assicurare agli utenti l’erogazione di servizi pubblici che abbiano ad oggetto la produzione di beni e attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali, definiscono, ove necessario, gli obblighi di servizio pubblico, prevedendo le eventuali compensazioni economiche alle aziende esercenti i servizi stessi, tenendo conto dei proventi derivanti dalle tariffe e nei limiti della disponibilità di bilancio destinata allo scopo. (…)”. E più avanti è previsto che “(…) gli enti locali vigilano sull’osservanza, da parte dei soggetti indicati al comma 1 al cui capitale partecipano, dei vincoli derivanti dal patto di stabilità interno”.
La domanda sorge spontanea: chi definisce gli standard dato che vi sono numerose tipologie di servizi pubblici locali per i quali gli standard non sono stati compiutamente definiti dal legislatore e non vi è alcuna autorità di settore?  E la Regione o gli enti locali siciliani saranno in grado di effettuare verifiche sulla realizzabilità (art. 2) “di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali, limitando l’attribuzione di diritti di esclusiva, (…) ai casi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea, secondo criteri di proporzionalità, sussidiarietà orizzontale ed efficienza, a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità, e liberalizzando in tutti gli altri casi le attività economiche compatibilmente con le caratteristiche di universalità ed accessibilità del servizio”?
La risposta a queste domande – per  i siciliani che si basano sull’esperienza delle disastrose gestioni dei bilanci delle società pubbliche – non può che essere negativa. Che si parli di rifiuti o di trasporti, pochissimi casi di società comunali o regionali rispondono al requisito fondamentale di avere i conti in ordine. E la capacità di “monitorare” qualunque risultato del servizio è direttamente proporzionale non solo agli investimenti in tecnologia, ma anche alla qualità del progetto produttivo e del gruppo dirigente che l’ha elaborato e deve gestirlo.
Gli enti locali, hanno un anno di tempo per adeguarsi alle disposizioni che prevedono l’apertura del mercato alla concorrenza, attivando le procedure ad evidenza pubblica. Nello stesso arco temporale, gli enti avranno la possibilità di effettuare una puntuale e documentata ricognizione di tutte quelle situazioni che non possono essere liberalizzate, in conformità con le stringenti condizioni stabilite dal DPR 168/2010. Impresa quasi impossibile anche per manager come Marchionne!
 

 
Nella Finanziaria regionale 2011 non c’è traccia dell’art. 23 bis l. 133/08
 
Nella bozza della Finanziaria regionale 2011 che è stata illustrata nelle linee guida dall’assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao, questa settimana anche in un incontro a Catania con i sindacati, nel titolo III troviamo le “Disposizioni in materia di Enti locali”, in particolare l’articolo 9 si intitola “Norme per il contenimento della spesa negli Enti locali”. Solo che non si trova traccia di riferimento all’articolo 23 bis della legge 133 del 2008 in materia di servizi pubblic locali.
Si richiama solo (art. 9, co. 2) il contenimento dei compensi degli amministratori delle società partecipate, secondo la Finanziaria nazionale del 2007 (l. n. 296/06). Essendo comunque ormai d’obbligo per gli enti locali il contenimento della spesa, non potranno fare a meno di tener conto dei principi sanciti dall’art. 23 bis l. n. 133/08 e del regolamento attuativo che prendiamo in considerazione in questa pagina, recentemente pubblicato sulla Guri. (lr)
 

 
I servizi più controllati saranno quelli della fornitura dell’acqua
 
Una buona notizia per i siciliani – assetati di acqua e liberalizzazioni – deriva dall’articolo 4 del DPR 168/2010, perché prevede che sia richiesto il parere dell’Autorità garante concorrenza e del mercato “se il valore economico del servizio oggetto dell’affidamento supera la somma complessiva di 200.000,00 euro annui”.
Come si legge nel comma 2 dell’art. 4 “Nella richiesta del parere di cui al comma 1, esclusivamente per i servizi relativi al settore idrico, l’ente affidante può rappresentare specifiche condizioni di efficienza che rendono la gestione «in house» non distorsiva della concorrenza, ossia comparativamente non svantaggiosa per i cittadini rispetto a una modalità alternativa di gestione dei servizi pubblici locali, con  articolare riferimento: a) alla chiusura dei bilanci in utile, escludendosi a tal fine qualsiasi trasferimento non riferito a spese per investimenti da parte dell’ente affidante o altro ente pubblico; b) al reinvestimento nel servizio almeno dell’80 per cento degli utili per l’intera durata dell’affidamento; c) all’applicazione di una tariffa media inferiore alla media di settore”.
E più avanti al comma 4 si legge “L’effettivo rispetto delle condizioni di cui al comma 2 è verificato annualmente dall’ente affidante, che invia gli esiti di tale verifica all’Autorià garante della concorrenza e del mercato. In caso negativo, anche su segnalazione della medesima Autorità, l’ente procede alla revoca dell’affidamento e al conferimento della gestione del servizio ai sensi dell’articolo 23-bis, comma 2”.
Quindi, come dicevamo, conti in ordine e confronto leale sul mercato!
A questo punto si collega l’art. 5 “Patto di stabilità interno” che prevede “Al patto di stabilità interno sono assoggettati gli affidatari «in house» di servizi pubblici locali ai sensi dell’articolo 23-bis, commi 3 e 4. Gli enti locali vigilano sull’osservanza, da parte dei soggetti indicati al comma 1 al cui capitale partecipano, dei vincoli derivanti dal patto di stabilità interno”. Si “brindi” alla fine del monopolio della società regionale che da sempre gestisce a caro prezzo la sete di cittadini e agricoltori!

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